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Le sue parole produssero un silenzio molto più rispettoso di un uragano di applausi. Infine una voce timida chiese: — Che cosa ti aspetti che facciamo, compagna? Dobbiamo scagliare sassi contro il Governatore?

Wyoh sorrise. — Sì, potremmo scagliare sassi. Ma la soluzione è così semplice che già tutti la sapete. Sulla Luna siamo ricchi. Tre milioni di lavoratori indifesi, intelligenti, abili, acqua a sufficienza, materie prime in abbondanza, energia illimitata, un numero infinito di metri cubi di spazio. Ma… ciò che manca è un libero mercato. Dobbiamo sbarazzarci dell’Ente!

— Sì… ma come?

— In primo luogo, solidarietà. A Hong Kong stiamo imparando. L’Ente fa pagare troppo l’acqua? Non la compriamo. Paga il ghiaccio troppo poco? Non lo vendiamo. Ha il monopolio dell’esportazione? E noi non esportiamo. Giù a Bombay vogliono il grano. Se non arriva, verrà il giorno in cui gli uomini d’affari indiani verranno quassù a comprarlo… a un prezzo tre o quattro volte superiore all’attuale!

— Nel frattempo che cosa facciamo? Crepiamo di fame?

Era la stessa voce timida. Wyoming identificò chi aveva parlato e scosse la testa in quel vecchio gesto con cui una donna lunare vuol dire sei troppo grasso per me. Disse: — Nel tuo caso, amico, un digiuno non farebbe male. — Un coro di risate mise l’uomo a tacere. Wyoh proseguì: — Nessuno morirà di fame. Fred Hauser, prendi il tuo martello pneumatico e vieni a Hong Kong; l’Ente non ha in proprietà il nostro sistema idrico e atmosferico, e noi paghiamo il giusto prezzo del ghiaccio. Tu che hai la fattoria in fallimento… se hai il coraggio di ammettere che sei rovinato, vieni a Hong Kong e ricomincia daccapo. Abbiamo una scarsità cronica di mano d’opera, e uno che lavora sodo non muore di fame. — Si guardò intorno e aggiunse: — Ho detto abbastanza. Ora tocca a voi. — Scese dal palcoscenico e si sedette fra me e Shorty.

4

Tremava. Shorty le accarezzò la mano; lei gli rivolse uno sguardo di riconoscenza, poi mi sussurrò: — Com’è andata?

— Sei stata meravigliosa — le dissi. — Splendida! — Parve sollevata.

Però non ero stato sincero. Era stata meravigliosa nell’affascinare il pubblico. Ma in fatto di eloquenza valeva zero. Che fossimo schiavi, lo sapevo già dalla nascita, e non ci si poteva fare niente. È vero, non eravamo materialmente venduti e comprati, ma fino a quando l’Ente avesse conservato il monopolio per l’acquisto di ciò che potevamo vendere, eravamo schiavi.

Ma che cosa si poteva fare?

Il Governatore non era il nostro padrone. Se fosse stato così, avremmo potuto trovare qualche sistema per eliminarlo. L’Ente Lunare non si trovava sulla Luna, bensì sulla Terra… e non avevamo nessuna astronave, nemmeno una piccola bomba all’idrogeno. Sulla Luna non c’erano fucili e comunque non avremmo saputo che cosa farne. Spararci l’uno contro l’altro, forse.

Tre milioni di persone, disarmate e senza aiuto… contro undici milioni di terrestri muniti di navi, bombe, armi. Avremmo potuto dare loro qualche fastidio, ma quanto tempo sarebbe passato prima che papà perdesse la pazienza e sculacciasse il suo moccioso?

La cosa non mi impressionava. Come dice la Bibbia, Dio combatte dalla parte dell’artiglieria pesante.

Continuarono a chiacchierare su ciò che si doveva fare, sul modo di organizzarsi, eccetera, e di nuovo si sentì ripetere la sciocchezza della marcia a fianco a fianco. Il presidente dovette mettere in azione il martelletto e io cominciai a diventare nervoso.

Una voce familiare attrasse la mia attenzione. — Signor presidente! Mi è concesso l’onore di parlare?

Mi guardai intorno e vidi il Professor Bernardo de la Paz. Avrei potuto riconoscerlo dal suo modo antiquato di parlare anche senza vederlo. Era un uomo distinto, dai lunghi capelli bianchi ondulati, le fossette nelle guance e una voce che pareva un sorriso. Non sapevo che età avesse ma era già vecchio quando, ancora ragazzo, l’avevo visto per la prima volta.

Era stato deportato prima che nascessi, ma non in stato d’arresto. Era un esiliato politico come il Governatore, ma di tipo sovversivo, e invece di vedersi offrire una carica pubblica, il Professore era stato abbandonato a se stesso, libero di sopravvivere o morire di fame.

Indubbiamente avrebbe potuto trovare lavoro in qualsiasi scuola di Luna City, ma lui non ci aveva nemmeno provato. Si era guadagnato da vivere per un po’ facendo lo sguattero, poi come baby-sitter; infine aveva istituito un piccolo nido che, a poco a poco, aveva trasformato in asilo d’infanzia. Quando lo conobbi io, oltre all’asilo dirigeva un collegio che comprendeva scuola elementare, media e liceo, aveva alle sue dipendenze una trentina di insegnanti e stava per aprire corsi a livello universitario.

Non mi iscrissi mai al suo istituto come convittore, ma seguii le sue lezioni di giorno. Ero stato optato a quattordici anni e la mia nuova famiglia mi aveva mandato a scuola, dato che avevo avuto solo tre anni di istruzione regolare, a parte qualche lezione privata. La decana delle mie mogli, una donna decisa, mi aveva poi obbligato a tornare a scuola.

Il Professore mi piaceva. Poteva insegnare qualsiasi cosa. Lo faceva anche se non sapeva niente di un determinato argomento; se l’allievo lo desiderava, si metteva all’opera con il sorriso sulle labbra, stabiliva il prezzo, andava a caccia dei libri di testo necessari e si manteneva due o tre lezioni avanti al suo allievo. Oppure imparava insieme all’allievo, se l’argomento era particolarmente ostico. Imparai da lui l’algebra e quando arrivammo ai logaritmi correggevo i suoi errori altrettanto spesso di quanto me li correggeva lui… ma affrontava ogni lezione con entusiasmo.

Feci sotto di lui i primi passi in elettronica, ma presto fui io a insegnare a lui. Così, smise di farmi pagare le lezioni e continuammo a studiare insieme finché scovò un ingegnere disposto a fare le ore piccole per guadagnare qualche dollaro in più; insieme pagavamo il nuovo maestro e il Professore tentava di stare alla pari con me, lento e con fatica, ma felice di ampliare la sua cultura.

Il presidente batté il martelletto sul tavolo. — Siamo lieti di concedere al Professor de la Paz tutto il tempo che desidera… e voi, giovani teppisti delle ultime file, piantatela prima che batta questo martello sulle vostre teste!

Il Professore si fece avanti e il pubblico rimase in silenzio, per quanto possibile a una folla di Lunari: era un uomo rispettato.

— Sarò breve — esordì. Si interruppe per guardare Wyoming, la esaminò da capo a piedi e lanciò un fischio di ammirazione. — Deliziosa señorita — disse — potrete perdonare questo pover’uomo che vi parla? Ho lo spiacevole dovere di esprimere il mio disaccordo nei confronti della vostra eloquente orazione.

Wyoh fremette. — Come, disaccordo?

— Per favore! Solo sotto un punto di vista. Posso continuare?

— Uhm… fate pure.

— Avete ragione quando affermate che l’Ente deve andarsene. È ridicolo… pestilenziale, inaudito… che noi dobbiamo soggiacere al potere di un dittatore irresponsabile per ogni aspetto essenziale della nostra economia. Colpisce uno dei diritti umani più elementari: quello di commerciare in un libero mercato. Ma io suggerisco rispettosamente che avete errato nel sostenere che dovremmo vendere il grano direttamente alla Terra… o il riso, o qualsiasi altro prodotto alimentare… a qualsiasi prezzo. Io dico che non dobbiamo esportare niente!