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Prof tornò a guardare me e disse con voce sommessa: — Manuel, è un’arma a doppio taglio. Quello che stai facendo mi obbliga a rassegnare le dimissioni. — Diede un’occhiata circolare. — Buona notte, compagni, o meglio buon giorno. Vado a riposare, ne ho estremo bisogno. — Si allontanò in fretta, senza più voltarsi.

Anche Wright era uscito, senza che me ne accorgessi. Finn ruppe il silenzio. — Che si fa per questi incrociatori, Mannie?

Respirai profondamente: — Non ci sarà niente da fare fino a sabato pomeriggio. Ma intanto dovresti far evacuare Tycho Under. Adesso non riesco più nemmeno a parlare. Non mi reggo in piedi.

Ci accordammo di incontrarci di nuovo alle ventuno, quella sera stessa, e mi lasciai trascinare fuori da Wyoh. Penso che mi abbia messo lei a letto, ma non ricordo niente.

22

Prof era già arrivato quando mi incontrai con Finn negli uffici del Governatore poco prima delle ventuno di quel venerdì. Mi ero fatto nove ore di sonno, il bagno, un’abbondante colazione, che Wyoh aveva pescato chissà dove, e una lunga chiacchierata con Mike. Tutto funzionava secondo il piano, opportunamente riveduto. Le astronavi non avevano cambiato rotta ed era imminente l’attacco alla Grande Cina.

Giunsi in ufficio proprio in tempo per vedere il bombardamento alla televisione. Si svolse come previsto e per le ventuno e un minuto era tutto finito. Prof diede il via ai lavori. Nemmeno una parola sulle dimissioni né su Wright: non lo rividi più.

Voglio dire che non lo rividi mai più e mi guardai bene dal chiedere notizie sul suo conto. Prof non accennò al fatto e io tenni la bocca chiusa.

Esaminammo le ultime notizie dalla Terra e la situazione tattica. Wright aveva ragione parlando di migliaia di vite umane stroncate: sulla Terra non si parlava d’altro. Il numero esatto delle vittime non lo sapremo mai ; se una persona si trova sull’obiettivo e alcune tonnellate di sassi gli piovono in testa, non ne rimane molto. Le vittime che si poterono contare furono quelle a qualche distanza dal punto dell’esplosione, uccise dalle onde d’urto e di calore. Diciamo cinquantamila nel Nord America.

Non riuscirò mai a capire la gente! Per tre giorni avevamo continuato ad avvertirli e non si può dire che non avessero ricevuto i nostri consigli. Era proprio per questo che si trovavano là, per assistere allo spettacolo, ridere alle nostre spalle, raccogliere souvenirs della Luna. Intere famiglie si erano recate sul luogo dell’esplosione, molte venute da lontano per fare un picnic. Picnic! Santo cielo!

E ora i sopravvissuti chiedevano il nostro sangue per questa insensata carneficina. Proprio così. Nessuna indignazione invece per la loro invasione e per il bombardamento (nucleare!) di cui ci avevano fatto segno quattro giorni prima. Invece, come se l’erano presa calda per il nostro assassinio premeditato! Il Great New York Times chiedeva che l’intero governo ribelle fosse portato sulla Terra e sottoposto pubblicamente alla pena capitale: questo è un caso evidente in cui, in nome del maggiore interesse dell’umanità, si deve derogare al principio umanitario che si oppone alla pena di morte.

Tycho Under rappresentava un problema pressante. Se le astronavi avessero bombardato le grotte (le notizie sulla Terra indicavano che proprio questo era l’obiettivo) Tycho Under non sarebbe stata in grado di sostenere l’attacco. La parte superiore era sottile. Una bomba acca sarebbe stata sufficiente per decomprimere tutti i livelli, e le porte stagne non erano state costruite in vista di un’incursione atomica.

Finn, in un discorso alla televisione, aveva dato ordine ai suoi uomini di far evacuare la grotta. Prof aveva esortato gli abitanti a collaborare. Tycho Under era una piccola grotta e non sarebbe stato un problema per Novylen e Luna City offrire un tetto e il sostentamento a tutti i suoi abitanti. Impiegando un numero adeguato di capsule si poteva completare l’evacuazione in venti ore, scaricando metà degli abitanti a Novylen e facendo proseguire l’altra metà fino a Luna City. Una grossa impresa, ma non impossibile.

Ma nessuno voleva abbandonare la grotta. Come se fossero affari che non li riguardavano!

A Tycho Under le capsule rimanevano allineate una dietro l’altra, immobili, vuote. — Mannie — continuava a segnalarmi Finn — non vogliono andarsene.

— Maledizione — rispondevo — devono andare via! Quando il primo missile partirà per Tycho Under sarà troppo tardi. Allora si calpesteranno uno contro l’altro e si affolleranno nelle capsule, che non saranno sufficienti a contenerli tutti. Finn, i tuoi ragazzi devono persuaderli.

Prof scosse la testa. — No, Manuel.

Mi arrabbiai. — Prof, tu stai portando troppo in là questa tua idea della non-coercizione. Lo sai che poi verrà il caos!

— Lo so. Ma dobbiamo continuare con la persuasione, non con la forza. Ora rivediamo i piani di difesa.

I piani non erano un gran che, ma erano quanto di meglio si potesse fare. Dovevamo avvertire tutti di tenersi pronti a un bombardamento, eventualmente accompagnato da sbarco e invasione, organizzare i reparti della milizia di Finn per assicurare continui turni di guardia a ogni grotta, in superficie, per non farci cogliere un’altra volta di sorpresa da un’invasione sulla faccia opposta della Luna. Dichiarammo lo stato di emergenza in tutte le grotte, ordinando di tenere la pressione al massimo e le tute a portata di mano. Tutti i corpi militari e paramilitari dovevano trovarsi in stato di allarme blu a partire dalle ore sedici di sabato, pronti a entrare in allarme rosso (tutti ai posti di combattimento) se venivano lanciati missili o se le navi manovravano per allunare.

Quanto ai bombardamenti contro la Terra, non apportammo nessuna modifica ai lanci durante la prima rotazione del pianeta. Dall’India ricevevamo reazioni angosciate, mentre la Grande Cina taceva. Tuttavia, proprio l’India non aveva motivi di lamentarsi. L’avevamo giudicata troppo popolosa per servirci dei tiri a reticolato che avevamo impiegato nel Nord America. A eccezione di alcuni obiettivi nel Deserto del Thare e su poche cime rocciose, i massi sarebbero caduti in mare, a distanza di sicurezza dai porti.

Avremmo però dovuto scegliere montagne più alte, oppure dare meno indicazioni. Le notizie parlavano di fanatici religiosi che scalavano le montagne-bersaglio, seguiti da turbe innumerevoli di fedeli, per allontanare la nostra rappresaglia con la sola forza spirituale.

Così, fummo di nuovo assassini.

Inoltre, i massi precipitati nell’Oceano Indiano uccisero milioni di pesci e parecchi pescatori, dato che pescatori e altri marinai non avevano prestato fede ai nostri avvertimenti. Il governo indiano si infuriò sia per i pesci sia per i pescatori, però non sembrava voler invocare anche nei nostri confronti il principio che tutte le forme di vita sono sacre: pretendeva le nostre teste.

L’Africa e l’Europa reagirono con più buon senso. In Africa la vita non è mai stata ritenuta molto sacra e quei pochi che si avventurarono nelle vicinanze dei bersagli non aprirono ferite nel cuore dei governanti. All’Europa era bastato un giorno per capire che avremmo colpito dove avevamo promesso e che le nostre bombe erano mortali. Uccidemmo qualcuno, è vero, soprattutto marinai cocciuti. Ma non sterminammo sciami di teste vuote come era successo nel Nord America e in India. In Brasile e nelle altre zone dell’America del Sud il numero delle vittime fu ancora inferiore.

Poi venne di nuovo il turno del Nord America: sabato 17 ottobre 2076 ore nove, cinquanta minuti, ventotto secondi.

Mike aveva stabilito l’inizio della seconda fase alle dieci esatte ora lunare. Questo significava che, tenuto conto della posizione in orbita della Luna e del movimento di rotazione della Terra, il Nord America sarebbe stato sotto il nostro tiro alle cinque del mattino sulla costa orientale e alle due sulla costa occidentale.