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Così avvertimmo la Grande Cina che le sue principali città costiere avrebbero ricevuto ciascuna un dono dalla Luna a una distanza di dieci chilometri nelle acque prospicienti: Pusan, Tsing Tao, Taipei, Shangai, Saigon, Bangkok, Singapore, Giacarta, Darwin, e così di seguito, con l’eccezione della vecchia Hong Kong, che si sarebbe presa una carezza proprio sulla cima della sede orientale delle Nazioni Federate; perciò si consigliava a tutti gli esseri umani di allontanarsi da Hong Kong. Stu aveva sottolineato che nel concetto di esseri umani non si comprendevano i funzionari delle Nazioni Federate, questi, anzi, erano invitati caldamente a rimanere alle loro scrivanie.

L’India ricevette un simile avvertimento per le sue città lungo la costa e le fu annunciato che il Quartier Generale mondiale delle Nazioni Federate sarebbe stato risparmiato per un’altra rotazione in segno di rispetto per gli storici monumenti di Agra e per permettere a tutti gli esseri umani di evacuare la zona.

A tutti gli abitanti del resto del mondo fu detto di rimanere ai loro posti: la partita continuava con i tempi supplementari. Nessuno però doveva avvicinarsi agli uffici delle Nazioni Federate, dovunque fossero dislocati. Ancora meglio, si suggeriva di abbandonare ogni città che ospitasse edifici delle Nazioni Federate (al solito i pezzi grossi delle Nazioni Federate erano pregati di non allontanarsi).

Trascorsi le successive venti ore insegnando a Junior come fare a perlustrare il cielo con i radar, quando le navi non erano sopra di noi. Quando potevo, riposavo qualche ora e Lenore stava con me e mi svegliava periodicamente. Passate le venti ore, i massi inviati da Mike erano tutti arrivati a segno. Lanciammo il primo proiettile di Junior dalla nuova catapulta con una traiettoria tesa e veloce. Aspettammo per essere certi che il tiro fosse andato in orbita, poi riferimmo alla Terra dove dovevano guardare per vederlo e dove dovevano aspettarselo, in modo che tutti sapessero che gli squilli di vittoria delle Nazioni Federate erano sullo stesso piano delle menzogne che da un secolo diffondevano sul conto della Luna. Il tutto condito dall’offensivo e altezzoso frasario di Stu.

Avremmo voluto destinare il primo colpo alla Grande Cina, ma per motivi balistici lanciammo il masso sulla Confederazione Nord Americana… esattamente sul suo più prezioso gioiello, le isole Hawaii. Junior lo fece cadere in mezzo al triangolo formato da Maui, Molokai, Lanai. Non ebbi bisogno di faticare per programmarlo, Mike aveva pensato a tutto.

Poi, uno dopo l’altro, sparammo altri dieci massi a brevi intervalli (fummo solo costretti a rinviare un lancio per la presenza di una nave nel nostro cielo) e informammo la Cina di quando e dove aspettarseli: sulle città costiere che avevamo nominato il giorno prima.

Erano rimasti solo dodici proiettili, ma decisi che era più sicuro rimanere senza munizioni che dare l’impressione di esserne a corto. Così ne indirizzai altri sette sulle città della costa indiana, scegliendo nuovi bersagli, e Stu si affrettò a chiedere con la massima dolcezza se Agra era stata evacuata. Se non avevano ancora provveduto, lo facessero immediatamente. (In realtà non avevamo in programma di bombardarla.)

All’Egitto fu consigliato di tenere sgombro il canale di Suez, ma era un altro bluff: volevo tenere di riserva gli ultimi cinque massi.

Poi aspettammo.

Colpimmo in pieno il bersaglio delle isole Hawaii. Un centro magnifico, visto sullo schermo, Mike poteva essere orgoglioso del suo discepolo.

Aspettammo ancora.

Trentasette minuti prima dell’inizio del bombardamento sulla costa cinese, la Grande Cina denunciò l’azione delle Nazioni Federate, riconobbe ufficialmente il nostro governo e si dichiarò pronta a trattare con noi. Mi slogai un dito schiacciando i pulsanti per deviare i tiri.

Con il dito che mi doleva, dovetti continuare a premere pulsanti: l’India cedette dopo pochi minuti.

Poi ci riconobbe l’Egitto e seguì una valanga di riconoscimenti e di offerte di trattative.

Stu informò la Terra che avevamo sospeso… solo sospeso, non cessato… i bombardamenti. Ora dovevano ritirare dal nostro cielo tutte le astronavi, immediatamente, poi avremmo accettato i negoziati. Se le navi non potevano fare ritorno alla Terra senza prima rifornirsi di carburante, potevano atterrare a non meno di cinquanta chilometri dalla più vicina grotta, poi aspettare fino a quando avessimo accettato la loro resa. Ma il cielo della Luna doveva essere sgombrato subito!

Fummo costretti a ritardare la trasmissione di questo ultimatum di qualche minuto, per lasciare scomparire dietro l’orizzonte una delle astronavi: non volevamo correre rischi… sarebbe bastato un missile e la Luna era finita.

Aspettammo.

La squadra inviata a riparare le linee tornò indietro. Erano quasi arrivati fino a Luna City e avevano trovato il guasto. Ma i lavori di riparazione erano impediti da migliaia di tonnellate di rocce e allora avevano fatto l’unica cosa possibile: erano tornati indietro fino al primo punto di uscita sulla superficie e avevano eretto una torre con antenna radio orientata verso Luna City, contemporaneamente sparando una dozzina di razzi a intervalli di dieci minuti. Speravano di essere visti e capiti e che qualcuno, a Luna City, rizzasse un’altra antenna per stabilire un ponte radio… Eravamo in comunicazione, ora?

No.

Aspettammo.

Gli osservatori in superficie comunicarono che una nave, passata regolarmente per diciannove volte consecutive, non era apparsa al ventesimo giro. Dieci minuti dopo ci informarono che anche la seconda nave non era riapparsa.

Continuammo ad aspettare rimanendo in ascolto accanto alla radio.

La Grande Cina, parlando a nome di tutte le potenze con diritto di voto, accettò l’armistizio e dichiarò che non c’era più nessuna nave in orbita intorno alla Luna. Lenore scoppiò in lacrime e baciò tutti quanti si trovavano intorno a lei.

Dopo essersi ripresi dall’emozione (un uomo non può pensare se una donna gli butta le braccia al collo, figuratevi quando ce ne sono cinque o sei), dissi: — Stu, voglio che tu vada immediatamente a Luna City. Scegliti gli uomini che vuoi. Niente donne… dovrete camminare in superficie per gli ultimi chilometri. Scopri quello che è successo, ma per prima cosa ripristina il ponte radio.

— Molto bene, signore.

Lo stavamo preparando per il duro viaggio (bombole d’ossigeno supplementari, tende d’emergenza, eccetera) quando la Terra chiamò per radio. Volevano me personalmente, sulla frequenza sulla quale eravamo sintonizzati. Il messaggio (lo seppi dopo) era stato trasmesso su tutte le frequenze captabili sulla Luna.

"Messaggio privato. Prof a Mannie, identificazione Giorno della Bastiglia e segnale Sherlock. Torna subito a casa. Un mezzo di trasporto ti attende alla nuova antenna radio. Messaggio privato. Prof a…"

E così via, per dieci volte.

— Harry!

— Sì, capo?

— Messaggio per la Terra… registralo e poi gridalo più forte che puoi. "Messaggio privato. Mannie a Prof. Cannone di bronzo. Vengo!" Chiedi conferma… ma digli che basta una volta sola!

26

Stu e Greg guidarono la capsula al ritorno, mentre io, Wyoh e Lenore ci sdraiammo sul rimorchio, legati per non cadere. Era troppo piccolo per tre. Ebbi molto tempo a disposizione per parlare. Le due ragazze non avevano la radio nella tuta e potevano comunicare solo a segni… Molto buffo.