— Sapete cucinare? — chiese lei, incuriosita.
— Certo. Molte volte sono stato da solo, in luoghi isolati, con soltanto un uccello di palude o un falco a rispondere alle mie domande.
— Avete cinque fratelli. Perché vi recate da solo in luoghi simili?
— Oh, i miei fratelli vengono sempre a caccia con me — rispose lui. — Ma quando devo raggiungere una foresta o un lago citati da un’antica leggenda, per ascoltare i loro segreti… è un tipo di viaggio che non suscita il loro interesse.
“Una volta mi sono recato nella Foresta di Mirkon, la grande, buia selva a nord del Sirle, tra alberi simili a colonne di pietra nera, tra radici cupe e immense che fuoriescono dalla terra, e laggiù, ascoltando il rumore che faceva un’unica foglia caduta, sono venuto a conoscenza della storia del Principe Arn.”
Sybel accennò a un pallido sorriso.
— Anche Maelga, quando Tamlorn era piccolo — disse — la sera gli raccontava questo genere di storie, se lo vedeva triste.
— Sybel — disse lui — mio fratello Rok mi prende in giro, quando gli racconto queste cose. Ed Eorth, che è un grosso drago ottuso, mi sorride e mi stringe fra le braccia fino a incrinarmi le costole. Ma non pensavo che anche voi avreste riso.
Lei lo fissò, incuriosita e dubbiosa.
— Non rido di voi — gli disse. — Ma pensavo che poteste essere venuto… o che vostro fratello potesse avervi mandato… per controllare se mi ero alleata con Drede, visto che gli ho dato Tamlorn. Anche Drede era un po’ intimorito, quando gli ho detto di averlo chiamato.
— L’avete chiamato?
— Sì, ma solo per dargli Tamlorn, nient’altro. Però, quando era qui, ho commesso una sciocchezza: gli ho detto che eravate venuto anche voi. Adesso, perciò, dubita di me; penso che lo stesso si possa dire di vostro fratello Rok.
— Oh, certo. — Sorrise, ma la fronte gli rimase aggrottata. — Dov’erano il Cinghiale Cyrin e il Leone Gules, quando avreste avuto bisogno dei loro consigli? Voi siete esperta di campi che sfuggono alla conoscenza dell’uomo, ma siete stata incauta a chiamare a voi un Re insicuro del proprio potere, attirandolo alla vostra casa senza che lo sapesse.
— Gli ho detto che non doveva avere paura di me.
— E questo è stato sufficiente a tranquillizzarlo, penso.
— Ne dubito — rispose lei.
Poi, scuotendo la testa, aggiunse:
— Oh, ma perché preoccuparmi di quel che pensa Drede… o di quel che pensa il Signore del Sirle? È stato Rok a mandarvi?
— Vi ho detto perché sono venuto.
Coren aveva smesso di sorridere, ma continuava a fissarla.
Lei alzò le spalle.
— Già — disse. — Ma non so come abbiate potuto sentire la mia voce, in mezzo a tutte quelle dell’Eldwold.
— Io lo so — disse lui. — L’ho sentita perché vi amo.
Lei aprì le labbra per rispondere, ma scoprì all’improvviso di non avere parole. Coren la fissava con le guance leggermente arrossate; quando lei infine rise, arrossì fino alla radice dei capelli.
— Certo — disse lei. — Drede mi ha offerto di diventare Regina di Eldwold… voi cosa volete offrirmi?
Incrociò le mani sul grembo e guardò Coren. Vide che i suoi occhi, azzurri come il ghiaccio, erano sconvolti.
— Drede — mormorò lui, serrando i pugni. — Sempre Drede.
Poi riaprì i pugni e si appoggiò le mani sulle ginocchia. Trasse un lungo, silenzioso sospiro e le chiese:
— Anche a Drede avete risposto con una risata?
— No — disse lei, sorpresa.
D’improvviso, Coren si alzò in piedi e si mise a passeggiare avanti e indietro nella stanza. Poi tornò a guardarla.
— Ho pensato a voi — mormorò — ai vostri capelli chiari come la neve, per tutta la durata del mio viaggio, lungo e freddo, dal Sirle a qui. Dentro di me, sentivo che eravate preoccupata, e non c’era altro posto al mondo dove volessi essere, salvo che laggiù, sulla strada che portava a voi. Quando avete aperto il cancello per farmi entrare, mi sono sentito come a casa mia. Non pensavo che mi avreste dato tanto dolore.
Quelle parole riecheggiavano quelle che lei stessa aveva pronunciato tempo addietro, e Sybel aprì la bocca per dire qualcosa. Poi si guardò le mani.
— Mi spiace — disse. — Ma, Coren, come posso fidarmi di voi?
— Capisco.
— Quando vi guardo, vedo l’ombra del vostro odio, l’ombra di vostro fratello Rok che desidera servirsi di me. Lo capite, vero?
— Sì.
Lei tornò a guardarlo e vide che era impallidito. Gli toccò il braccio.
— Sedete — gli disse. — Entrambi siamo stanchi e affamati. Io non ho più dormito dal giorno della partenza di Tamlorn, e sono troppo stanca per continuare a discutere.
— Sybel… — cominciò a dire lui.
Poi s’interruppe e si mise a sedere, senza più guardarla. Dopo un momento, riprese:
— Se giurassi… sul mio amore per Norrel… che non cercherò mai di usarvi contro la vostra volontà, comincereste a fidarvi di me?
— E voi potreste giurarlo?
Lui annuì, fissandola negli occhi.
— Sì. Cercherò qualche altro modo di uccidere Drede.
— No!
— Ma, Sybel, cosa devo fare?
— Vi restano cinque fratelli: accontentatevi di quelli che avete.
— Non posso, Sybel! Quando ero più giovane, ed ero insicuro di me e delle mie strane conoscenze, tra tutti i miei fratelli, Norrel era l’unico che non mi deridesse.
“Potevo dirgli che nella Palude di Fyrbolg avevo visto lo spettro di coloro che erano morti rincorrendo il Cervo Bianco creato con il fumo dal mago Tarn, e lui mi credeva. Non capiva come potessi saperlo, ma credeva alle mie parole.
“Norrel mi insegnò a cavalcare e a combattere, a cacciare con il falco. E quando si innamorò di Rianna, anch’io mi innamorai di lei, perché volevo che fosse sua. E poi, quando Drede lo uccise nella Piana di Terbrec, io lo vidi cadere a terra. Non potei raggiungerlo in tempo, e lui morì senza avere nessuno al suo fianco, in una battaglia combattuta per lui. Questo non posso perdonare a Drede: che Norrel sia morto da solo, senza assistenza, senza conforto.”
La sua voce si abbassò fino a tacere. Dal fuoco, giunse il crepitio di un ramo che si spezzava. Il vento mormorava senza posa, contro le pareti della casa, muovendosi nel buio come una bestia che cercasse di entrare.
Dopo un poco, Sybel ritrovò la parola e disse, esitante:
— Mi spiace. Ma Tamlorn lo ama, quindi io non voglio che muoia.
Coren sospirò.
— È così — disse. — Ma allora, Signora di Ghiaccio, che cosa devo fare? Non posso impedirmi di amare, e neppure di odiare.
— Che cosa dobbiate fare — rispose lei — non lo so. Non conosco l’odio, e conosco poco anche l’amore. Vorrei poter fare qualcosa per voi, ma non posso fare niente.
— Non è vero. Potreste.
— No.
Lui sospirò di nuovo. Poi le prese una mano, e lei sollevò la testa.
— Vi è occorso un grande amore, per dare Tamlorn a Drede — disse Coren. — Spero che sia felice con lui, per il suo bene e per il vostro, anche se non riesco a capire perché preferisca Drede a voi.
Lei sorrise, e il verde riflesso delle fiamme le illuminò i capelli e le guance.
— Tamlorn — disse — è attirato dalle persone che hanno bisogno di lui.
S’interruppe per fissare Coren.
— Certamente — riprese — ci sarà qualche donna del vostro mondo che ha bisogno di voi. Avete delle grandi doti, e siete gentile, e anche… molto… piacevole da guardare.
— Grazie — rispose lui, serio. — Ma perché trovate così difficile dire queste parole? Per me è facilissimo dire che siete saggia, meravigliosa, onesta, bellissima e che vi amo.
Le accarezzò una ciocca dei lunghi capelli chiari, poi scosse rapidamente la testa nel vedere che questo la innervosiva.