Con una leggera carezza della mente, Sybel destò il Leone Gules, che dormiva nel giardino, ordinandogli di raggiungere il cancello con il suo passo felpato e di puntare sull’intruso il suo occhio dorato, come avvertimento.
Ma le grida continuarono, pressanti, incoerenti.
Lei sospirò, esasperata, e diede disposizioni al Falco Ter di sollevare il nuovo venuto e di buttarlo giù dalla cima del Monte Eld.
Un istante più tardi, il clamore cessò bruscamente, ma poi, con grande stupore di Sybel, il silenzio venne nuovamente interrotto dall’acuto, lamentoso vagito di un neonato.
A questo punto, Sybel finalmente si decise ad alzarsi e ad attraversare a piedi nudi il corridoio di marmo. Entrò nel giardino, dove, tutt’intorno a lei, gli animali si agitavano inquieti nel buio. Giunse al cancello, di sottili sbarre di ferro e cerniere dorate, e guardò fuori.
Vide un uomo armato, con un neonato tra le braccia e con il Falco Ter sulla spalla. L’uomo taceva, raggelato nell’immobilità, in balia della stretta del Falco; il bambino che teneva tra le braccia coperte di maglia di ferro piangeva, ignaro di tutto.
La faccia dell’uomo era immobile e indistinguibile nella penombra; da essa, lo sguardo della donna corse agli occhi del rapace.
“Ti avevo ordinato” gli disse in un colloquio mentale tra loro due soli “di buttarlo giù dalla cima del Monte Eld!”
Gli occhi azzurri e inflessibili del Falco si fissarono in quelli di Sybel.
“Tu sei giovane” le rispose mentalmente “ma hai certamente un grandissimo potere e, se me lo ordinassi una seconda volta, dovrei obbedirti.
“Ma, prima, conoscendo da innumerevoli anni le loro abitudini, desidero darti un avvertimento: se inizi a uccidere gli uomini, finirà che, un giorno o l’altro, essi, impauriti, accorreranno quassù in grande numero, raderanno al suolo la tua casa e disperderanno i tuoi animali.
“Questo ci ha ripetuto molte volte Mastro Ogam, tuo padre.”
Sybel, indispettita, batté per terra il piede scalzo. Ritornò a fissare negli occhi l’uomo e gli domandò:
— Chi siete? Perché vi presentate con tanto baccano davanti al mio cancello?
— Signora — disse l’uomo, parlando con cautela poiché le penne arruffate dell’ala del Falco Ter gli sfioravano la faccia — siete la figlia di Laran, che era figlia di Horst, Signore di Hilt?
— Laran era mia madre — disse Sybel, spostando con impazienza da un piede all’altro il peso del corpo. — Voi chi siete?
— Coren del Sirle. Mio fratello ha avuto un figlio da vostra zia… la sorella minore di vostra madre.
Poi l’uomo s’interruppe, serrando i denti e torcendo le labbra. Sybel sollevò una mano all’indirizzo del Falco Ter.
“Lascialo libero” comunicò all’animale “perché altrimenti mi costringerà a stare qui tutta la notte. Ma non allontanarti: potrebbe essere un pazzo.”
Il Falco si alzò in volo, e poi planò sino a raggiungere un ramo basso di un albero, al di sopra della testa dello sconosciuto. L’uomo strinse gli occhi per un istante; piccole perline di sangue sgorgarono come lacrime dalla sua cotta di maglia di ferro.
Alla luce della luna, sembrava molto giovane. Aveva i capelli color del fuoco. Sybel lo guardò incuriosita, perché il metallo di cui era coperto, anello dopo anello, scintillava come la superficie dell’acqua corrente sotto il cielo notturno.
— Perché siete vestito così? — gli chiese.
L’uomo riaprì gli occhi che aveva chiuso per il dolore.
— Vengo ora da Terbrec — disse.
Poi alzò lo sguardo verso la sagoma scura dell’uccello che incombeva sopra di lui.
— Dove avete trovato un simile falco? — chiese alla donna. — Con i suoi artigli ha trapassato il metallo, il cuoio e la seta…
— Una volta — disse Sybel — ha ucciso sette uomini che avevano ammazzato il mago Aer per rubargli le gemme incastonate nei suoi libri di sapienza.
— Il Falco Ter… — disse il giovane, con un filo di voce, e le sue sopracciglia si alzarono per la sorpresa.
— Chi siete? — gli chiese Sybel.
— Ve l’ho già detto. Coren del Sirle.
— Per me — disse Sybel — questo nome non significa niente. Cosa fate, qui, davanti al mio cancello, con in braccio un bambino in fasce?
Coren del Sirle rispose assai lentamente, con molta pazienza:
— Vostra madre, Laran, aveva una sorella chiamata Rianna, vostra zia. Si è sposata tre anni fa con il Re di Eldwold. Mio…
— Come si chiama il Re, attualmente? — domandò Sybel, incuriosita.
Il giovane s’interruppe per un istante, sorpreso dalla domanda, poi spiegò:
— Drede. Drede è il Re di Eldwold da quindici anni.
— Ah. Continuate… Allora, Drede ha sposato Rianna. Si tratta di cose estremamente interessanti, ma io devo chiamare il Liralen.
— Vi prego! — esclamò Coren, lanciando un’occhiata al Falco Ter.
Poi abbassando la voce:
— Ho combattuto per tre giorni sul campo di Terbrec — spiegò. — Poi mio zio mi ha gettato tra le braccia un bambino e mi ha ordinato di portarlo alla Maga del Monte Eld. “Supponiamo” gli ho detto allora io “che lei non lo voglia prendere? Che cosa se ne fa di un bambino?” E lui mi ha guardato e mi ha detto: “Quando ritornerai da quel Monte, il bambino non dovrà più essere con te. Vuoi forse vedere morto il figlio di tuo fratello?”
— Ma perché dovete darlo proprio a me? — gli chiese Sybel.
— Perché è il figlio di Rianna e di Norrel, ed entrambi sono morti.
Lei batté gli occhi, senza capire. — Ma avete detto — obiettò — che Rianna era moglie di Drede.
— Infatti.
— Allora, come fa, il bambino, a essere figlio di Norrel? C’è qualcosa che mi sfugge.
La voce di Coren divenne minacciosa. — Perché Norrel e Rianna erano amanti. E Drede ha ucciso Norrel tre giorni fa, sulla Piana di Terbrec. Allora, vi decidete a prendere questo bambino, in modo che io possa tornare laggiù a uccidere Drede?
Sybel lo guardò con quei suoi occhi neri che non tremavano mai.
— Voi non dovete alzare la voce con me — gli disse, in tono quasi inudibile.
Le mani di Coren, dentro i guanti di maglia, continuavano a serrarsi a pugno e poi ad aprirsi. Fece un passo verso di lei, e la luce della luna gli illuminò le lunghe ossa della faccia, gli sottolineò le rughe scavate dalla stanchezza sotto i suoi occhi.
— Mi dispiace — mormorò. — Ve ne prego. Cercate di capire. Ho cavalcato per gran parte del pomeriggio e per metà della notte. Mio fratello e molti dei nostri uomini sono morti. Il Signore di Niccon ha unito le sue forze a quelle di Drede, e il Sirle non può resistere a tutti e due.
“Rianna è morta dando alla luce il figlio. Se Drede troverà il bambino, lo ucciderà per vendicarsi. In tutto il Sirle non c’è un posto dove il bambino non corra pericolo. L’unico luogo dove può stare al sicuro è qui, presso di voi, dove a Drede non verrà in mente di cercarlo. Drede ha ucciso Norrel, ma io ho giurato di non fargli mai mettere le mani su questo bambino. Vi prego. Prendetevi cura di lui. Sua madre apparteneva alla vostra famiglia.”
Sybel chinò lo sguardo sul neonato. Aveva smesso di piangere; tutt’intorno, la notte era silenziosa e immobile. Il piccolo muoveva lentamente i piccoli pugni, e spingeva le braccia contro la morbida coperta in cui era avvolto. Sybel gli sfiorò il visino pallido e tondo, e il bambino girò gli occhi verso di lei, ammiccanti come stelle.
— Anche mia madre è morta nel darmi alla luce — disse Sybel. — Come si chiama il bambino?
— Tamlorn — disse Coren.
— Tamlorn. Un bel nome. Peccato che non sia una bambina.
— Se fosse una bambina — disse Coren — non avrei dovuto fare tutta questa strada per nasconderlo. Drede teme che lui, in futuro, rivendichi la legittimità e si metta a combattere contro l’erede da lui scelto.