— Perché, che cosa vorreste?
— Cercate di comprare da me la vostra libertà? — chiese Mithran.
— Non posso comprarla da voi! Dovreste donarmela liberamente. Se non altro, almeno per pietà.
Lui scosse la testa, lentamente.
— Non conosco più la pietà — disse. — Nei vostri riguardi, provo solo un timore reverenziale. Avete una mente potente, unica nelle sue conoscenze, perché l’esperienza della mente è segreta e non si può condividere.
“Sono stato in deserti sotto l’occhio della luna; nelle corti dei ricchi signori, dove suonano i flauti e dove i tamburi battono come cuori… Sono stato su alte montagne, nelle piccole capanne delle streghe, a osservare i loro occhi ardenti e la loro faccia bruciata dal fuoco; ho parlato con il gufo, con il falco bianco come la neve e con il nero corvo; ho parlato con gli sciocchi, uomini e donne, che abitano a migliaia nelle città affollate; ho parlato con regine dalla voce di ghiaccio. Ma non avevo mai pensato, in tutti i miei vagabondaggi, che potesse esistere una donna come voi.”
Sollevò la mano, e con l’anello le sfiorò i capelli. Lei si ritrasse leggermente, fissandolo a occhi sbarrati.
— Vi prego. Fatemi parlare con Drede.
— Forse… — disse il mago.
Poi si rizzò in piedi, allontanandosi.
— Alzatevi — le disse. — Toglietevi questo mantello bagnato e riscaldatevi. Ho vino e cibi caldi. Dietro quella tenda troverete un letto soffice su cui riposare… e qualcos’altro che vi appartiene.
Lei si alzò lentamente e scostò la bianca tenda. Vide il Falco Ter, appollaiato su un trespolo d’oro; i suoi occhi scintillanti la fissarono senza emozione. Sybel cercò la mente del rapace, formulò a fior di labbra il suo nome, ma Ter non le rispose, non si mosse.
Stancamente, Sybel si voltò verso il mago.
— Siete davvero forte, Mithran… È strano che io mi trovi qui, alla vostra mercé, perché dodici anni fa ho decìso di amare un bimbo innocente. Ho paura di voi e di Drede, ma la paura non potrà salvarmi, e non credo che altri mi possano salvare, tranne voi.
Il mago dalla veste nera le servì il vino. Alle finestre, i tendaggi si schiarivano ormai per l’arrivo dell’alba.
— Ve l’ho detto, non conosco più la pietà — rispose Mithran. — Mangiate. Poi riposerete un poco, e io vi porterò Drede. Forse in Drede potrete ancora trovare un po’ di pietà, ma dubito che un uomo impaurito fino alle radici della mente sia molto portato alla compassione.
Drede giunse quando ormai era mezzogiorno. Il rumore della serratura svegliò Sybel; sentì il Re chiedere a bassa voce:
— È fatto?
— No.
— Vi ho detto che non volevo parlarle finché non fosse fatto!
Il mago rispose, in tono gelido:
— Non ho mai fatto una cosa come questa. È contraria al mio modo di sentire. La rovinerete in modo irreparabile; sarà bellissima, docile, e userà il suo potere soltanto dietro vostro ordine.
— Le avete detto questo?
— Sì, ma non ha importanza. Dimenticherà. Ma desiderava parlare con voi… per implorarvi.
— Non voglio ascoltarla!
— Ve l’ho detto: per fare una cosa come questa, devo fare violenza a me stesso. Se dovrò portarne il rimorso, voglio che lo portiate anche voi, altrimenti non lo farò.
Drede non disse niente. Sybel si alzò in piedi e aprì la tenda. Il Re la fissò. Nei suoi occhi, Sybel lesse vergogna e tormento, e, al di sotto, la patina glaciale della paura. Rimase ferma per qualche istante, senza lasciare la tenda. Poi si recò da Drede e si inginocchiò ai suoi piedi.
— Vi prego — mormorò. — Vi prego. Farò tutto ciò che mi chiederete. Vi sposerò. Metterò in mano vostra i Signori del Sirle. Educherò Tamlorn e vi darò dei figli. Non metterò mai in discussione i vostri ordini; obbedirò senza fare domande.
“Ma non ordinate a quest’uomo di togliermi la volontà. Non ordinategli di cambiarmi la mente. È una cosa terribile, più ancora che se mi uccideste in questo momento. Anzi, preferirei morire. C’è una parte di me che assomiglia a un falco dalle bianche penne, libero, orgoglioso, selvaggio, a una creatura dell’aria che vola dove vuole, ansiosa di raggiungere le stelle luminose e il sole. Se ucciderete quell’uccello dalle bianche penne, sarò confinata alla terra, legata alle limitazioni degli uomini, senza parole mie, senza azioni mie. Prenderò per voi quel falco, lo metterò in gabbia. Ma lasciatelo vivere.”
Drede alzò una mano per coprirsi gli occhi. Infine si inginocchiò davanti a lei e le strinse le mani.
— Sybel, non posso fare diversamente. Vi desidero, ma ho paura di voi… ho paura di quel bianco falco.
— Vi prometto…
— No, ascoltatemi. Ho sempre avuto paura di coloro che ho in mio potere. Sono stato minacciato dai miei nobili, tradito da coloro che amavo, e non ho più nessuno a cui possa dire la verità senza timore. I miei uomini, le persone di cui mi dovrei fidare… li guardo negli occhi… in quei loro occhi misteriosi, privi di espressione… e sospetto di loro, temo il tradimento.
“Sono solo. Tamlorn è l’unico al mondo di cui mi fido, l’unico che amo. Voi, Sybel, potrei amarvi, e forse fidarmi di voi, ma prima devo essere certo della vostra fedeltà.”
Lei disse, con la gola secca:
— Non potrete mai esserne certo. Coloro che vi amano potrebbero ferirvi, senza per questo cessare di amarvi. Ma adesso, per essere sicuro del mio amore, intendete togliermi tutto l’amore che potrei darvi liberamente. Quel bianco falco si chiama Sybel. Se lo ucciderete, io morirò, e voi avrete solo uno spettro che vi guarderà con i miei occhi. Invece, lasciatemi vivere e fidatevi di me.
Drede chiuse gli occhi.
— Non posso — disse. — Una volta mi sono fidato di Rianna, e lei mi ha tradito con un sorriso. Mi sorrideva e mi baciava il palmo della mano, e intanto mi tradiva per gli occhi azzurri di un Principe del Sirle. Anche voi mi sposereste, per poi tradirmi con Coren…
— No!
— Come esserne certo? Un giorno entrerà sorridendo nel vostro giardino, voi gli restituirete il sorriso, e tutte le promesse fatte a me si disperderanno come foglie al vento.
— No. Voi parlate di Rianna e non di me. Io non ho niente a che vedere con Rianna e Norrel. Lasciatemi andare! Vi prego! Ritornerò nella mia casa sulla montagna, e questo mago la circonderà con un muro che io non potrò oltrepassare. Lascerò l’Eldwold! Farò qualsiasi cosa.
Drede bisbigliò a denti stretti:
— Sybel, vi sogno tutte le notti, e poi mi sveglio e piango. Mithran farà in fretta, e poi sarete con Tamlorn…
— No…
Drede si alzò in piedi. — Farà in fretta…
— È deciso, dunque — mormorò lei, tremante. — Non potrò mai più amare, dopo di oggi. E sono la prima, di tre maghi, che abbia imparato a farlo. Tenterei di uccidermi, ma so che non mi sarà lasciata neppure questa piccola scelta. Spero che paghiate bene questo mago, perché è un servigio che non ha prezzo, che non ha uguali.
Per un attimo, Drede rimase a fissarla senza parlare. Poi le voltò le spalle; Sybel sentì il fruscio dei suoi piedi sulle pelli che coprivano il pavimento, poi il rumore sonoro dei suoi passi sugli scalini di pietra della scala a chiocciola. La porta si chiuse, la serratura scattò, e lei, nell’udire questo suono, gemette atterrita e disperata.
— Alzatevi, Sybel.
Lei si alzò, incerta sulle gambe. Mithran si recò al tavolo, versò del vino. Gliene porse una coppa e si mise a sedere, osservandola, centellinando il vino.
— Sedete — le disse il mago.
Sybel obbedì e gli chiese, parlando alla coppa:
— Datemi qualche minuto di libertà.
— Perché vi possiate allontanare per sempre da questo mondo? No. Avete un valore troppo grande.
— Lasciatemi nella mente un angolino libero.