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— Per amare?

Lei alzò gli occhi.

— Per odiare — sussurrò.

Passò le dita sull’orlo della coppa, come per sentire la tessitura del suo argento lavorato.

— In quell’angolino — proseguì — potrei coltivare un odio capace di distruggere l’Eldwold pietra su pietra, lasciando un deserto che poi i Signori del Sirle si contenderebbero per secoli. Metterei il Re in ginocchio, così come lui ha messo in ginocchio me.

Gli occhi verdi del mago la fissarono impassibili.

— E io? — chiese. — Mi odiate?

Lei lo guardò con disprezzo. — Voi siete troppo vile per meritare il mio odio.

Lui appoggiò i gomiti al tavolo, e la gemma del suo anello lampeggiò sinistramente. All’improvviso, serrò le labbra.

— Quel Re è uno sciocco. Sapete che una volta mi avete rubato un libro?

Lei sbatté gli occhi.

— Davvero? Se l’avessi fatto, mi ricorderei di voi.

— Il libro degli incantesimi del mago Firnan. Eravate convinta che la stanza fosse vuota. Una stanza solitaria e fredda, alla corte di un piccolo signorotto, nei pressi della Palude di Fyrbolg. Ma io ero presente. Vi ho vista entrare, silenziosa come se foste stata fatta d’aria.

“Avete guardato i miei libri, avete prelevato quello, e ve ne siete andata. Così in silenzio che io sono rimasto a guardare per ore, dopo la vostra scomparsa, in quel punto. Non conoscevo il vostro nome. Non sapevo neppure se vivevate nell’Eldwold. Sapevo soltanto che eravate apparsa davanti a me come un sogno che non avrei mai osato sognare… perciò mi sono messo ad ascoltare, a rivolgere domande qua e là, e così ho saputo di voi.”

Lei lo fissò, perplessa.

— Perché allora mi avete chiamato per Drede?

— E stato lui, alla fine, a dirmi chi dovevo chiamare. Vedete, non sono uno sciocco. Se fossi salito da voi sulla montagna, avreste potuto accettarmi oppure no. Oggi, invece, la risposta che potete darmi è una sola.

“Io vi desidero. Se devo avervi con la forza userò la forza, anche se, data la vostra attuale situazione, non credo che possiate opporvi. Sono forte; le mie conoscenze sono inesauribili. In passato ho amato e ho odiato, ma da anni non trovavo più niente che destasse il mio interesse, finché non ho visto voi.

“Potrei dividere con voi i miei pensieri e le mie esperienze. Un tempo ho amato una donna per la sua bellezza, ma non ho mai pensato che mi succedesse di nuovo. È come se… è come se voi foste fatta per me.”

Lei lo fissò senza capire. Riprese a tremare. Mithran le disse:

— Bevete.

Lei bevve. Poi appoggiò i gomiti al tavolo e si prese la testa fra le mani. Mithran la fissava.

— Allora?

— In parte — disse lei — la colpa è mia. Maelga mi aveva avvertito.

— Guardatemi.

Lei sollevò la testa e lo fissò senza parlare. Mithran aggrottò leggermente la fronte.

— Occorre pensarci tanto? — le chiese.

— Non sto pensando. Nella mia mente c’è solo il vuoto.

— Sybel, scegliete.

— Per me, non ha importanza. Scegliete voi! Se mi volete, prendetemi… se non mi volete, datemi a Drede. Che cosa devo fare? Ringraziarvi per avermi concesso un posto nel deserto del vostro cuore? Drede, almeno, posso capirlo, ma voi… voi siete più gelido di me.

— Davvero? — sibilò lui. Poi riprese il controllo di se stesso, e le sue labbra ritornarono impassibili. — Bianco falco, sapete che non potrò mai consegnarvi a quel Re. E che non vi spezzerò la mente perché obbediate a lui o a me.

— Me l’avete già spezzata! — esclamò lei. — Sono un falco bianco legato a un filo d’argento, che accorre al vostro richiamo. Avrò paura di voi per tutta la vita, tanto grande è il vostro potere sui miei più riposti pensieri.

“Quello che farete di me, perciò, non ha più nessuna importanza. Volete che vi implori perché mi salviate da Drede? Mi metterò in ginocchio davanti a voi, se volete, ma non potrò ringraziarvi di avermi salvato, se dovrò essere incatenata a voi.”

— E non potreste… cercare di amarmi?

— Io non amo nessuno! Non amerò mai nessuno! Scegliete voi chi mi avrà: dovrò essere di Drede, indifesa e sorridente, oppure vostra, indifesa e impaurita?

Mithran rimase per qualche istante in silenzio, mentre lei lo fissava. Poi disse lentamente, sollevando una mano:

— Non dovrete avere paura di me, Sybel. Vi insegnerò antiche arti magiche e incantesimi che non vi sareste mai sognata di imparare. Vi darò cose meravigliose: la gemma porporina a forma di occhio fabbricata dalla strega Catha e capace di vedere all’interno delle scatole e delle stanze chiuse; il mantello azzurro, fatto con le pelli dei gatti di montagna di Lomar, morbido come un sospiro, caldo come il tocco di un labbro…

“Vi darò i libri sigillati del mago Erden, che non sono più stati aperti dal momento della sua morte, avvenuta tre secoli fa, e vi insegnerò come si aprono…”

Le parole di Mithran le giungevano nella mente come sogni; si sentì cullare… tranquillizzare…

— Catturerò per voi la gazzella alata del Deserto Meridionale, che ha gli occhi stellati come il cielo notturno… Dormirete su lane e sete purpuree, porterete gioielli color del cielo, con al centro un fuoco rosso o azzurro…

Come da molto lontano, vide che il mago si alzava lentamente in piedi, silenzioso come un’ombra, e che si avvicinava a lei. Mithran continuò a parlarle a bassa voce, intessendo visioni che si fermavano a lungo nella sua mente indebolita. Poi sentì che le accarezzava i capelli.

— Vi darò l’arpa dalle corde d’argento di Thrace, Signore di Tol, che suona a comando, cantando le storie dimenticate di gloriosi Re del passato…

Ormai, Mithran le bisbigliava all’orecchio. Dentro di lei, qualcosa si mise a gridare, debole come il pianto di un bimbo nella notte, e poi svanì, dimenticato. Si sentì sfiorare la gola dalle sue mani, vide muoversi e tremare alla luce del fuoco il monile che le fermava sulla spalla l’orlo della veste.

— Vi darò la Coppa della Fortuna che fu scagliata dal Principe Verne nel fondo del Lago Perduto perché gli aveva predetto che sarebbe morto sotto le onde…

Sentì che le cuciture della sua veste si laceravano sotto le mani nervose del mago. Sentì che la voce di Mithran si spezzava:

— Vi darò tutti i tesori del mondo… tutti i suoi segreti… Sybel, mio bianco falco…

Mithran abbassò la testa, e Sybel si sentì le sue labbra sul collo, sempre più giù.

E si accorse che, in quell’istante di passione sempre più affannosa, a Mithran era sfuggito il dominio che aveva continuato a esercitare su di lei.

In quell’attimo, senza più sperare, quasi senza pensare, Sybel bisbigliò un nome.

Il mago sollevò di scatto la testa per fissarla con occhi di fiamma. Si staccò bruscamente da lei e fece per voltarsi, solo per trovarsi davanti il Blammor dagli occhi di cristallo. Lanciò un solo urlo, e poi il Blammor lo coprì come una nebbia e lo tenne sollevato nell’aria. Mithran allargò per un istante le braccia, tese convulsamente le mani, e poi scivolò a terra.

Il Blammor chiese a Sybeclass="underline"

“Avete bisogno d’altro?”

Tremante, lei riuscì solo a fissare il corpo del mago. Cercò a tastoni i lembi della sua veste e tentò di riunirli.

“No” disse. “Non più.”

Il Blammor svanì.

Accanto alla tenda, il Falco Ter lanciò un grido di collera. Il corpo del mago giaceva supino, e ogni osso della sua faccia, della sua gola, delle sue mani era frantumato e spezzato.

Ter calò su di lui, gli si posò sulla testa, e trafisse con gli artigli i suoi occhi ancora spalancati.

— Ter — chiamò Sybel, e il Falco volò fino a lei, per fermarsi sullo schienale della sua sedia.

Sybel si alzò in piedi, ancora tremante per la reazione nervosa, e s’infilò il mantello. Le giunse alla mente la voce di Ter, rossa di collera: