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— Vedi come mi prendono in giro — disse Coren a Sybel. — No, Ceneth. Questa volta, il mago è tornato a casa con me. Adesso dovrai mostrare maggiore rispetto per i miei viaggi.

— Davvero. Voi siete la maga del Monte Eld — disse Ceneth.

Rimase per qualche istante a osservare Sybel, meditabondo, con uno strano sorriso che ricordava quello di Rok.

— Coren ci ha molto parlato di voi — riprese. — Anzi, non ha più smesso di nominarvi, da quando è tornato a casa con qualche cicatrice in più, dopo la battaglia con il vostro drago.

— Se non fosse stato per il Drago Gyld, non mi avrebbe mai lasciato mettere piede in casa sua — disse il giovane. — Ma dov’è Eorth? E Herne e Bor, sono qui?

— Sono a caccia — disse Rok. — Presto saranno di ritorno.

Poi sobbalzò nell’udire un frullare d’ali al di sopra della sua testa. Era il Falco Ter, che andò a posarsi sulla spalla di Coren e che prese a osservarli con i suoi occhi freddi e luminosi.

— Di chi è quel falco? — chiese Rok. — Non è uno dei nostri… è troppo grosso.

— È il Falco Ter — mormorò Coren, spostando la testa per fare posto al rapace. — Una volta ha ucciso sette uomini.

Si rivolse a Sybeclass="underline"

— Che cosa pensa? — le chiese. — Voglio saperlo.

— Sette uomini… — mormorava intanto Ceneth, incredulo, fissando Sybel. — È vostro?

Lei annuì. — Mio padre, Ogam, lo ha chiamato a sé.

— È libero?

— L’ho dato a Tamlorn, ma risponde ancora al mio richiamo, quando ho bisogno di lui.

Poi tacque, aprendo la mente al Falco, e Rok e Ceneth la osservarono intimoriti, senza parlare. Infine, Sybel tornò a guardare Coren.

— Mi ha portato notizie di Tamlorn — riferì. — Sta bene.

Dovrò scrivergli per fargli sapere dove mi trovo. Ho però l’impressione che farà fatica a comprendere. Credo che una parte di lui sia sempre convinta che la sua vera casa sia sul Monte Eld.

— Non penso che ci sia bisogno di scrivergli — disse Rok. — Nell’Eldwold, le notizie viaggiano in fretta.

— Davvero? Arrivavano assai lentamente fino a me, nella mia casa sul Monte. Comunque, preferisco scrivere a Tamlorn; deve avere la notizia da me.

— Capirà certamente — disse Coren, con gentilezza.

— Me lo auguro.

Ter volò via dalla spalla di Coren e si appollaiò ad attendere sul ramo di un albero spoglio; tutti entrarono nel castello, dove sedettero in una vasta sala. Il pavimento era coperto di pelli e di rami di pino, alle pareti erano appesi antichi arazzi e al centro c’era un grande focolare, attorno a cui ruzzavano alcuni bambini che si rotolavano a terra giocando con un cane.

Sybel si slacciò il mantello, liberando dal cappuccio i lunghi capelli, e i bambini si fermarono nel vederli cadere come una pioggia d’argento. Guardando Coren, vide che la osservava come uno sconosciuto, come se non l’avesse mai vista prima. Si sentì arrossire e dovette distogliere gli occhi. Lynette si fece dare il mantello. Coren le accarezzò una guancia e le disse:

— Va’ con Lynette. Io ti raggiungerò presto.

Le due donne uscirono; nel corridoio dietro la sala trovarono una scala di pietra che portava a una stanza grande e luminosa. Al centro scoppiettava un allegro focolare; accanto al fuoco c’erano due bambine piccole, con i capelli rossi di Lynette, che chiacchieravano tra loro con grande serietà. Una piccina di pochi mesi piangeva nella culla; Lynette la prese in braccio e scostò le tende che coprivano il letto.

— Lara, Marnya — disse — andate a giocare fuori. Ss, piccola Byrd, non piangere. Sybel, stendetevi qui sul letto, se vi sentite stanca. Vi farò portare del vino e qualcosa da mangiare.

Sybel si sedette sul letto. — Grazie, mi sento proprio esausta.

Poi, dopo un attimo, si alzò di nuovo in piedi, irrequieta, e si avvicinò a una delle finestre.

In distanza, dietro la Foresta del Sirle, vide brillare sullo sfondo del cielo la cima azzurrina del Monte Eld, e pensò che in mezzo a quella lontana coltre di neve c’era una casa bianca che ospitava strani, meravigliosi animali.

Lynette disse, dietro di lei:

— Lo so. Anch’io ho provato la stessa tristezza, tanti anni fa, quando ho lasciato la mia casa a sud di Hilt. Spero che qui sarete felice. Io sono lieta che siate venuta, per il bene di Coren, anche se non mi sarei mai aspettata di vedervi, soprattutto dopo che avete dato Tamlorn a Drede.

— Ho dovuto darglielo — disse Sybel. — Il ragazzo voleva stare con suo padre.

— Capisco. Eorth ed Erne hanno la testa dura… non capiscono come abbiate potuto dare a Drede un bambino che vi era stato portato da un Principe del Sirle. Per le persone come loro, il mondo si divide in Sirle e in Drede.

La bimba aveva smesso di piangere; lei se l’appoggiò sulla spalla. Poi sorrise, nel vedere lo sguardo di Sybel.

— Volete tenerla in braccio? — le chiese. — È la più piccola delle mie figlie.

Sybel sorrise.

— Avete capito il mio desiderio prima che me ne rendessi conto io stessa. Ci riesce anche Coren.

Prese in braccio la bambina e si sedette accanto al fuoco. Due occhi cauti, color castano dorato la fissavano dal basso.

— Anche Tamlorn era così piccolo quando l’ho preso… — disse Sybel. — E io ero così ignorante. Coren dice che più tardi ci sarà una cerimonia, una promessa. Che cosa dovrò fare?

— Niente — le disse Lynette. — Dovete soltanto essere bella e presentarvi al Signore del Sirle, ai suoi fratelli e alle loro famiglie; Rok vi unirà e poi ci sarà una festa. Avete portato qualche particolare vestito per l’occasione?

— No. Ho così poche cose. Non ho mai sentito il bisogno di qualche abito particolare, in passato.

Lynette la osservò sorridendo. — Vivete così semplicemente. Pensate di scrivere a Horst di Hilt per dirgli che sposate Coren?

— Perché dovrei farlo?

— È vostro nonno — spiegò Lynette, paziente. — Rianna era vostra zia; vostra madre era figlia di Horst.

Sybel disse, pensosa:

— Già. Ma non credo che abbia interesse per questa sua nipote, dato che Ogam ha chiamato mia madre nello stesso modo in cui ha chiamato a sé il Falco Ter o il Leone Gules. Comunque, bisogna che mi ricordi di scrivergli.

Vedendo che Lynette la guardava stupita, le sorrise.

— Non ho avuto un’educazione raffinata come quella che ha avuto Rianna — le spiegò. — Se mi scappa qualche frase che vi disturba, ditemelo pure. Ho sempre frequentato pochissima gente. Non mi aspettavo di gradire così tanto la compagnia delle altre persone.

Lynette annuì.

— Farò come dite — le promise. — Quando vi ho vista arrivare mi avete ricordato Rianna, e ho provato una grande pena, perché ho pensato nuovamente a Norrel. Ma adesso penso che siate assai diversa da Rianna. I suoi occhi erano timidi e gentili, mentre i vostri sono…

Glieli osservò un po’ perplessa, cercando la parola giusta. Sybel si sentì leggermente turbata.

— Coren dice che sono neri come il cuore di Drede.

Lynette batté le ciglia, sorpresa.

— Coren vi dice queste cose? Perché avete deciso di sposarlo, allora?

— Non lo so. Forse perché non mi veniva in mente nient’altro che mi attraesse di più.

Lynette annuì, sorridendo. Si fece ridare la piccola Byrd e la rimise nella culla.

— Scendo — disse a Sybel. — Dirò di portarvi quelle cose.

Uscì. Dopo qualche istante, nel silenzio della stanza, Sybel si alzò in piedi e si versò del vino. Si avvicinò alla culla e sfiorò con il dito la guancia della bambina. Poi si voltò e cominciò a passeggiare nervosamente avanti e indietro, tendendo l’orecchio per sentire se Coren saliva da lei.

Udì soltanto i rumori provenienti dal cortile, e, da lontane stanze, voci di bambini, le cui risate echeggiavano sulle pietre, fino a lei. Tenendo in mano la coppa del vino, scese nel corridoio e udì Coren, che diceva: