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L’indomani mattina lasciarono il castello dei Signori del Sirle per raggiungere il Monte Eld. Dalla vetta coperta di ghiaccio del Monte scendeva un vento gelido che correva lungo l’ininterrotta pianura del cielo. Gli alberi del cortile, all’interno delle mura del castello, erano ornati delle dure e scure gemme da cui dovevano nascere le nuove foglie.

Rok ed Eorth scesero in cortile per vederli partire; nel vento, i loro larghi mantelli si gonfiavano come vele. Eorth disse lentamente, con la sua voce profonda, tenendo ferma la staffa a Sybel per farla montare in sella:

— Io e Ceneth potremmo venire con voi, Coren. Forse sarebbe più saggio.

— Io, invece — rispose Coren — preferisco passare alcuni giorni con una maga dai capelli color della neve: io e lei soli. Non preoccupatevi per noi. Sybel può immobilizzare con un’occhiata chiunque le dia fastidio.

Voltò il cavallo e sollevò un braccio per salutare i fratelli. Come un fulmine, il Falco Ter piombò dal cielo e gli si posò sulla mano.

Rok rise.

— Ecco la vostra guardia del corpo.

Gli artigli del falco gli erano entrati nella carne; Coren fece una smorfia di dolore.

— Vatti ad appollaiare su Sybel — gli disse. — Io mi difenderò da solo.

Guardò la donna e aggrottò la fronte nel vedere lo sguardo che passava tra lei e il Falco, forte come un legame. Sybel emise un’esclamazione di sorpresa.

— Che c’è? — chiese Coren.

— Tamlorn. Ha lasciato Mondor questa mattina, diretto al Monte Eld. Mi chiedo come Drede lo abbia lasciato andare. A meno che…

— A meno che Drede — disse Rok — non sia all’oscuro della sua partenza. Naturalmente, potete estendere l’invito anche a Tamlorn perché venga nel Sirle, se lo vedete.

— Un tempo lo abbiamo avuto con noi — disse Coren — e poi lo abbiamo perduto. Lascia stare.

Rok sorrise.

— Sono certo che Drede gli ha insegnato bene. Inoltre, quando raggiungerete il Monte Eld, senza dubbio sarà già sulla via del ritorno. Andate. Godetevi il viaggio. Se vi serve aiuto, mandateci il Falco Ter.

Attraversarono lentamente il Sirle, fino a raggiungere la foresta, e trascorsero la notte in una piccola fattoria ai bordi della Piana di Terbrec.

Nel pomeriggio del giorno seguente raggiunsero il Monte Eld. Il sentiero era coperto del fango del disgelo; il Monte avvampava sullo sfondo del cielo azzurro; le brezze, profumate di resina e neve, avevano l’aroma di un vino raro.

Sybel abbassò il cappuccio, liberando i capelli nel vento, come una fiamma bianca; l’aria gelida le arrossò le guance pallide. Coren le afferrò i capelli, se li avvolse tra le dita, le tirò indietro la testa e la baciò. Il calore del sole colpì Sybel sulle palpebre. Cavalcarono fino alla casa bianca e videro che il cancello era aperto.

Tamlorn venne ad accoglierli.

Avanzò lentamente verso di loro, con il Leone Gules al fianco. Fissava Sybel con aria dubbiosa. Con un grido di sorpresa, lei smontò rapidamente di sella.

— Tamlorn! — Corse ad abbracciarlo, gli strinse il viso tra le mani. — Tamlorn, sei preoccupato. Perché? Drede ti ha fatto qualcosa?

Il ragazzo scosse la testa. Lei gli posò le mani sulle spalle. — E allora?

Tamlorn era molto pallido. Attorno agli occhi, per la mancanza di sonno, gli si scorgevano grandi cerchi scuri. Si afferrò alle braccia di Sybel, poi guardò Coren, che, dietro di lei, era smontato di sella per tenerle fermo il cavallo.

— Coren è in collera con Drede? — chiese.

Sybel strinse i pugni. Disse in fretta, sorpresa:

— Coren non sa niente. Ma tu, che cosa hai saputo? E come lo hai saputo?

Lui scosse la testa, stancamente.

— Non ho capito bene. Drede mi aveva detto che stavate per sposarvi, e io ero molto contento, e poi… qualcosa deve averlo spaventato: non ha più voluto parlare di te.

“Quando gli ho detto che ti eri sposata con Coren, è talmente impallidito che ho temuto di vederlo svenire. L’ho toccato e allora lui ha ripreso a parlare; ma è così spaventato che mi addolora guardarlo.

“Perciò, sono venuto qui per scoprire le ragioni di questa sua paura. Sapevo che saresti venuta anche tu, se il Falco Ter ti avesse detto che io ero qui.”

— Dimmi, Tamlorn — chiese Sybel — Drede sa che sei qui?

— No. Non lo sa nessuno.

Poi Tamlorn guardò la figura di Coren che si avvicinava e gli disse rigidamente:

— Vedo uno dei sette Principi del Sirle. Mi è stato insegnato a temervi.

Coren disse gentilmente:

— Ter siede sulla mia spalla e accetta la carne dalle mie dita, senza beccarmele. Per lui sono solamente Coren che ama Sybel.

Tamlorn lasciò le braccia della donna. Sospirò, aggrottando le sopracciglia.

— Speravo che sposasse Drede — mormorò. — Siete soli?

— Con il Falco Ter — disse Sybel. — Sei fortunato che non siano venuti i fratelli di Coren. Tamlorn, metà dell’Eldwold deve essere alla tua ricerca per un motivo o per l’altro. Non dovresti girare così imprudentemente per il Paese, come se rincorressi ancora a piedi nudi le pecore insieme a Nyl.

— Lo so. Ma Drede non mi lasciava venire e io desideravo vederti, per sapere… se tu… se tu ancora…

Lei sorrise.

— Se ti amo ancora, Tamlorn? — mormorò.

Lui annuì, aggrottando leggermente le sopracciglia, con aria afflitta.

— Devo saperlo, Sybel. — Si passò la mano sulla fronte, stancamente. — A volte sono ancora un bambino. Volete che vi porti nella stalla i cavalli?

Prese le redini, mormorando gentili parole agli animali mentre li conduceva al coperto.

Sybel si nascose la faccia tra le mani.

— Mi spiace di avergli fatto conoscere Drede — disse, tesa, a testa china.

Coren le scostò i capelli dalla guancia.

— Non potevi tenerlo protetto per sempre — le disse, in tono tranquillizzante. — Non era destinato a una vita tranquilla, e questo a causa sia della sua nascita, sia delle circostanze createsi nella Piana di Terbrec.

— Lo porterei con me nel Sirle — disse Sybel — ma lui non verrebbe. Ha bisogno di Drede. E non intendo usare Tamlorn per punire Drede.

Poi, accorgendosi di ciò che aveva detto, si interruppe bruscamente.

Sollevando gli occhi, vide che Coren la fissava con grande stupore.

— Punire Drede per che cosa? — chiese lui.

Sybel trasse un lungo respiro e sorrise.

— Oh, comincio a parlare come Rok ed Eorth, quando si fa il nome della Piana di Terbrec.

— Ti hanno dato fastidio?

— No. Sono stati molto gentili. Ma anch’io ho le orecchie, e ho sentito i loro discorsi carichi di odio.

Si chinò sul Leone Gules, pazientemente fermo davanti a lei, e lo fissò negli occhi dorati.

“Stai bene?” gli chiese.

“Certo, Bianca Signora, ma ho sentito una brutta storia che riguarda quel Re. Dimmi cosa devo fare, e io lo farò.”

“Non devi fare niente. Almeno per ora. Vi porto tutti nel Sirle.”

“Ce lo aspettavamo.”

Sybel si alzò in piedi; sulle labbra le compariva un sorriso tirato.

Coren le disse piano:

— A volte mi sembri così lontana. La tua faccia si trasforma… diventa come una fiamma chiara e immobile, potente, intoccabile.

— Non mi allontano mai più del suono del mio nome — gli rispose lei.

Poi gli prese la mano e si avviò con lui verso la casa.

— Il Leone Gules mi ha detto che già si aspettavano il trasferimento. Sono lieto che Rok si sia offerto di ospitare i miei animali.

— Rok, mia cara, non è uno sciocco.

Quando aprirono la porta, trovarono ad accoglierli il Cinghiale Cyrin, e Coren si fermò a salutarlo, con un sorriso.