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— Cyrin. Come vedete, sono riuscito a superare quella famosa montagna di vetro.

Il Cinghiale dalle setole argentee disse con la sua voce musicale:

— Lo ritenete davvero? O è stata la strega a toglierla di mezzo, per qualche suo particolare motivo?

— Certo, l’ho tolta io — disse Sybel, tranquilla. — Per un motivo a cui non potevo resistere. Cyrin, andiamo tutti nel Sirle.

Il Cinghiale disse mentalmente, rivolto alla sola Sybeclass="underline"

“Conosce quanto basta per indurlo a rivolgersi la domanda?”

“Non gli ho detto niente” rispose Sybel. “Non voglio che si preoccupi. Cerca di frenare la tua sapiente lingua.”

“E chi frenerà la lingua del Sapiente del Sirle, quando i suoi occhi ciechi si apriranno?”

Lei rimase in silenzio per un attimo, e strinse di più la mano di Coren.

“Ti chiedo solo di stare zitto. Se non sei in grado di farlo, e vuoi riavere la libertà, ti libererò.”

“Quando si è presi tra la domanda e la risposta non ci può essere libertà” disse il Cinghiale.

— Sybel… — disse Coren.

Sybel riportò l’attenzione su di lui.

— A volte, il Signore della Saggezza è alquanto irritante — gli spiegò, a bassa voce. — Ma tu lo sai.

— Sì, lo so. Ma solo per le menti irritate.

Lei lo guardò.

— Io non sono sempre sincera, Coren — gli disse.

— E ti amo anche per questo. Dimmi: che cosa ti ha detto, per irritarti così?

— No, mi sono irritata per cose che appartengono al passato. Nient’altro. Anch’io, come Tamlorn, a volte sono ancora una bambina.

Tamlorn giunse in quel momento, con il Falco Ter sulla spalla. Si chinò ad accarezzare Moriah, che si era già raggomitolata ai piedi di Sybel.

— Siete venuti a stabilirvi qui? — chiese, in tono speranzoso.

— No, Tamlorn — rispose lei. — Porto nel Sirle i libri e gli animali.

La mano con cui il ragazzo accarezzava la Gatta Moriah si immobilizzò. Lui disse piano, senza sollevare lo sguardo:

— Sybel, per me sarà difficile venire a trovarti laggiù. Ma forse potresti venire qualche volta a Mondor.

— Forse — disse lei, gentilmente.

— Inoltre…

Sollevò lo sguardo e si tolse i capelli dagli occhi.

— Posso parlarti in privato per qualche momento?

Sybel guardò Coren, che disse educatamente:

— Rimarrò qui, seduto accanto al fuoco, e chiacchiererò con il Cinghiale Cyrin.

— Grazie — disse Tamlorn, e, chinando le spalle, entrò con Sybel nella stanza con il soffitto di cristallo. Il Leone Gules li seguì silenziosamente. Sybel si sedette sul soffice tappeto di pelliccia e si tirò accanto a sé il ragazzo.

— Sei cresciuto — gli disse. — Adesso sei quasi alto come me.

Lui annuì, infilando distrattamente le dita nel folto tappeto. Poi aggrottò le sopracciglia.

— Sybel, sento molto la tua mancanza — disse. — E mi dispiace che tu abbia sposato Coren… non per lui, ma perché adesso, per tutti, noi non siamo più Sybel e Tamlorn, ma Sirle e Drede, che sono sempre stati nemici. Una volta le cose erano molto semplici, e adesso sono tanto complicate. Non so come andranno a finire.

— Non lo so neanch’io, Tamlorn. So soltanto che non farò mai niente che ti possa dare un dolore.

Lui la guardò, preoccupato.

— Sybel — chiese — di che cosa ha paura mio padre? Di te? Non mi lascia neppure pronunciare il tuo nome.

— Tamlorn, io non ho fatto niente contro di lui. Non ho fatto niente per impaurirlo.

— Non l’ho mai visto così — disse il ragazzo — e non so come aiutarlo. Non lo conosco da molto tempo, e ho paura di perderlo, così come ho perduto te.

Lei corrugò la fronte.

— Tu non mi hai affatto perduto. Io ti amerò sempre, indipendentemente da dove vivi tu e da dove vivo io.

Lui annuì, un po’ a disagio, storcendo le labbra.

— Lo so — disse. — Ma adesso è diverso, perché le persone che amiamo sono nemiche tra loro. Pensavo che tu rimanessi sul Monte Eld, e che avrei potuto venire a trovarti in qualsiasi momento, allontanandomi dal chiasso e dall’affollamento di Mondor e… di potermene stare qui, accanto al fuoco con il Leone Gules, o correre sulla montagna con Nyl e con il Falco Ter… solo per qualche ora, e poi tornare da Drede. “Pensavo che tu rimanessi sempre qui con gli animali. Ma adesso te ne vai, e li porti in un luogo dove non posso venire. Non pensavo che succedesse una cosa simile. Non pensavo che tu sposassi Coren. Anzi, avevo l’impressione che non ti piacesse affatto.”

— Anch’io — disse Sybel — non lo avrei mai pensato. Ma poi ho scoperto di amarlo.

— Be’, posso capirlo. Ma non so perché Drede non lo capisca. Tu non useresti mai i tuoi poteri per scatenare una guerra; l’hai detto tu stessa. Drede lo sa; ma c’è qualcosa che lo atterrisce… e a volte penso che si sia perduto dentro di sé.

Sybel trasse un lungo sospiro.

— Mi piacerebbe che tu fossi ancora piccolo come un tempo — disse — per poterti prendere in braccio e consolarti così. Ma sei cresciuto, e sai che per alcune cose non ci può essere consolazione.

— Oh, lo so. Ma… a volte non sono tanto cresciuto!

Lei sorrise, attirandolo a sé.

— Non lo sono neanch’io.

Tamlorn le posò la testa sulla spalla e si avvolse sulle dita una ciocca dei suoi chiari capelli.

— Sei felice a Mondor? — gli chiese lei. — Hai fatto molte amicizie?

— Oh, ho vari cugini della mia età — rispose il ragazzo. — Non avevo mai saputo che cosa sono i cugini. Mi sono stupito, nel trovarmi tanti parenti, mentre prima avevo soltanto te. Vado a caccia insieme a loro: vogliono bene a Ter, ma ne hanno paura, e lui non si lascia tenere da nessun altro.

“All’inizio mi prendevano in giro, perché c’erano tante cose che non sapevo. Tu e Maelga mi avete insegnato a leggere e a scrivere, ma non mi avete mai insegnato a usare una spada, o ad andare a caccia con i cani, o come si chiamavano i re di Eldwold prima di Drede. Ho saputo molte cose dell’Eldwold che tu non mi avevi mai detto. Ma su questa montagna ho imparato cose che laggiù non sanno. E tu… sei felice nel Sirle?”

— Sì. Anch’io, stando con la gente, imparo cose che Ogam non avrebbe saputo dirmi.

Ma Tamlorn non riusciva a togliersi dalla mente una preoccupazione.

— Sybel — disse, cercando le parole — perché mio padre ha detto che stavate per sposarvi? Me lo ha detto una sera, non molto tempo fa. Affermava che non doveva dirmelo, perché era un po’ troppo presto, ma che voleva vedere la mia faccia. Io l’ho abbracciato. Ero tanto contento; lui si è messo a ridere. Ma poi, l’indomani sera, quando gliene ho parlato di nuovo, mi ha fissato senza dire niente. Aveva un’aria malata… e invecchiata.

— Tamlorn… — cominciò a dire lei, ma s’interruppe perché si accorse che le tremava la voce. — Non aveva il diritto di dirtelo, perché io non gli avevo mai dato il mio consenso. Forse lui pensava che…

— Sì, ma quando te l’ha chiesto? Ti ha scritto?

— No.

— Non capisco. Mi pareva così sicuro… Forse ho capito male le sue parole. Ma di che cosa ha paura? Non ride mai. Parla con pochissime persone. Venendo qui, pensavo di poter scoprire l’origine delle sue preoccupazioni, ma mi sbagliavo.

— Mi spiace che ti preoccupi per Drede, ma non posso aiutarti. Le paure di Drede hanno origine solo da lui. Chiediglielo.

— Gliel’ho chiesto — rispose Tamlorn — ma non vuole rispondermi.

Abbracciò il Leone Gules, aggrottando la fronte.

— Nel viaggio di ritorno a casa, dovrò fare più attenzione di quando sono salito. Inoltre Drede sarà in collera con me. Ma sono contento di essere venuto e di averti parlato. Mi manchi, e mi manca anche Gules. Un giorno, penso, verrò a trovarti nel Sirle.