— Lo so.
— Allora, cosa hai pensato, per essere così allegro?
— Il Drago Gyld.
Lei lo fissò a bocca aperta.
— Gyld? Intendi dire… farci portare da lui?
Coren annuì. — Perché no? — chiese. — Fa’ conto che sia il Liralen. Mi sembra abbastanza robusto per portarci tutt’e due.
— Sì… ma cosa dirà Rok?
— Cosa si dice, quando ti atterra un drago nel cortile? — chiese lui. — Sybel, non possiamo fare molta strada a cavallo, e questa montagna non è più sicura per noi. Puoi lasciare liberi i cavalli, per poi chiamarli nel Sirle quando si saranno riposati.
— Ma nel Sirle non c’è un posto dove mettere Gyld.
— Troveremo qualcosa. Tutt’al più, potrebbe ritornare qui. Ne avrà voglia?
Lei annuì, ancora sorpresa.
— Oh, certo; gli piace volare — disse. — Ma Rok…
— Rok preferisce vederci vivi in groppa a Gyld che morti sul Monte Eld. Se tornassimo a cavallo, saremmo seguiti. Perciò, torneremo in volo con Gyld. Pensa, tra quelle stelle ci deve essere un silenzio ancor più profondo di quello che regna sul Monte Eld: non hai voglia di ascoltarlo? Prenderemo le stelle e le porteremo nel Sirle, andremo a ballare sulla luna…
Lei sorrise, esitante.
— Ho sempre desiderato volare… — disse.
— Certo. E se non puoi volare sul Liralen, fa’ un fiammeggiante volo notturno sul Drago Gyld.
Sybel chiamò il Drago, e Gyld uscì dalla caverna e arrivò fino a loro volando lentamente tra gli alberi. La sua enorme sagoma scura coprì lo sfondo delle stelle. Sybel lo fissò nella profondità dei suoi occhi verdi.
“Sei in grado di portare sul dorso” gli chiese “un uomo, una donna e due sacchi di libri?”
Nella mente del drago si accese un tremolio di gioia, come la prima fiamma scaturita dall’esca di un acciarino.
“Per sempre.”
Attese pazientemente che Coren gli legasse i libri alla schiena, assicurandoli con vari giri di corda alla base del collo e all’attaccatura delle ali. Si sollevò leggermente da terra, in modo che Coren potesse passare la corda anche sotto di lui. Nella notte, i suoi occhi brillavano come gioielli e le sue scaglie mandavano riflessi dorati.
Infine, Coren fece sedere Sybel in mezzo ai due sacchi di libri e si sedette a sua volta davanti a lei, tenendosi alla corda che passava sotto il collo del Drago. Si voltò a guardare Sybel.
— Stai comoda? — le chiese.
Lei annuì, e intanto si rivolse mentalmente a Gyld:
“Le corde ti danno fastidio?”
“No.”
“Allora, possiamo partire.”
Le grandi ali si aprirono, nere sullo sfondo delle stelle. La grande massa del drago si sollevò lentamente, in un modo che aveva dell’incredibile, allontanandosi progressivamente dalla terra e dagli alberi fruscianti.
Una volta staccatisi da terra, l’aria li colpì come una frusta, gonfiando il loro mantello e premendo contro il loro petto. Coren e Sybel contemplarono muti l’immenso gioco di muscoli sotto di loro e lo sforzo dell’ala contro l’aria.
Poi provarono la gioia del volo pieno, dell’immersione nel vento e nello spazio quando il Drago scese in picchiata verso la pianura: una discesa nell’oscurità che li portò al di là della paura e della speranza, e che destò in Coren un improvviso scoppio di risa.
Poi tornarono ad alzarsi fino a raggiungere le stelle, con le grandi ali che si aprivano una strada nell’oscurità. La luna piena, bianca come il ghiaccio, volava accanto a loro, tonda e perplessa come l’unico occhio rimasto desto di una bestia stellata del buio.
Lo spettro del Monte Eld si rimpicciolì dietro di loro; la grande cima si raggomitolò, addormentata e sognante dietro le proprie nebbie. In basso il suolo era nero, a eccezione dei riflessi di luce che fiammeggiavano come un secondo firmamento.
Una volta oltrepassata la città di Mondor, il vento cadde e cessò, e il Drago procedette nel silenzio di una notte fresca e nero-azzurra che pareva la notte immobile dei sogni, priva di dimensione, eterna e spruzzata di stelle.
Infine scorsero, nel sottostante cuore di tenebre, la casa del Signore del Sirle, illuminata dalle torce.
Si posarono dolcemente al centro del cortile. Un cavallo, fermo a poca distanza da loro, nitrì terrorizzato. Dalla sala principale del castello giunse il gutturale latrato dei cani.
Coren calò a terra rigidamente, ridendo come un folle, e aiutò Sybel a scendere. Lei lo abbracciò per un attimo, rabbrividendo per il freddo, e sentì che il Drago Gyld cercava di mettersi in contatto mentale con lei.
“Gyld” gli disse “sta’ calmo”.
“Arrivano uomini con torce. Devo…?”
“No. Sono amici” disse Sybel. “Semplicemente, non si aspettavano il nostro arrivo. Nessuno cercherà di farci del male. Gyld, è stato un volo pazzesco.”
“Ti è piaciuto?”
“Moltissimo.”
— Rok! — gridò Coren, rivolto alla figura del fratello, che, illuminata dalle torce, si dirigeva verso di loro con i cani che gli sciamavano dietro, ringhiando. I bambini si affollarono sulla soglia, poi scapparono via quando accorsero Ceneth ed Eorth.
— Rok, abbiamo un ospite!
— Coren — disse Rok, trafitto dagli occhi lucenti e imperscrutabili del Drago. — In nome del Sopra e del Sotto, dove lo metteremo?
Coren afferrò per il collare uno dei cani, prima che mordesse l’ala del Drago.
— Ho pensato anche a questo — disse allegramente. — Possiamo tenerlo in cantina, insieme con il vino.
9
Rimasero nella grande sala fino a tardi, seduti al tavolo insieme a Rok, Ceneth ed Eorth, finché la casa non tornò nel silenzio e i cani non si furono addormentati ai loro piedi.
Coren parlò dell’incontro con Tamlorn e con le guardie di Drede, e Rok lo ascoltò in silenzio, facendo girare lentamente, tra pollice e indice, una coppa di vino.
Quando Coren ebbe finito, Rok emise un brontolio.
— Il ragazzo, Tamlorn, è ancora un po’ troppo morbido — disse. — Mi chiedo che cosa avrebbe fatto Drede, se fosse stato presente.
— Avrebbe fatto quel che gli avrei ordinato di fare — disse lei.
Gli occhi scuri di Rok guizzarono su di lei.
— Sareste riuscita a controllarli tutti? — le chiese il Signore del Sirle.
— No. Ci avrebbero sopraffatto — disse lei. — Ma non sarebbe stato uno scontro piacevole, per loro.
— Però, avreste potuto controllare il Re.
— Rok… — mormorò Coren, e il fratello si affrettò ad abbassare gli occhi e ad appoggiarsi contro lo schienale della sedia.
— Comunque — concluse — sono lieto che abbiate fatto ritorno sani e salvi. Sono stato uno sciocco a lasciarvi andare, pensando che poteste comportarvi come una normale coppia di marito e moglie e che poteste muovervi spensieratamente nell’Eldwold, come due fanciulli.
Coren alzò le spalle.
— È stato meglio così. Se Eorth ed Herne ci avessero accompagnato, nella casa di Sybel sarebbe scoppiata una piccola guerra, e in questo momento saremmo tutti a Mondor a leccarci le ferite, compresi gli animali. Inoltre, anche ammesso che fosse riuscito a trattenersi dal combattere, Eorth si sarebbe rotto l’osso del collo cadendo dal Drago durante il viaggio di ritorno. Eorth si riempì la coppa.
— Se non altro, non sarei stato così sciocco da lasciarmi intrappolare in un angolo da tre guardie di Drede. Con tutto il rumore che devono avere fatto risalendo il sentiero, ti saresti dovuto accorgere in tempo del loro arrivo.
Coren arrossì.
— Lo so — disse. — Avrei dovuto sentirli. Ma mi ero distratto. Il Cinghiale Cyrin mi stava raccontando della volta in cui incontrò la strega Carodin nella sua torre senza porte e rispose a sei delle sue sette domande, per poi scoprire che neanche lei sapeva rispondere all’ultima.