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I suoi libri erano schierati in ordine sugli scaffali, lungo le pareti, e il metallo e le gemme delle loro rilegature erano accarezzati dalle dita di luce che giungevano dalle finestre affacciate su tre lati. Dimenticato il Sirle, intenta a inviare per mille tese un richiamo che si spegneva sempre senza cogliere il bersaglio, senza risposta, senza trovare la preda, non vide Coren finché non si fu seduto davanti a lei e non ebbe pronunciato il suo nome:

— Sybel.

Lei ritirò la mente dalle lontane regioni in cui si era inoltrata allora per la prima volta, e fissò Coren in silenzio, battendo leggermente gli occhi.

— Coren, mi dispiace… non ti ho sentito entrare. Stavo chiamando il Liralen. Sto cercando in posti talmente lontani da non avere nome, eppure ho l’impressione che sia molto vicino; credo che a volte abbia perfino risposto, solo che io non sono riuscita a sentirlo.

— Sybel… — cominciò lui. Poi s’interruppe, aggrottando le sopracciglia in uno dei suoi rari istanti di preoccupazione. Lei allungò la mano e gli accarezzò le rughe sulla fronte.

— Che c’è?

Lui le prese la mano; le chiuse le dita fra le sue.

— Sybel, i miei fratelli parlano di guerra. Rok ha inviato messaggi ai nostri fittavoli di confine dicendo loro di lucidare l’armatura e di ferrare il cavallo da guerra, e ha mandato Bor ed Eorth dai piccoli signori dell’Eldwold che sono legati al Sirle da concessioni di terre e di favori.

“Gli ho chiesto perché faccia così; gliel’ho chiesto spesso, e lui ogni volta ride e dice che Drede deve avere paura di noi, perché, se così non fosse, mi avrebbe ucciso quel giorno, sul Monte Eld.

“Gli ho chiesto su che alleati può contare, e perché vuole rischiare la nostra vita e le nostre terre per una battaglia che non sarà altro che una seconda Terbrec, ma lui dice che farà ballare l’esca del potere davanti agli occhi del Signore di Hilt, che è nonno tuo e di Tamlorn.

“Mi ha detto che non si aspetta che io combatta contro Drede, padre del ragazzo che è stato allevato e amato da mia moglie, ma io non posso starmene tranquillo a sedere mentre i miei fratelli vanno alla morte.

“Perciò sono venuto da te, per vedere come mi guarderai quando ti dirò che combatterò con loro.”

Lei trasse un profondo sospiro e lo fissò negli occhi.

— Giunge così all’improvviso, questa guerra.

— Fin troppo. Rok dice che coglieremo Drede impreparato, dal momento che non se l’aspetta, ma io credo che quell’uomo amareggiato sia sempre stato pronto a combattere, in ogni momento della sua vita, e che il Leone del Sirle viva nel mondo dei sogni.

“Sybel, sei in collera con me? Sai che non vorrei combattere contro Drede e contro Tamlorn, soprattutto in una guerra futile e disperata come questa. Ma se io resterò al sicuro dietro queste mura, e i miei fratelli moriranno in battaglia, so già che rivedrò le loro facce e che sentirò la loro voce chiamarmi nei sogni, fino al giorno della mia morte.

“Mi potrai perdonare? O puoi darmi una ragione per non combattere, una ragione che valga anche al di là della morte dei miei fratelli?”

— No — bisbigliò lei. — Solo che ogni gioia, per me, sparirà dalla terra, se tu sarai ucciso. Coren, forse il Leone del Sirle non sta sognando. Forse Rok ha ragione e il Sirle sconfiggerà Drede, e nessuno sarà ucciso.

Lui scosse la testa, profondamente afflitto, disperato.

— Sybel, degli uomini moriranno. Forse non i miei fratelli, ma uomini del Sirle. Sulla Piana di Terbrec li ho sentiti piangere per le ferite, con voci stanche e spezzate, mentre io continuavo a combattere, e alla fine non sono più riuscito a capire, nella polvere, nel calore e nell’abbagliante luccichio del metallo, se erano veramente voci umane o se non si trattava della voce rotta e piangente dei miei pensieri, che mai più, in seguito, avrebbero riacquistato la sanità.

“Adesso, la stessa cosa pare destinata a ripetersi. Rok è pazzo. Io glielo ho detto, ma lui mi ha semplicemente risposto che nessuno mi obbliga a combattere. Ma sa benissimo che combatterò.”

— Non mi sembra che sia impazzito — disse lei, gentilmente. — Forse sa qualcosa che tu non sai.

— Spero di sì, per il bene di tutti.

Alzò una mano, le seguì con le dita il profilo dei capelli.

— Non sei in collera — disse poi. — Temevo che lo fossi. Temevo che mi lasciassi, che ritornassi sul Monte Eld.

— E cosa avrei trovato sull’Eld, oltre a una casa vuota? Coren, quando ti ho sposato, già sapevo che un giorno, prima o poi, ti avrei visto partire, e che avrei dovuto aspettare il tuo ritorno qui, dentro queste antiche pietre, come la moglie di Rok e la moglie di Eorth, senza sapere se mai ti avrei rivisto. Però, non mi aspettavo che succedesse ora, così presto.

— Anch’io — disse Coren — non mi aspettavo che Rok facesse una cosa simile; pensavo che potessimo vivere pacificamente per anni, prima che succedesse questo.

— Lo so — disse Sybel. — Ma le cose si sono ingarbugliate e ora non so più dire dove sia l’inizio del filo degli eventi. Perciò, tu devi fare quello che devi fare, e io… quello che devo fare io.

— Mi spiace — mormorò lui.

— No. L’unica cosa di cui dovresti dispiacerti sarebbe di morire, perché in tal caso io ti seguirei immediatamente.

— No.

— Sì, invece. Non ti lascerò vagare tra le stelle da solo.

Lui sorrise con timidezza, inghiottendo a vuoto. Le toccò le labbra, poi gliele baciò delicatamente. L’abbracciò, accarezzandole i capelli, e lei gli ascoltò il lento battito del cuore. Continuarono a sedere in silenzio, immobili nella macchia di luce, finché Coren non si staccò.

Si alzò in piedi e aiutò ad alzarsi anche Sybel. Poi disse, guardando fuori della finestra, da dietro la spalla di lei:

— Sybel, il Cinghiale Cyrin sta arrivando dai campi. Dovremmo scendere ad aprirgli.

L’argenteo Cinghiale li attendeva alla porta posteriore e le sue zanne splendevano alla luce del mezzogiorno. Rimase fermo per un attimo, ansimando contro i piedi di Sybel e guardandola con i suoi occhietti rossi; poi le disse con la sua voce flautata:

— Il gigante Grof fu colpito all’occhio da una pietra, e quell’occhio si voltò all’interno, in modo che poté guardargli nella mente. Di quel che ci vide, lui morì.

Sybel s’irrigidì. Coren fissò il grande Cinghiale, senza capire. Si voltò verso Sybel, e lei gli lesse negli occhi la domanda, e uno sguardo di sorpresa. Non trovò la risposta a nessuno dei due; perciò si limitò a tenere aperta la porta. Cyrin la varcò ed entrò nel giardino.

10

Sybel spostò per tutto l’Eldwold, come pezzi degli scacchi, i signori di Niccon e di Hilt, portandoli dai loro territori al castello del Signore del Sirle. Là essi si fermarono, sbattendo gli occhi come dopo un sogno, e Rok, sorridente, diede loro il benvenuto nella sua casa.

Mezzogiorno e sera, la casa di Rok cominciò a riempirsi di uomini che sedevano a tavola con cotte di cuoio e acciaio, con coltelli alla cintura, e che parlavano a bocca piena delle battaglie a cui avevano preso parte e delle cicatrici portate a casa come ricordo.

Nei cortili del castello echeggiava il sordo battere dei martelli: venivano forgiate le spade, riparati gli scudi, fissate punte di lancia a lunghi manici di frassino chiaro e dritto, costruiti carri, riparati finimenti e selle per i cavalli da guerra dalle zampe possenti.

Tutto questo fu visto da Horst Signore di Hilt e poi da Derth Signore di Niccon, un giovane dai capelli color del fuoco che aveva giurato eterna fedeltà a Drede, a nome suo e dei suoi discendenti: entrambi videro i preparativi e, rimirandoli nel proprio cuore, li trovarono buoni.