“Ter, tu difenderai Tamlorn. Moriah, Gules e Cyrin, voi dovrete comparire all’esercito di Drede, prima e durante la battaglia, allontanando gli uomini dal loro posto grazie alla magia dei vostri occhi e della vostra bellezza.
“Gyld, tu resterai con me finché Drede non sarà stato sconfitto: poi mi porterai il Re, nella torre del mago di Mondor.
“Tenetevi discretamente fuori vista, finché l’esercito non sarà pronto a muoversi. E state lontano dagli uomini di Rok. Non correte rischi inutili, salvo che per proteggere Tamlorn e, se lo giudicate necessario, per proteggere Coren.
“Tu, Ter, non toccare Drede. A meno che non sia ucciso in battaglia, voglio che giunga a me vivo.”
Il vento soffiò piano nella notte silenziosa. Sybel, sentendosi improvvisamente stanca, tacque per qualche istante, poi tornò a rivolgersi ai suoi animali.
“Le leggende che parlano di voi sono innumerevoli, ma tutte risalgono al passato. Di quel che farete in questa battaglia, gli arpisti parleranno per anni, toccando con meraviglia le corde dei loro strumenti, e i vostri antichi illustri nomi echeggeranno ancora, onorati e riveriti, tra le pareti di pietra delle corti degli uomini, con un suono puro come quello dell’oro fino.”
Tacque di nuovo, e in un solo istante sentì il rapido, pulsante battito dei pensieri di Ter, i gioielli perduti dei ricordi di Gules e di Moriah, la serena acquiescenza della mente lunare del Cigno Nero, le tortuosità del pensiero corrusco di Gyld, e, nella mente di Cyrin, il costante incalzare degli interrogativi, uno dopo l’altro, infiniti, intessuti senza posa dal filo sottile dei suoi pensieri.
Si staccò da loro, esausta, e, mentre attendevano silenziosamente accanto a lei, si riposò per qualche istante. Poi cominciò a sentire le loro domande.
“Vuoi che uccidiamo gli uomini di Drede?” chiese Moriah. “Oppure dovremo lasciarli liberi, dopo un certo periodo?”
“Non voglio la loro vita. Per qualche tempo fateli girare in tondo, poi lasciateli andare.”
“Perché non mi lasci combattere?” chiese il Drago Gyld. “Potrei disperdere l’esercito di Drede passandoci sopra una sola volta!”
“No. Spaventeresti anche gli uomini di Rok. Aspetta pazientemente insieme a me.”
“Sul Monte Eld” disse il Cigno “potrebbero essere appostati degli uomini. Dove dovremo andare, allora?”
“Allora” disse Sybel “porterai Tamlorn nel Sirle. Ma prima portalo sul Monte, e aspettami lì, se non c’è pericolo.”
“Che cosa intendi fare di Drede?” chiese il Falco Ter.
“Niente. Solo fissarlo negli occhi, una volta che sarà tutto finito, una volta che non gli sia rimasto niente… né il potere né la corona, e neppure Tamlorn a consolarlo. Mithran è stato fortunato, rispetto a lui. Ma forse, ancor prima di quel momento, sarà impazzito.”
“E cosa intendi fare di te, dopo?” chiese il Cinghiale Cyrin.
Sybel lo fissò negli occhi rossi e tacque. Le foglie si mossero nel vento, sopra di lei, come per un improvviso soffio di brezza, poi si immobilizzarono. Infine, lei mormorò a se stessa:
— Non lo so.
Qualche giorno più tardi, nella sala del castello fece il suo ingresso una donna magra e alta, dal naso lungo, con ricchi anelli alle dita e i capelli in disordine, bianchi e ricciuti. Entrò così silenziosamente che giunse al fianco di Rok senza che nessuno la notasse, mentre lui sedeva a pranzo, con Lynette da un lato e Bor all’altro.
La vecchia lo tirò per la manica; Rok si voltò, sorpreso, e si vide fissare da due occhi grigi come l’acciaio.
— Dov’è Sybel?
— Sybel? — ripeté lui.
Fece correre lo sguardo lungo la tavola.
— Dev’essere uscita — disse. — Probabilmente è con Coren. Forse sono… Vecchia, chi siete? Volete accomodarvi con noi? Non vi ho sentito entrare.
Dopo essersi guardata attorno, lei tornò a fissarlo.
— Oh, sono solo un vecchio spaventapasseri dall’occhio acuto: la fattucchiera del Monte Eld. E voi dovete essere il Leone del Sirle. Avete davvero un’incantevole famiglia, tutti questi bambini dalle guance di pesca e tutti questi fratelli di nobile aspetto. Ho fatto una tale camminata dal Monte Eld a qui…
— Una camminata! — esclamò Rok. Al suo fianco, Bor si alzò educatamente in piedi.
— Accomodatevi, Signora. Mangiate qualcosa con noi.
Lei gli sorrise, e si passò le mani sulle tempie per ravviarsi i capelli.
— Davvero gentile… — disse sedendosi. E poi: — Oh, che sollievo. Sono Maelga, la madre di Sybel.
Alla sua destra, Ceneth, che stava bevendo una coppa di vino, emise un suono strangolato.
Maelga si voltò verso di lui.
— Sono l’unica madre che abbia avuto — disse. — Ma forse pensate che, come madre, una strega di montagna non possa essere un granché.
— Sono certo che siate stata meglio di niente — azzardò Ceneth, debolmente. Rok lo fissò e lui arrossì.
— Be’, non ne sono tanto sicura — disse Maelga candidamente, frugando in un piatto di noci e di frutta secca. — Altrimenti, non avrei dovuto fare tutta quella strada dal Monte Eld al Sirle per scoprire perché il Cinghiale Cyrin è venuto a trovarmi, sbuffando, per raccontarmi una storia incredibile.
Poi, accorgendosi che Rok si guardava attorno e che tutti facevano una faccia preoccupata e incuriosita, aggiunse:
— Oh, non sarà mica un segreto?
— Vecchia, che cosa volete? — chiese Rok, piano.
Maelga sospirò.
— Albicocche secche, con dentro una lacrima di miele… quando vedo i dolci, ridivento bambina. Vedete, Rok, io ho fatto molte cose, al crepuscolo; cose oscure, a lume di candela, di cui è meglio parlare a voce bassa. Sono una vecchia con la mania di ficcare il naso negli affari degli altri, e la gente mi dà anelli e pellicce e bei fazzoletti di seta. Io intesso le mie stoffe su un piccolo telaio, con fili di colori semplici. Ma Sybel… adesso intesse una trama con un telaio grande come l’Eldwold e usa fili di vivo scarlatto.
— L’ha scelto lei.
— Sì, ma il mio vecchio cuore si spaventa. Si è spaventato anche Cyrin, che è un Cinghiale tanto vecchio e saggio.
“Rok, voi, quando la guardate, vedete una donna bella e decisa, che, grazie ai suoi poteri, è la stella della fortuna venuta a splendere sul Sirle. Io invece vedo una bambina con una ferita infiammata che finirà certamente per portarla alla morte.”
Rok posò lentamente la coppa sul tavolo. Maelga lo guardò, inarcando le sopracciglia, appoggiando il mento sulle dita coperte di anelli.
Rok rimase in silenzio per qualche istante, tamburellando con le dita sulla coppa d’argento.
— È vero — disse alla fine, a voce bassa, in mezzo al vociare della sala. — Sta intessendo un arazzo vivo, in cui compare lei e compaiamo anche noi, oltre al Re di Eldwold e ai suoi vassalli. Ma ormai si è spinta troppo avanti per potersi fermare, e lo stesso vale per me.
“Sybel non è una bambina: ha progettato questa campagna con me, un passo dopo l’altro, e ha mantenuto il segreto perfino con Coren.
“Io lo faccio per avere il potere; è un gioco che mi è stato insegnato dai miei antenati e lo giocherò finché il gioco stesso non mi ucciderà. Anche Sybel sta giocando la sua partita di potere: non per ottenerne, e neppure per la fama, ma per avere una sorta di cupo trionfo su Drede e anche su Mithran.
“Quando l’avrà ottenuto, lei tornerà a vivere tranquillamente con i suoi animali e con Coren. A me invece non basta sapere che il Sirle può sconfiggere Drede. Io devo agire di conseguenza, e poi continuare ad agire per conservare il mio potere.
“Ma Sybel è più fortunata. Può raggiungere un grande potere e poi buttarlo via, accontentandosi di sapere che, se volesse, potrebbe riaverlo.