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“Se così non fosse, io ne avrei paura quanto Drede. Ma in lei c’è anche posto per l’amore: l’amore per Coren, per i bambini, per le cose semplici e tranquille della vita. Credo che questo glielo abbiate insegnato voi, Maelga, quando le avete voluto bene. Non preoccupatevi. Si vendicherà e poi sarà soddisfatta.”

Maelga l’ascoltò senza dire niente, con il mento appoggiato alle mani ingioiellate. Poi abbassò le braccia e disse:

— Non sono mai riuscita a parlare con i leoni… non riesco a ringhiare. Dov’è Sybel?

— Potrebbe essere con gli animali. La manderò a chiamare.

— No. — Maelga si alzò in piedi. — Ditemi dove la posso trovare. Ci andrò da sola.

— Vi accompagnerò, e poi vi lascerò sole.

Spostò la seggiola e si alzò in piedi, poi guidò Maelga fra i tavoli, attraverso la sala.

— Ma se Coren è con lei — l’avvertì Rok — parlate del clima, delle costellazioni celesti o di come non abbiate voluto accettare cibo alla tavola del Signore del Sirle. Coren non sa niente; Sybel ci tiene a non farglielo sapere.

La trovarono nel giardino: c’era anche Coren, ed entrambi ridevano, accanto al laghetto, mentre il Cigno Nero prendeva dalle mani di lui pezzetti di pane. La Gatta era stesa pigramente al sole caldo; il Cinghiale Cyrin grufolava oziosamente tra l’erba, all’ombra di un albero frondoso.

Nel sentire il rumore del cancello che si chiudeva, Sybel si voltò verso Maelga. Il suo sorriso si trasformò in un’espressione di stupore.

— Maelga!

Coren si voltò, lanciò nell’acqua i resti del pane e seguì Sybel, che intanto le gettava le braccia al collo.

— Sono contenta di vederti.

— Bambina mia, sei diventata così… così radiosa! Fatti guardare.

Si tirò indietro di un passo, per ammirarla. Poi le disse:

— Non sei scesa a trovarmi, quando sei venuta sul Monte.

— Come sai che…

— Me l’ha detto il Cinghiale Cyrin. Mi ha detto molte cose.

Lo sguardo di Sybel si rabbuiò. Guardò il marito, che le sfiorò la guancia con la mano.

— Me ne vado. Vi lascio parlare.

Lei gli sorrise.

— Grazie, Coren. Sono solo chiacchiere di donne.

— Quando una delle due è una strega e l’altra è una maga, permettimi di dubitarne — disse luì.

Ma si allontanò. Le due donne si guardarono per qualche istante, senza parlare. Poi Maelga incrociò le braccia e chiese:

— Bambina, cosa stai facendo?

Sybel sospirò.

— Siediti — disse. — Come sei arrivata fin qui?

— Con le mie gambe.

— Oh, Maelga, avresti dovuto prendere un cavallo.

— Avevo paura della persona a cui avrei dovuto rubarlo…

Si sedette accanto a Sybel, sull’erba, sotto un melo dai robusti rami.

— Cyrin mi ha riferito una storia che gli è stata raccontata dal Falco Ter: la storia di un Re e di un falco dalle bianche ali, chiuso in una torre…

Sybel guardò severamente l’argenteo Cinghiale.

— La saggezza che non ha mai imparato il silenzio — gli disse — è tanto più sgradevole quanto meno è richiesta.

— Perché non mi hai parlato di quello che ti ha fatto Drede? — chiese Maelga.

Sybel serrò le labbra.

— Perché la cosa mi faceva troppo male — disse. — Perché la mia collera arrivava fino al profondo del cuore e non c’erano parole che potessero esprimerla. Quel piccolo Re voleva…

Si chinò sull’erba e prese a strapparne nervosamente i fili.

— Né le tue parole né quelle di Cyrin saranno sufficienti a fermarmi.

— Sybel — disse Maelga — non so cosa intendi fare, ma so che Tamlorn è venuto da me, due giorni fa…

— Tamlorn?

— Aveva paura. Ha detto che la guerra stava ribollendo in tutto l’Eldwold contro suo padre, e che il Re dava la colpa a te. Ha detto che alcuni feudatari che avevano promesso di aiutare suo padre si erano improvvisamente alleati al Sirle, senza ragione. Ha detto che il Re cammina come una statua di pietra.

“Sybel, mentre mi raccontava queste cose, sedeva accanto al mio focolare con gli occhi sbarrati, senza battere ciglio, con le mani appoggiate sulle braccia e l’espressione di un morto. Non gli erano rimaste più lacrime.”

Sybel prese un filo d’erba e lo fissò a lungo senza guardarlo. Poi rabbrividì.

— Il mio povero Tamlorn… ma presto finirà.

— E che cosa succederà, poi?

— Drede perderà il trono. Forse anche la ragione. Forse la vita.

— E Tamlorn?

— Rok lo nominerà Re. Presto sposerà la figlia di Herne, Vivet, e da loro sorgerà la dinastia dei Re di Eldwold e del Sirle.

— E Coren? Mi hanno detto che non sa niente di tutto questo.

— Maelga, così come farò quel che potrò per distruggere Drede, farò quel che potrò per tenere Coren all’oscuro di quanto sto facendo…

— E in che modo? Distruggendogli nella mente un paio di pensieri?

Sybel fece una smorfia di dolore. Lasciò cadere la testa sulle ginocchia, per sottrarsi agli occhi grigi e penetranti di Maelga.

— No — disse. — Non lo farò più. L’ho fatto una volta. Una volta sola. E non voglio più farlo. Piuttosto di rifarlo, preferirei perderlo.

“Maelga, ho fatto un passo nel buio e non mi tirerò indietro per nessuna parola dell’Eldwold. Sono felice di vederti, ma adesso ho l’impressione che tu non sia altrettanto felice di vedere me. Sono stata ferita, e adesso devo restituire il colpo. Punto e basta. Mi spiace per Tamlorn. Ma è l’unica cosa di cui mi dispiaccia.”

— Tu non capisci — sussurrò Maelga. — Bambina, Tamlorn ama quell’uomo. Drede è l’unico al mondo che possa guardare negli occhi Tamlorn e dargli il suo orgoglio. E tu lo stai spingendo alla follia davanti agli occhi del ragazzo.

— Che importa? — ribatté Sybel.

Si alzò in piedi di scatto, volgendo il viso verso la brezza del pomeriggio, e il vento le agitò i capelli e glieli annodò dietro, inquieti.

— Deve trovare da solo il proprio orgoglio, Maelga.

Si coprì la faccia con le mani e sentì scorrere tra le dita le lacrime. Si strofinò gli occhi.

— Non posso perdonarlo — mormorò. — Mi piange il cuore per Tamlorn, ma non posso. E non voglio. Non piango per me. Soltanto per Tamlorn. E lui… ne attribuisce la colpa a me?

— Sospetta che qualche azione di Drede ti abbia fatto inquietare. Ma non crede… non vuole credere che tu abbia spaventato Drede fino a questo punto, perché sai che lui lo ama.

“Oh, certo, nel suo intimo vede certe cose, e chiude gli occhi del cuore per non vederle, come fanno i bambini per non vedere il buio. Ma quando dovrà per forza aprire gli occhi, Sybel, che cosa gli dirai? Che conforto gli darai? Il suo cuore cercherà di fuggire ogni contatto, come un animale ferito.”

— È colpa di Drede — disse Sybel.

Poi scosse bruscamente la testa.

— No. È anche colpa mia. Ma Drede non avrebbe mai dovuto cercare di rovinarmi.

— E adesso ci sta riuscendo — commentò Maelga.

Sybel si voltò verso di lei e la fissò, aggrottando la fronte.

— Può darsi, ma adesso l’ho scelto io. Drede è stato uno sciocco, e lo è stato anche Mithran, perché hanno sottovalutato la donna dai capelli color dell’argento che erano riusciti a catturare. E nessuno di loro ripeterà l’errore.

S’interruppe per qualche istante, poi aggiunse, in tono più gentile:

— In questo periodo sono dura e ostinata. È impossibile farmi retrocedere. Maelga, parliamo d’altro, di piccole cose. Mi spiace di non essere potuta passare da te quella sera, ma le guardie di Drede ci avevano scoperto, quando sono venute a cercare Tamlorn, e ci è parso meno rischioso andarcene senza passare da te, perché forse avevano lasciato degli uomini per sorvegliarci.