Potei vedere che uno di essi imbracciava un fucile d'assalto, e se già fosse passata la mezzanotte suppongo che egli avrebbe sparato, con esso, per uccidermi. Ma il fucile d'assalto produce un forte rumore, e questo avrebbe dovuto essere spiegato. Perciò avevano usato una pistola sonica. A intensità di paralisi, una pistola sonica può raggiungere il suo campo di risonanza solo entro trenta metri, non di più. Non so quale portata abbia a intensità letale, ma non ne ero stato molto lontano, da quel limite massimo, perché ero piegato in due, come un bambino sconvolto dalla nausea. Trovavo difficile respirare, perché il campo indebolito mi aveva raggiunto al petto. Poiché ben presto ci sarebbe stata una barca a motore, con la quale essi sarebbero venuti a finirmi, non potevo perdere dell'altro tempo curvo sui miei remi, ansante e tremante. Le tenebre si stendevano dietro di me, davanti alla barca, e nelle tenebre io dovevo remare. E remai con braccia deboli, guardando sempre le mani, per assicurarmi d'impugnare i remi, perché non potevo sentire né le mani, né la stretta, tanta era la paralisi che mi intorpidiva. Arrivai così in acque gonfie e inquiete, e nelle tenebre scure, e fui nel Golfo aperto. Là dovetti fermarmi. A ogni bracciata, la debolezza nelle mie braccia aumentava. Il mio cuore continuava a battere disordinatamente, e i polmoni avevano dimenticato come fare per procurarsi l'aria. Cercai di remare, ma non fui sicuro che le mie braccia si stessero muovendo. Cercai di tirare i remi in barca, allora, ma non potei farlo. Quando il faro di un guardiacoste del porto mi centrò, nella notte, facendomi risaltare come un fiocco di neve nel catrame, non riuscii neppure a distogliere gli occhi dalla luce impietosa.
Staccarono le mie mani dai remi, mi issarono a braccia per togliermi dalla barca, e mi posarono, come un pesce morto, sul ponte del guardiacoste. Sentii che mi guardavano, ma non riuscii a capire bene quel che dicevano, se non una voce, quella del capitano, lo riconobbi dal tono di voce; lui disse — non è ancora la Sesta Ora — e di nuovo, rispondendo a un'altra voce — e questo che cosa importa, a me? Il re lo ha esiliato, io seguirò gli ordini del re, e non di uomini inferiori.
Così, opponendosi agli ordini trasmessi per radio dagli uomini di Tibe rimasti a riva, e opponendosi alle argomentazioni del suo secondo, che temeva certo una ritorsione, quell'ufficiale della Guardia Costiera di Kuseben mi portò attraverso il Golfo di Charisune, e mi posò a riva, sano e salvo, nel Porto di Shelt, in Orgoreyn. Se questo lo avesse fatto per shifgrethor, contro gli uomini di Tibe che erano capaci di uccidere un uomo disarmato, o per gentilezza d'animo, non lo so. Nusuth. - Ciò che è ammirevole è inesplicabile.
Mi alzai in piedi quando la costa Orgota diventò grigia nella nebbia del mattino, e mi costrinsi a muovere le gambe, e camminai, dalla nave alle strade del porto di Shelt, ma quando fui là, in un punto che non ricordo, caddi di nuovo. Quando mi svegliai mi ritrovai nell'Ospedale Commensale della Zona Costiera di Charisune Numero 4, Ventiquattresima Commensalità, Sennethny. Di questo fui subito certo, perché era inciso, o intagliato, in caratteri Orgota all'estremità del letto, sulla lampada accanto al letto, sulla tazza di metallo sul comodino, sugli hieb degli infermieri, sulle coperte del letto, e sul pigiama che io indossavo. Un medico venne e mi disse:
— Perché avete resistito al dothe?
— Io non ero in dothe — dissi. — Ero in un campo sonico.
— I vostri sintomi erano quelli di una persona che ha resistito alla fase di rilassamento del dothe. — Era un vecchio medico deciso, dall'atteggiamento dominatore, e alla fine mi fece ammettere che avrei potuto anche usando la forza del dothe per combattere la paralisi, remando, senza rendermi chiaramente conto di averlo fatto; e poi quel mattino, durante la fase di thangen nella quale è necessario rimanere immobili, mi ero alzato e avevo camminato e così, per poco, non mi ero ucciso. Quando tutto questo fu stabilito in modo per lui soddisfacente, mi disse che avrei potuto lasciare l'ospedale tra un paio di giorni, e proseguì verso il letto successivo. Dietro di lui venne l'Ispettore.
Dietro ogni uomo, in Orgoreyn, viene l'Ispettore.
— Nome?
Non gli chiesi il suo. Dovevo imparare a vivere senza ombre, come si vive in Orgoreyn; non offendermi inutilmente. Ma non gli diedi il mio nome completo, tralasciai il nome della mia terra, che non è affare di nessun uomo di Orgoreyn.
— Therem Harth? Non è un nome Orgota. Quale Commensalità?
— Karhide.
— Quella non è una commensalità di Orgoreyn. Dove sono i vostri documenti di ingresso e d'identificazione?
Dov'erano i miei documenti?
Ero stato considerevolmente girato e rigirato da molte persone, nelle strade di Shelt, prima che qualcuno mi avesse portato all'ospedale, dove ero giunto senza documenti, senza effetti personali, senza soprabito, senza scarpe, e senza denaro. Quando udii questo, lasciai perdere la collera e risi; in fondo all'abisso non c'era più collera. L'Ispettore si offese per la mia risata.
— Non vi rendete conto, dunque, di essere uno straniero indigente e privo d'identificazione? Come intendete ritornare a Karhide?
— In una bara.
— Vi è proibito di dare risposte inappropriate a delle domande ufficiali. Se non avete intenzione di ritornare nel vostro paese, sarete mandato alle Fattorie Volontarie, dove c'è sempre un posto per criminali, vagabondi, stranieri, e persone non identificate. Non c'è altro posto, in Orgoreyn, per gli indigenti e i sovversivi. Farete meglio a dichiarare la vostra intenzione di ritornare a Karhide entro tre giorni, o io sarò…
— Sono proscritto da Karhide.
Il medico, che nell'udire il mio nome si era voltato, interrompendo la sua visita all'altro paziente, prese in disparte l'Ispettore e iniziò con lui una rapida conversazione sottovoce. L'Ispettore cominciò ad apparire più acido di una pessima birra, e quando ritornò da me disse, impiegando molto tempo per pronunciare ogni parola, e fissandomi con aria astiosa:
— Allora presumo che vorrete dichiararmi la vostra intenzione di fare domanda del permesso di ottenere una residenza permanente nella Grande Commensalità di Orgoreyn, in attesa di ottenere e a patto di conservare un utile impiego, quale dito di una Commensalità o di una Contea?