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Qui non erano così legati da considerazioni sul prestigio e sull'orgoglio di chicchessia, e le domande, evidentemente, non erano offensive né per chi domandava, né per chi rispondeva. Mi accorsi ben presto, però, che alcuni tra coloro che ponevano le domande lo facevano con l'unico scopo di prendermi in trappola, di dimostrare che io ero una frode. Questo mi fece perdere il controllo per qualche istante. Avevo naturalmente incontrato l'incredulità, in Karhide, ma raramente mi ero imbattuto in una volontà di essere increduli. Tibe aveva inscenato un complicato spettacolo di «seguire lo scherzo», il giorno della parata, a Erhenrang, ma come ora sapevo lo spettacolo aveva fatto parte del gioco che lui aveva giocato per screditare Estraven, e sospettavo che in realtà Tibe avesse creduto in me. Lui aveva visto la mia astronave, dopotutto, il piccolo apparecchio da sbarco che mi aveva fatto discendere sul pianeta; come tutti gli altri, aveva avuto libero accesso ai rapporti degli ingegneri sulla nave e sull'ansible. Nessuno di questi Orgota aveva visto la nave. Avrei potuto mostrare loro l'ansible, ma esso non appariva un Prodotto Alieno abbastanza convincente, essendo così incomprensibile da adattarsi a una beffa, a una frode, come alla realtà. La vecchia Legge dell'Embargo Culturale si opponeva all'importazione di prodotti analizzabili e imitabili a questo punto del contatto, e così non avevo niente con me a eccezione della nave e dell'ansible, della mia valigetta di immagini, dell'indubitabile singolarità del mio corpo, e dell'indimostrabile singolarità della mia mente. Le immagini circolarono intorno al tavolo, e furono esaminate con l'espressione sbrigativa che si vede sui volti di chi esamina le foto di famiglia di qualcun altro. L'interrogatorio continuò. Che cos'era l'Ecumene, domandò Obsle… un mondo, una lega di mondi, un posto, un governo?

— Bene, tutte queste cose, e nessuna. Ecumene è la nostra parola terrestre; nella lingua comune è chiamato Famiglia; in lingua karhidi, probabilmente sarebbe il Focolare. In Orgota, non sono sicuro del termine, perché ancora non conosco bene la lingua. Non la Commensalità, penso, benché ci siano senza dubbio delle somiglianze tra il Governo Commensale e l'Ecumene. Ma l'Ecumene, essenzialmente, non è affatto un governo. È un tentativo di riunire il mistico con il politico, e come tale è, naturalmente, in gran parte un fallimento; ma il suo fallimento ha portato molto più bene al genere umano, di tutti i successi dei suoi predecessori. È una società e possiede, sia pure potenzialmente, una cultura. È una forma di educazione; sotto un certo aspetto, è una specie di grandissima scuola… davvero immensa. I motivi di comunicazione e cooperazione fanno parte della sua stessa essenza, e perciò, sotto un altro aspetto, si tratta di una lega, o di una unione di mondi, in possesso entro certi limiti di un'organizzazione convenzionale centralizzata. È questo aspetto, la Lega, che io ora rappresento. L'Ecumene come entità politica agisce attraverso la coordinazione, non attraverso il governo. Non impone la legge; le decisioni sono raggiunte in virtù di un comune consenso e di un comune consiglio, non in base a un ordine o a una deliberazione obbligata. Come entità economica è incredibilmente attivo, sempre alla ricerca di comunicazioni tra i mondi, mantenendo l'equilibrio del commercio tra gli Ottanta Mondi. Ottantaquattro, per essere precisi, se Gethen entra nell'Ecumene…

— Che cosa intendete dire… non impone la legge? — disse Slose.

— Perché non ha una legge. Gli stati membri seguono ciascuno la propria legge; quando queste diverse legislazioni si scontrano, l'Ecumene svolge opera di mediazione, tenta di trovare un accomodamento legale o etico, o una scelta, o una soluzione di compromesso. Ora se l'Ecumene, come esperimento di organismo sovranazionale, alla fine dovesse fallire, sarà necessario che esso diventi una forza di pace, che crei una propria forza di polizia, e così via. Ma a questo punto non ce n'è bisogno. Tutti i mondi centrali si stanno ancora riprendendo da un'era disastrosa, finita un paio di secoli or sono, ridando vita a idee e talenti perduti, reimparando a parlare… — Come avrei potuto spiegare l'Era del Nemico, e i suoi postumi, a un popolo che non aveva neppure un termine per tradurre la parola guerra?

— Questo è davvero affascinante, signor Ai — disse il nostro anfitrione, il Commensale Yegey, un uomo dai lineamenti delicati, dall'aria gentile e raffinata, e dallo sguardo penetrante. — Ma non riesco a capire che cosa possano volere da noi. Cioè… non fraintendetemi… vorrei sapere cosa ci sia di particolarmente buono, o attraente, per loro, nell'avere un ottantaquattresimo mondo. Un mondo, mi pare anche di aver capito, che non è tra i più brillanti… perché noi non possediamo Navi Stellari e cosi via, come gli altri mondi.

— Nessuno di noi le possedeva, fino a quando non sono giunti i Cetiani e gli Hainiani. E alcuni pianeti non hanno avuto il consenso, per molti altri secoli, di penetrare nello spazio e costruire le proprie navi stellari, fino a quando l'Ecumene non stabili i canoni di quello che, mi sembra, qui voi definireste Libero Mercato. — Questo produsse una risata tutt'intorno, perché Libero Mercato era il nome del partito — o della fazione — di Yegey nella Commensalità. — E in realtà io sono qui per cercare di aprire un Libero Mercato, con la mia presenza. Un mercato non solo di merci, naturalmente, ma di conoscenze tecnologiche, idee, filosofie, arte, medicina, scienza, teoria… Dubito che Gethen possa mai avere un traffico costante di persone da questo mondo agli altri dell'Ecumene. Qui ci troviamo a diciassette anni-luce dal più vicino mondo Ecumenico, Ollul, un pianeta della stella che voi chiamate Asyomse; il più lontano dista duecentocinquanta anni-luce, e da qui non potete neppure vedere la sua stella. Con l'apparecchio di comunicazione ansible, potreste parlare con quel mondo come se comunicaste per radio con la vostra città più vicina. Ma dubito che possiate mai incontrare delle persone venute di là… Il tipo di commercio del quale io parlo può essere di estremo profitto, ma consiste soprattutto di semplice comunicazione, più che di trasporto. Il mio lavoro qui è, in realtà, lo scoprire se voi desiderate comunicare con il resto del genere umano.

Voi - ripeté Slose, protendendosi ansiosamente verso di me. — Questo significa Orgoreyn? o significa Gethen, come tutto unico?

Esitai per un momento, perché non si trattava della domanda che mi ero aspettato.

— Qui, e in questo momento, significa Orgoreyn. Ma il contratto non può essere esclusivo. Se Sith, o le Nazioni dell'Isola, o Karhide decidono di entrare nell'Ecumene, possono farlo. È ogni volta una questione di scelta individuale. In seguito, quel che generalmente accade, su un pianeta altamente sviluppato come Gethen, è che i diversi gruppi antropici, o regioni, o nazioni, finiscono per stabilire un gruppo di rappresentanti, i quali agiscono come coordinatori sul pianeta e con gli altri pianeti… una Stabilità locale, come noi la chiamiamo. Comunicando a questo modo si risparmia molto tempo; e molto denaro, dividendo in parti uguali le spese. Se decideste di costruire una vostra nave stellare, per esempio.

— Per il latte di Meshe! — esclamò il grasso Humery, accanto a me. — Volete che noi ce ne andiamo come proiettili nel Vuoto? Ugh! — Ansimò, come le note più alte di un'armonica, per il disgusto e il divertimento.

Gaum parlò a sua volta:

— Dov'è la vostra nave, signor Ai? — Fece la domanda gentilmente, con un mezzo sorriso, come se così facendo egli si comportasse in maniera estremamente sottile, e volesse che questa sottigliezza fosse notata. Era un essere umano di straordinaria bellezza, secondo qualsiasi metro di giudizio, e per l'uno o per l'altro sesso, e non potei fare a meno di fissarlo, come stupito, nel rispondere, e mi chiesi per la seconda volta che cosa fosse in realtà il Sarf.