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— Sedetevi, signor Ai.

Sedetti dall'altra parte del focolare, di fronte ad Argaven, e vidi il suo viso alla luce delle fiamme. Pareva malato, livido e grigiastro, e vecchio. Aveva l'aspetto di una donna che ha perduto il proprio bambino, di un uomo che ha perduto suo figlio.

— Ebbene, signor Ai, così la vostra nave sta per atterrare.

— Atterrerà nelle Paludi di Athten, come avete chiesto, mio signore. La faranno discendere questa sera, all'inizio della Terza Ora.

— E se per caso sbagliassero l'atterraggio? Brucerebbero forse ogni cosa?

— Seguiranno un segnale radio direttamente fino al punto di atterraggio; è stato tutto predisposto. Non ci saranno errori.

— E quanti di loro verranno… undici? È esatto?

— Sì. Non abbastanza per averne paura, mio signore.

Le mani di Argaven si contrassero, in un gesto incompiuto.

— Io non ho più paura di voi, signor Ai.

— Ne sono lieto.

— Voi mi avete servito bene.

— Ma io non sono vostro servo.

— Lo so — disse lui, con indifferenza. Fissò il fuoco, mordicchiandosi l'interno del labbro.

— La mia trasmittente ansible è nelle mani del Sarf, a Mishnory, presumibilmente. Comunque, quando la nave scenderà, a bordo ci sarà un ansible. Da quel momento io avrò, se questo sarà accettabile per voi, la posizione di Inviato Plenipotenziario dell'Ecumene, e avrò il potere di discutere, e firmare, un trattato di alleanza con Karhide. Tutto questo potrà essere confermato da Hain e dai diversi Stabili, per mezzo dell'ansible.

— Molto bene.

Non dissi altro, perché egli non mi stava dando tutta la sua attenzione. Spostò un ceppo nel focolare, con la punta della sua scarpa, traendone così alcune scintille rosse e crepitanti.

— Perché diavolo mi ha ingannato? — domandò, con la sua voce alta e stridula, e per la prima volta mi guardò direttamente negli occhi.

— Chi? — dissi, sostenendo il suo sguardo.

— Estraven.

— Ha provveduto affinché non ingannaste voi stesso. Mi ha portato via dalla vostra vista, quando avete cominciato a favorire una fazione a me ostile. Mi ha riportato da voi, quando bastava il mio ritorno a persuadervi a ricevere la Missione dell'Ecumene, e il credito di questa impresa.

— Perché non mi ha mai detto niente su quest'altra, più grande nave?

— Perché non ne sapeva nulla; non ne ho mai parlato a nessuno, finché non sono andato in Orgoreyn.

— E una bella compagnia avete scelto laggiù per parlare delle vostre cose, voi due. Lui ha tentato di indurre gli Orgota a ricevere la vostra Missione. Ha sempre lavorato con i loro Liberi Mercanti. Non mi direte che questo non è un tradimento, forse?

— No, mio signore. Egli sapeva che, qualunque nazione avesse stabilito per prima un'alleanza con l'Ecumene, l'altra l'avrebbe seguita presto: come sarà: poiché Sith e Perunter e l'Arcipelago seguiranno, fino a quando non troverete l'unità. Lui amava molto il suo paese, mio signore, ma non serviva il suo solo paese, e voi. Serviva il padrone che anch'io servo.

— L'Ecumene? — disse Argaven, sorpreso.

— No. Il genere umano.

Parlando, non sapevo se quel che io dicevo era la verità. Era vero in parte; un aspetto della verità. Non sarebbe stato meno vero dire che le azioni di Estraven erano nate da una pura lealtà personale, un senso di responsabilità e di amicizia nei confronti di un singolo essere umano, io. Né questa sarebbe stata ancora l'intera verità.

Il sovrano non diede alcuna risposta. Il suo viso tetro, scavato, grinzoso, era di nuovo rivolto al fuoco.

— Perché avete chiamato quella vostra nave prima di notificarmi il vostro ritorno in karhide?

— Per forzarvi la mano, mio signore. Un messaggio diretto a voi avrebbe raggiunto anche Lord Tibe, che avrebbe potuto riconsegnarmi agli Orgota. O farmi fucilare. Come ha fatto fucilare il mio amico.

Il re non disse niente.

— La mia sopravvivenza personale non significa tanto, ma io ho, come avevo allora, un dovere verso Gethen e verso l'Ecumene, un compito da portare a compimento. Per prima cosa ho lanciato il segnale alla nave, per assicurarmi qualche possibilità di compiere la mia impresa. Questo è stato un consiglio di Estraven, e questo consiglio era giusto.

— Ebbene, non era sbagliato. In ogni caso, essi atterreranno qui; noi saremo i primi… E sono tutti simili a voi, eh? Tutti pervertiti, sempre in kemmer? Strana compagnia, per gareggiare onde ottenerne l'onore del ricevimento… Dite a Lord Gorchern, il ciambellano, come essi si aspettano di venire ricevuti. Provvedete affinché non ci siano offese né omissioni. Saranno alloggiati nel Palazzo, dovunque voi riteniate appropriato. Desidero mostrare loro che li onoro. Mi avete reso un paio di buoni servigi, signor Ai. Avete reso dei mentitori i Commensali, e poi degli stupidi.

— E in futuro degli alleati, mio signore.

— Lo so! — disse lui, con voce stridula. — Ma prima Karhide… prima Karhide!

Annuii.

Dopo un breve silenzio, egli disse:

— Come è stata, quella traversata del Ghiaccio?

— Non facile.

— Estraven doveva essere un compagno molto buono, per una folle traversata come quella. Era forte come il ferro. E non perdeva mai la calma. Mi dispiace che sia morto.

Non trovai alcuna risposta.

— Riceverò i vostri… connazionali in udienza domani pomeriggio, alla Seconda Ora. C'è altro da dire, adesso?

— Mio signore, vorrete revocare l'Ordine di Esilio di Estraven, per riabilitare il suo nome?

— Non ancora, signor Ai. Non precipitate le cose. C'è dell'altro?

— Niente.

— Andate, allora.

Perfino io l'avevo tradito. Avevo detto che non avrei fatto discendere la nave, fino a quando il bando che gravava sul suo nome non fosse stato revocato, e il suo nome riabilitato. Non potevo gettar via quello per cui lui era morto, insistendo sulla condizione. Non l'avrebbe fatto ritornare dall'esilio. Non da questo esilio, almeno.

Il resto della giornata fu trascorso nel predisporre, insieme a Lord Gorchern e altri dignitari della corte, il ricevimento e l'alloggio dell'equipaggio della nave stellare. Alla Seconda Ora partimmo, a bordo di slitte a motore, per le Paludi di Athten, che distavano circa trenta miglia a nord-est da Erhenrang. La località dell'atterraggio era sul bordo più vicino di quella grande regione desolata, una vasta torbiera troppo pantanosa per poter essere coltivata o colonizzata, e ora, a metà Irrem, una desolazione vasta, piatta e ghiacciata, sotto una coltre di molti metri di neve. Il segnale radio aveva funzionato per tutto il giorno, e la stazione aveva ricevuto dei segnali di conferma dalla nave.

Sugli schermi, durante la discesa, l'equipaggio doveva avere visto la linea di divisione tra il giorno e la notte stendersi attraverso il Grande Continente, lungo la frontiera, dalla Baia di Guthen al Golfo di Charisune, e le vette del Kargav ancora illuminate dai raggi del sole, come una catena di stelle nelle tenebre; perché era il tramonto quando noi, guardando in alto, vedemmo discendere una stella.

La stella scese in un grande ruggito e avvolta di splendore e gloria, e molto vapore salì ruggendo, candido come la neve intorno, quando i suoi stabilizzatori discesero in un grande lago d'acqua e fango creato dai retrorazzi; in basso, sotto il fango della palude, c'era del ghiaccio perenne, duro come granito, e la nave si fermò in perfetto equilibrio, e riposò, raffreddandosi nel lago che rapidamente tornava a gelarsi, un grande pesce aggraziato che stava in equilibrio sulla coda, argento scuro nel crepuscolo di Inverno.

Al mio fianco, Faxe di Otherhord parlò per la prima volta, dal momento del suono e dello splendore della discesa della nave delle stelle.

— Sono felice di essere vissuto fino a vedere questo — disse.

Così aveva detto Estraven quando aveva guardato il Ghiaccio, e la morte; così avrebbe detto in questa notte. Per allontanarmi dall'amaro rimpianto che mi sconvolgeva, cominciai a camminare verso la nave, sopra la neve. La nave delle stelle era già coperta di brina e ghiaccio, per i getti di raffreddamento dello scafo, e mentre io mi avvicinavo l'alto portello si aprì silenziosamente, scorrendo sui cardini invisibili, e la scaletta d'uscita uscì dall'apertura, una passerella che descriveva una curva aggraziata, fino a toccare il ghiaccio. La prima a uscire fu Lang Heo Hew, immutata, naturalmente, precisamente come l'avevo vista l'ultima volta, tre anni prima, nella mia vita, e solo un paio di settimane, nella sua. Lei guardò me, e poi Faxe, e gli altri componenti della scorta, che mi avevano seguito al luogo dell'incontro, e si fermò ai piedi della passerella. Disse solamente, in lingua karhidi: