— Lo capisco bene, Commensale. Voi vorreste una prova buona e spettacolare, e io vorrei offrirvene una. Ma non posso far scendere l'astronave finché la sua sicurezza e la vostra onestà non siano ragionevolmente sicure. Ho bisogno del consenso e della garanzia del vostro governo, che, immagino, deve comprendere l'intero gruppo dei Commensali… e di un annuncio pubblico.
Obsle parve deluso, ma disse:
— È abbastanza ragionevole.
Ritornando a casa in auto, in compagnia di Shusgis, che alle attività del pomeriggio aveva contribuito solo con la sua risata gioviale, domandai:
— Signor Shusgis, che cos'è il Sarf?
— Uno degli Uffici Permanenti dell'Amministrazione Interna. Vigila contro registrazioni false, viaggi non autorizzati, sostituzioni di lavoro, truffe, quel genere di cose… ciarpame. È questo che sarf significa in basso Orgota, ciarpame, si tratta di un nomigliolo.
— Allora gli Ispettori sono agenti del Sarf?
— Be', alcuni sì.
— E la polizia, suppongo che sia posta sotto la sua autorità, entro certi limiti?
Feci la domanda con prudenza, e ottenni un'analoga risposta.
— Suppongo di sì. Io sono nell'Amministrazione Esterna, naturalmente, e non posso seguire con esattezza il funzionamento di tutti gli uffici, soprattutto di quella Interna.
— Certamente sono cose che confondono; e sono molto complicate. Ditemi, per esempio, che cos'è l'Ufficio delle Acque?
In questo modo, mi ritirai nella maniera migliore che riuscii a trovare dall'argomento del Sarf. Quello che Shusgis non aveva detto sull'argomento forse non avrebbe avuto alcun significato per un uomo venuto, per esempio, da Hain, o dal fortunato Chiffewar; ma io ero nato sulla Terra. Non è sempre una cosa brutta avere per antenati dei criminali. Un nonno incendiario può tramandare a una persona buon naso per fiutare l'odore del fumo.
Ero stato affascinato, e interessato, nel ritrovare qui su Gethen dei governi così simili a quelli delle antiche storie della Terra: una monarchia e una genuina burocrazia in pieno fulgore. Anche questo nuovo sviluppo era affascinante, ma era meno divertente. Era strano che nella società meno primitiva fosse scaturita la nota più sinistra.
Così Gaum, che voleva farmi passare per un bugiardo, era un agente della polizia segreta di Orgoreyn. Lui sapeva che Obsle lo conosceva per tale? Senza dubbio. Era, allora, un agente provocatore? Nominalmente, lui stava lavorando a favore, o contro, la fazione di Obsle? Quale delle fazioni all'interno del Governo dei Trentatré controllava, o era controllata dal Sarf? Sarebbe stato meglio, per me, chiarire subito queste questioni, ma sapevo che non sarebbe stato facile. La mia linea d'azione, che per qualche tempo era sembrata così limpida e promettente, pareva adesso minacciare di diventare tortuosa, e disseminata di oscuri segreti, come lo era stata a Erhenrang. Tutto era andato bene, pensai, fino a quando Estraven non era apparso come un'ombra, come un fantasma, al mio fianco, la sera prima.
— Qual è la posizione di Lord Estraven, qui a Mishnory? — domandai a Shusgis, che si era ritirato, con aria sonnolenta, in un angolo dell'auto che procedeva tranquillamente senza scossoni.
— Estraven? Qui è chiamato Harth, sapete. Non abbiamo titoli nobiliari in Orgoreyn, tutto questo l'abbiamo gettato via con l'avvento della Nuova Epoca. Ebbene, egli è un dipendente del Commensale Yegey, da quanto mi è stato fatto capire.
— Vive là?
— Credo di sì.
Stavo per dire che era molto strano che egli fosse stato a casa di Slose, la sera prima, e non fosse stato a casa di Yegey, quel giorno, quando capii che, alla luce del nostro breve colloquio del mattino, la cosa non era più tanto strana. Eppure perfino l'idea che egli rimanesse intenzionalmente isolato, che si tenesse volutamente in disparte, mi metteva a disagio.
— Lo hanno trovato — disse Shusgis, mettendosi più comodo sul sedile imbottito, — nella Parte Sud, in una fabbrica di colla, o in un deposito di pesce, o comunque, in un luogo del genere, e gli hanno dato una mano per uscire dal fondo. Intendo dire, sono stati certi Liberi Mercanti a farlo. Naturalmente egli era stato loro utile, quando aveva fatto parte del kyorremy ed era stato Primo Ministro, così adesso stanno dalla sua parte. Lo fanno, soprattutto, per infastidire Mersen, almeno così credo. Ah, Ah! Mersen è una spia di Tibe, e naturalmente lui crede che nessuno lo sappia, ma lo sanno tutti, e lui non può sopportare la vista di Harth… lo ritiene un traditore, o un doppio agente, e non sa esattamente quale sia la sua parte, e non può mettere a repentaglio lo shifgrethor per scoprirlo. Ah, Ah!
— E voi cosa pensate che sia Harth, signor Shusgis?
— Un traditore, signor Ai. Puro e semplice. Ha venduto le pretese del suo paese nella Valle di Sinoth, per evitare l'ascesa al potere di Tibe, ma non è riuscito a trattare la questione con sufficiente astuzia. Avrebbe incontrato una punizione peggiore dell'esilio, qui. Per i capezzoli di Meshe! Se voi giocate contro la vostra parte, perderete l'intera partita. È questo che la gente senza patriottismo, innamorata solo di se stessa, non riesce mai a capire. Benché a mio avviso ad Harth non importi molto il luogo in cui si trova, fino a quando può continuare a lottare verso il conseguimento del potere, sotto qualsiasi forma. Non se l'è cavata poi troppo male qui, in cinque mesi, come vedete.
— Non troppo male.
— Neppure voi vi fidate di Harth, vero?
— No, infatti.
— Sono lieto di sentirvelo dire, signor Ai. Non capisco per quale motivo Yegey e Obsle rimangano attaccati a quell'individuo. È un traditore dimostrato, che desidera solo il proprio vantaggio, e cerca di rimanere aggrappato alla vostra slitta, signor Ai, finché potrà continuare ad andare avanti. Così la vedo io. Ebbene, non credo proprio che io potrei dargli un passaggio gratuito, se egli venisse a chiedermelo! — Shusgis sbuffò, e annuì vigorosamente, approvando l'opinione che lui stesso aveva espresso, e mi sorrise, il sorriso di un uomo virtuoso a un suo pari. L'auto continuò a muoversi uniformemente per le ampie strade, bene illuminate. La neve del mattino si era sciolta, a eccezione di qualche mucchietto sporco, tra le gronde di scolo; ora stava piovendo, una pioggia fredda, fitta e battente.
I grandi edifici del centro di Mishnory, uffici governativi, scuole, templi Yomesh, erano così confusi dalla pioggia battente, nel liquido chiarore delle altre lampade stradali, che parevano fondersi come la neve del mattino. I loro angoli erano vaghi, le facciate confuse, striate, oscillanti, sporche. C'era qualcosa di fluido, d'immateriale, nella stessa massiccia pesantezza di questa città fatta di monoliti, di questo stato monolitico che chiamava con lo stesso nome le parti e l'intero. E Shusgis, il mio ospite gioviale, un uomo massiccio, un uomo materiale, anche lui era, chissà come, intorno agli angoli e ai margini, un po' vago, un poco, appena un poco irreale.
Dal momento in cui io ero partito, a bordo di un'auto, attraversando i vasti campi dorati di Orgoreyn, quattro giorni prima, cominciando il mio procedere verso quel santuario, verso quel cuore pulsante che era Mishnory, quel procedere che aveva avuto successo al di là delle mie prime speranze, avevo trascurato qualcosa, non ero riuscito a cogliere qualcosa. Ma che cosa? Mi sentivo isolato. Non avevo avvertito il freddo, negli ultimi tempi. Qui tenevano le camere convenientemente riscaldate. Non avevo mangiato con piacere, negli ultimi tempi. La cucina Orgota era insipida; non c'era alcun male, in questo. Ma perché le persone che conoscevo, qualunque fosse la loro disposizione nei miei confronti, buona o cattiva, perché anch'esse sembravano insipide? C'erano delle personalità vivide in mezzo a loro… Obsle, Slose, il bellissimo e detestabile Gaum… eppure ciascuno di loro mancava di una qualità, di una dimensione d'essere; e non riuscivano a convincere. Non erano completamente solidi.