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«Ho bisogno di un bel trasferimento», ringhiò lei. «Alla Squadra Omicidi. Poi alla vita ci pensiamo.»

«Capisco. Per i bambini sarebbe molto meglio poter dire: ‘La mamma è alla Omicidi’.»

«Dexter, per l’amor di Dio», protestò lei.

«È un pensiero naturale, Deborah. Figli e nipotini. Altri piccoli Morgan. Perché no?»

Lei espirò lentamente, il segreto del suo autocontrollo. «Pensavo che la mamma fosse morta», mormorò.

«Sono un medium. Il suo spirito mi parla attraverso i biscotti alla ciliegia.»

«Metti lo spirito sotto spirito. Che cosa sai della cristallizzazione cellulare?»

Battei le palpebre. «Wow. Hai appena stravinto la gara di Salto di Palo in Frasca.»

«Dico sul serio.»

«Mi cogli impreparato, Deb. Che cosa intendi per cristallizzazione cellulare?»

«A freddo. Cellule che cristallizzano a freddo.»

Una luce mi inondò il cervello. «Ma certo», dissi. «Bellissimo.» E da qualche parte nella mia mente cominciarono a tintinnare campanelli. Freddo… Freddo puro e limpido e il coltello gelido che quasi frigge sulla carne tiepida. Un freddo pulito e asettico, il sangue rallentato e impotente, un freddo così assolutamente giusto e totalmente necessario… «Perché non ci ho…» cominciai. Mi interruppi quando vidi l’espressione di Deborah.

«Cosa?» chiese lei. «Cosa vuol dire ‘Ma certo’?»

Scossi il capo. «Prima dimmi che cosa vuoi sapere.»

Lei mi fissò per un istante, poi espirò di nuovo, lentamente. E infine disse: «Credo che tu lo sappia. C’è stato un altro omicidio».

«Lo so. Ci sono passato ieri sera.»

«Mi hanno detto che ti ci sei anche fermato.»

Mi strinsi nelle spalle. Le voci corrono al Dipartimento.

«Allora, cosa significa ‘Ma certo’?»

«Nulla», risposi, lievemente irritato. «La carne sembrava leggermente diversa. Se è stata soggetta a basse temperature…» Allargai le mani. «Non c’è altro. Quanto freddo?»

«Da cella frigorifera. Ma perché l’assassino ha dovuto congelare il corpo?»

Perché è bello, pensai. «Per rallentare il flusso del sangue», dissi.

Lei mi squadrò. «È una cosa importante?»

Tirai un respiro lungo e, forse, lievemente incerto. Non solo non sarei mai riuscito a spiegarglielo, ma lei mi avrebbe arrestato, se solo ci avessi provato. «Vitale», risposi. Per qualche ragione, mi sentivo imbarazzato.

«Perché vitale?»

«Perché… non so. Credo che l’assassino abbia uno strano rapporto con il sangue, Deb. Un’impressione che viene da… Chissà. La mancanza di tracce, sai.»

Mi stava guardando ancora in quel modo. Cercai qualcos’altro da dire, ma non mi venne in mente niente. Il loquace e brillante Dexter a corto di parole.

«Merda», commentò, dopo qualche secondo. «Tutto qui? Il freddo rallenta il sangue, e questo è vitale? Andiamo. Non mi dai niente di valido.»

«Non chiedermi niente di ‘valido’ prima del caffè. Il massimo cui arrivo è ‘preciso’.»

«Merda», ripeté lei.

Rose ci portò i caffè.

«Ieri sera», riprese Deborah, tra un sorso e l’altro, «mi hanno invitata al briefing delle settantadue ore.»

Applaudii. «Splendido. Ce l’hai fatta. A cosa ti servo io?» Il Dipartimento segue la politica di riunire la Squadra Omicidi all’incirca a settantadue ore dal delitto. Il detective incaricato del caso e i suoi agenti discutono con il medico legale e, talvolta, con qualcuno dell’ufficio del procuratore. Serve a coordinare gli sforzi. Se Deborah era stata invitata, voleva dire che era nel caso.

Lei fece un’espressione delusa. «Non sono brava in diplomazia, Dexter. Sento che LaGuerta mi sta spingendo fuori, ma non ci posso fare niente.»

«Sta ancora cercando il suo testimone fantasma?»

Deborah annuì.

«Sul serio? Anche dopo il delitto di ieri notte?»

«Dice che ne è la prova. Perché i nuovi tagli sono completi.»

«Ma sono del tutto diversi», protestai.

Deborah si strinse nelle spalle.

«E tu hai suggerito…»

Lei distolse lo sguardo. «Le ho detto che ritenevo fosse una perdita di tempo cercare un testimone quando era evidente che l’assassino non era stato interrotto, ma era solo insoddisfatto.»

«Ahi. Proprio non hai la minima idea di che cosa sia la diplomazia.»

«Be’, accidenti, Dex.» Due vecchie signore al tavolo accanto si voltarono a guardarla, ma lei non ci fece caso. «Quello che mi hai detto ha senso. È più che evidente. E lei mi sta ignorando. O peggio.»

«Che cosa può essere peggio dell’essere ignorata?»

Deborah arrossì. «Ho sentito un paio di agenti in uniforme che ridacchiavano alle mie spalle, dopo. C’è una battuta che circola su di me.» Si mordicchiò il labbro. «Einstein.»

«Temo di non capire.»

«Se le mie tette fossero cervello, sarei Einstein», disse, con amarezza.

Anziché ridere, mi schiarii la voce.

«Questo dicono di me», riprese lei. «Una di quelle etichette di merda che ti appiccicano addosso. E poi non ti promuovono, perché con un soprannome del genere nessuno ti rispetta. Accidenti, Dex. Quella donna mi sta rovinando la carriera.»

Mi feci istintivamente protettivo: «Quella donna è un’idiota.»

«Devo dirglielo, Dex? Pensi che sia diplomatico?»

Arrivarono le nostre ordinazioni. Rose fece calare i piatti su di noi come se fosse stata condannata da un giudice corrotto a servire la colazione a killer pedofili. Io le rivolsi un sorrisone e lei si allontanò, bofonchiando tra sé.

Cominciai a mangiare, riflettendo sul problema di Deborah. Dovevo cercare di considerarlo in quei termini: «Il problema di Deborah», non «Quegli affascinanti delitti», non «Lo stupefacente modus operandi» o «La cosa più simile a ciò che vorrei fare da grande». Dovevo mantenere le distanze, anche se era difficile. Persino dal sogno della notte precedente, con la sensazione di freddo nell’aria. Pura coincidenza, certo, ma non per questo meno inquietante.

Perché l’assassino aveva toccato il cuore del significato dei miei omicidi. Nel modo in cui lavorava, beninteso, non nella scelta delle sue vittime. Doveva essere fermato, non c’era dubbio. Quelle povere prostitute.

Tuttavia… Il bisogno di freddo… Un aspetto interessante, che avrei dovuto esplorare una volta o l’altra. Trovare un luogo buio e angusto…

Angusto? E questo da dove veniva?

Dal mio sogno, ecco da dove. Ma questo voleva dire che il mio subconscio mi spingeva a pensarci. E il fatto che fosse angusto sembrava corrispondere a qualcosa. Freddo e angusto.

«Un camion frigorifero», dissi. Aprii gli occhi.

Deborah lottò con la bocca piena di uova prima di riuscire a parlare. «Come?»

«Sto solo tirando a indovinare. Non è una conclusione meditata. Ma non ti sembra che i conti tornino?»

«Quali conti?»

Abbassai lo sguardo sul mio piatto e aggrottai la fronte, cercando di immaginarmi la scena. «Vuole un ambiente freddo. Per rallentare il flusso sanguigno. E perché è… mmh, più pulito.»

«Se lo dici tu.»

«Lo dico io. E dev’essere uno spazio angusto.»

«Perché? Da dove diavolo viene questa? Perché angusto?»

Ignorai la domanda. «Un camion frigorifero soddisfa tutte queste condizioni e in più è mobile, dunque è più facile gettare via i rifiuti quando ha finito.»

Deborah addentò un bagel e rifletté, mentre masticava. «Allora», incalzò, deglutendo, «l’assassino può avere accesso a un camion frigorifero? O esserne proprietario?»

«Mmh… può darsi. Solo che il delitto di ieri sera è stato il primo a mostrare segni di freddo.»

«Quindi si è appena comprato un camion frigorifero?»