«Scusatemi», disse il capitano Matthews. Si aggiustò la cravatta, assunse un’espressione compunta e si incamminò verso la troupe.
«Puta», imprecò sommessamente Migdia LaGuerta.
Non sapevo se la intendesse come un’osservazione generale o se si riferisse a Deb, ma ritenni che fosse il momento di andarmene a mia volta, prima che la detective LaGuerta si ricordasse che l’agente Puta era mia sorella.
Tornai da Deb, mentre Matthews stringeva la mano a Jerry Gonzalez di Channel 7, il campione locale di giornalismo sangue-in-prima-serata. Il mio tipo ideale. Ma stavolta sarebbe rimasto deluso.
Provai un brivido sottile. Neppure una goccia.
«Dexter», disse Deborah, cercando di fare la voce da poliziotta, ma sotto sotto visibilmente emozionata. «Ho parlato con il capitano Matthews. Mi ha detto che mi farà entrare nell’indagine.»
«Ho sentito. Guardati le spalle.»
Lei batté le palpebre. «In che senso?»
«LaGuerta.»
Deborah sbuffò. «Quella.»
«Già. Quella. Non ti ha in simpatia e non ti vuole tra i piedi.»
«Peggio per lei; L’ordine viene dal capitano.»
«Ah-ah. E sono già cinque minuti che pensa a come aggirarlo. Quindi fai attenzione, Deb.»
Lei alzò le spalle. «Che cos’hai scoperto?»
Scossi il capo. «Ancora niente. LaGuerta è già in alto mare. Ma Vince ha detto…» Mi interruppi. Anche a parlarne sembrava troppo personale.
«Vince ha detto… cosa?»
«Niente di che, Deb. Un dettaglio. Chissà cosa vuol dire.»
«Non lo saprà nessuno, se non lo dici, Dexter.»
«Ecco… sembra che non ci siano tracce di sangue nel corpo. Neanche una goccia.»
Deborah rifletté per un minuto. Non era una pausa riverente come la mia, pensava e basta. «Okay», disse, alla fine. «Mi arrendo. Che cosa significa?»
«Troppo presto per dirlo.»
«Ma secondo te significa qualcosa.»
Significava uno strano senso di vertigine, un desiderio pruriginoso di scoprire qualcosa sul conto dell’assassino, la risata compiaciuta del Passeggero Oscuro, che pure avrebbe dovuto starsene tranquillo, subito dopo il prete. Ma sarebbe stato troppo difficile spiegarlo a Deborah, non vi pare? Perciò dissi soltanto: «Può darsi, Deb. Chissà?»
Mi fissò severa per mezzo secondo, poi si strinse nelle spalle. «Va bene. Qualcos’altro?»
«Oh, moltissimo», risposi io. «Ottimo lavoro di lama. I tagli sono pressoché chirurgici. A meno che si trovi qualcosa in albergo, ma nessuno se lo aspetta, la vittima è stata uccisa altrove e poi abbandonata qui.»
«Uccisa dove?»
«Ottima domanda. Metà del lavoro di un poliziotto è fare le domande giuste.»
«L’altra metà è rispondere», mi fece presente lei.
«Be’, ecco… Nessuno sa ancora dove. E di sicuro non dispongo dei dati della Scientifica…»
«Ma tu cominci a farti un’idea», mi anticipò Deb.
La guardai. Lei sostenne il mio sguardo. Non sarebbe stata la prima volta che avevo delle intuizioni. Mi ci ero guadagnato una certa reputazione. Le mie intuizioni, di solito, erano azzeccate. E perché non avrebbero dovuto esserlo? Spesso so come ragionano gli assassini: io ragiono allo stesso modo. Naturalmente non sempre indovino, qualche volta mi sbaglio di grosso. Non sarebbe opportuno che indovinassi tutte le volte. E non voglio che i poliziotti catturino tutti i serial killer in circolazione. Altrimenti che cosa ne sarebbe del mio hobby? Ma questo assassino particolare… Come mi dovevo comportare con lui?
«Dimmi, Dexter», insistette Deb. «Hai già qualche idea?»
«Forse. Ma è ancora troppo presto.»
«Bene, Morgan.» La voce di Migdia LaGuerta risuonò dietro di noi. «Vedo che sei vestita da vera poliziotta.» Qualcosa nel suo tono di voce aveva l’effetto di uno schiaffo.
«Detective», rispose Deborah. «Ha scoperto qualcosa?» Lo disse in un tono che già sottintendeva la risposta.
Un tiro facile. Ma mancò il bersaglio. La detective agitò una mano in gesto sprezzante. «Non sono che putas», replicò, fissando con insistenza la scollatura di Deb, messa bene in mostra dal suo vestito da prostituta. «Sono solo puttane. La cosa importante è evitare che la stampa diventi isterica.» Scosse lentamente la testa, come incredula, poi alzò gli occhi dal décolleté di Deborah. «Considerando quello che riesce a fare lei con la forza di gravità, non dovrebbe essere difficile.» Mi strizzò l’occhio e andò a raggiungere il capitano Matthews, che conferiva austero con Jerry Gonzalez di Channel 7.
«Troia», sibilò Deborah.
«Spiacente, Deb. Cosa vuoi che ti dica? ‘Gliela faremo vedere noi?’ O preferisci: ‘Ti avevo avvisata?’»
Deborah mi guardò. «Accidenti, Dexter. Voglio proprio essere io a trovarlo.»
E intanto io pensavo a quella frase. Neppure una goccia.
Anch’io. Lo volevo trovare anch’io.
4
Quella sera, dopo il lavoro, uscii in barca. Per sfuggire alle domande di Deb e per comprendere quello che stavo sentendo. Sentendo. Io che sentivo qualcosa. Che concetto insolito.
Portai lentamente il Whaler fuori dal canale, senza pensare a niente, in un perfetto stato Zen. Costeggiavo senza fretta le grandi case, separate l’una dall’altra da alte siepi e recinzioni metalliche. Sorridevo e salutavo automaticamente con la mano tutti i vicini, fuori nei loro giardini ordinati oltre l’argine del canale. Bambini che giocavano nei praticelli ben curati, mamme e papà che si dedicavano al barbecue, o riposavano sulle sdraio, o lucidavano il filo spinato, sorvegliando i figli. Salutavo tutti quanti. Qualcuno mi rispondeva pure. Mi conoscevano, mi avevano visto passare altre volte, sempre allegro, sempre a fare grandi cenni di saluto a tutti. Era una persona così gentile. Molto amichevole. Non posso credere che abbia fatto tutte quelle cose orribili…
Uscito dal canale partii a tutto gas, rotta sud-est, verso Cape Florida. Il vento sulla faccia e il gusto salato degli spruzzi mi aiutarono a schiarirmi le idee, facendomi sentire più fresco e limpido. Pensare mi risultava più facile. Un po’ per la calma e la pace del mare, un po’ perché, nella migliore tradizione della nautica di Miami, la maggior parte delle altre imbarcazioni sembrava intenzionata a speronarmi. Lo trovavo molto rilassante. Ero proprio a casa: questo è il mio Paese, questa è la mia gente.
Nel corso della giornata avevo ricevuto piccoli aggiornamenti dalla Scientifica. All’ora di pranzo la storia era esplosa a livello nazionale. Il coperchio sui delitti da marciapiede era saltato dopo la «macabra scoperta» all’hotel El Cacique. Channel 7 aveva fatto un lavoro magistrale per fomentare l’isteria, mostrando in tutto il loro orrore i miseri resti tra i rifiuti, senza ulteriori commenti. Come aveva osservato cinicamente la detective LaGuerta, non erano che puttane. Ma, una volta che l’opinione pubblica fosse stata alimentata dai media, avrebbero potuto anche essere le figlie di un senatore. Perciò il Dipartimento di polizia cominciò a preparare una manovra difensiva, conscio di quanto l’impavida fanteria del quinto potere sapesse riscaldare gli animi.
Deb, rimasta sulla scena fino a quando il capitano non aveva cominciato a preoccuparsi per le ore di straordinario e l’aveva mandata a casa, aveva cominciato a chiamarmi dalle due del pomeriggio per sapere cosa avessi scoperto. Molto poco. In albergo non erano stati trovati indizi di sorta. Nel parcheggio c’erano così tante tracce di pneumatici da risultare indistinte. Niente di rilevante tra i rifiuti, nessuna impronta sui sacchetti o sulle membra mutilate. Niente di niente.
L’unico grande indizio della giornata riguardava la gamba sinistra. Come aveva notato Angel, la gamba destra era stata accuratamente sezionata all’anca, al ginocchio e alla caviglia, mentre la sinistra era stata divisa in due pezzi, ben impacchettati. «Ah-ah», aveva detto la detective LaGuerta, genio dell’investigazione, «qualcuno ha interrotto l’assassino, lo ha colto di sorpresa. In preda al panico, il maniaco non ha completato la dissezione.» E si era gettata a capofitto nella caccia al testimone.