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L’accelerazione fantasma lo attraversò come una zaffata quando i motori entrarono in azione. La stazione meteorologica di Goldreich-Tremaine aveva autorizzato il loro lancio. Non c’era rischio che venissero paralizzati da una delle folgori che scoccavano dall’anello. La radiazione di fondo era leggera. Con ì nuovi motori dei Plasmatori aveva davanti soltanto qualche settimana di viaggio.

Il commediografo Zeuner entrò nella cabina e si sedette accanto a Constantine. — È scomparsa — disse.

— Già nostalgia di casa, Carl? — Constantine sollevò lo sguardo su quell’uomo più grosso di lui.

— Per Goldreich-Tremaine? Sì. Per la gente? Quella è un’altra faccenda.

— Un giorno tornerai trionfante.

— Molto gentile da parte vostra dire questo, Vostra Eccellenza. — Zeuner si passò un guanto color fulvo sul mento. Constantine notò che i batteri standard della Repubblica stavano già chiazzando il collo dell’uomo.

— Dimentica i titoli di stato — disse Constantine. — Nel Consiglio dell’Anello è considerata cortesia. Nella Repubblica, puzza di aristocrazia. La nostra forma locale di cattiva ideologia.

— Capisco, dottor Constantine. In futuro farò più attenzione. — Il volto rasato di fresco di Zeuner aveva la bellezza anonima dei riplasmati. Indossava con pignola precisione un completo giocato sulle tonalità del beige.

Constantine ficcò il monocolo nel taschino del panciotto di velluto decorato con fili di rame. Sotto la sua giacca di lino ricamato la schiena aveva cominciato a sudare. La pelle della sua schiena si stava squamando là dove il virus del ringiovanimento divorava le cellule che invecchiavano. Per vent’anni l’infestazione aveva vagato sopra il suo corpo, la prima ricompensa della sua fedeltà alla causa dei Plasmatori. Là dove il virus aveva funzionato la sua pelle olivastra aveva la levigatezza di quella di un bambino.

Zeuner esaminò le pareti della cabina. La pesante rivestitura isolante era ricoperta di arazzi che raffiguravano la Repubblica in stile “pointillista”. I frutteti si stendevano sotto nubi luminose, la luce del sole pioveva con una solennità da cattedrale su dorati campi di grano, aerei ultraleggeri scendevano in picchiata passando sopra palazzi dalle mura di pietra con i tetti di tegole rosse. Il panorama era pulito come il pieghevole d’una agenzia di viaggio. Zeuner disse: — Com’è veramente la Repubblica?

— Un buco fuori mano — rispose Constantine. — Un’anticaglia. Prima della nostra rivoluzione, la Repubblica stava marcendo. E non soltanto socialmente. Fisicamente. Un ecosistema di quelle dimensioni necessita di un totale controllo genetico. Ma ai costruttori non importava niente dei tempi lunghi. Sui tempi lunghi tutti muoiono.

Constantine formò una cuspide con le dita delle mani. — Ora noi abbiamo ereditato il loro pasticcio. La Concatenazione ha esiliato i suoi visionari. I loro teorici genetici, per esempio, che hanno formato il Consiglio dell’Anello. La Concatenazione era troppo schizzinosa. Adesso hanno perso tutto il loro potere. Sono diventati stati clientelali.

— Pensa che vinceremo noi, dottore? I Plasmatori?

— Sì. — Constantine rivolse all’uomo uno dei suoi rari sorrisi. — Perché noi comprendiamo lo scopo di questa lotta. La Vita. Non intendo dire che i Mech verranno annientati. Potrebbero continuare a tirare avanti seppur traballando per interi secoli. Ma verranno tagliati fuori. Saranno dei cibernetici, non carne vivente. È un vicolo cieco perché, dietro, non esiste alcuna volontà. Soltanto la programmazione. Nessuna immaginazione.

Il commediografo annuì. — Una valida ideologia. Non come ciò che si sente dire oggigiorno a Goldreich-Tremaine. Sono gli slogan dei detentisti. Unità nella diversità, dove tutte le fazioni formano una vasta matrice spezzata. L’umanità riunita quando deve affrontare gli alieni.

Constantine si mosse sulla sua seggiola, sfregandosi di nascosto la schiena sui cuscini. — Ho sentito quella retorica. Sul palcoscenico. Questo produttore di cui tu parlavi…

— Mavrides. — Zeuner era ansioso di parlarne. — Sono un clan molto potente. Goldreich-Tremaine, Jastrow Station, Kirkwood Gap. Non hanno mai avuto un genetico vero e proprio, ma hanno geni in comune con i Garza e i Draper e i Vetterling. I Vetterling hanno l’autorità.

— Hai detto che quest’uomo è un Mavrides per matrimonio, un nongenetico?

— Un eunico, vuol dire? Sì. Non gli è consentito contribuire con i suoi geni alla stirpe. — Zeuner era compiaciuto di poter riferire di quello scandalo. — È anche un prediletto degli investitori. Un cefeide.

— Cefeide? Vuoi dire che ha un rango nella Sicurezza?

— È il capitano-dottore Abelard Mavrides, CD. È un rango molto basso per una persona così anziana. Un tempo era un cane solare, un minatore cometario, dicono. Gli investitori erano qui soltanto da pochi mesi, quando hanno portato Mavrides e sua moglie fino a Goldreich-Tremaine a bordo di una delle loro navi interstellari. Da allora, è passato di successo in successo. Le Corporazioni lo assumono come mediatore con gli alieni. Tiene corsi di studio sugli investitori e parla correntemente la loro lingua. È ricco quanto basta per mantenere il mistero sul suo passato.

— I Plasmatori della vecchia guardia custodiscono la loro privacy con grande cura.

Zeuner rifletté tra sé: — È il mio nemico. Ha rovinato la mia carriera.

Constantine ci pensò su. Sui Mavrides, lui ne sapeva più di Zeuner. Aveva reclutato Zeuner deliberatamente, sapendo che i Mavrides dovevano avere dei nemici, e trovare quelli già esistenti era più facile che crearli.

Zeuner era un frustrato. Il suo primo lavoro teatrale era stato un insuccesso; il secondo non era mai arrivato al palcoscenico. Non era al corrente delle macchinazioni dietro le quinte dei Mavrides e della sua Congrega di Mezzanotte. Zeuner era aspramente antimeccanicista. La sua linea genetica aveva sofferto crudelmente durante la guerra. I detentisti l’avevano respinto.

Così Constantine l’aveva affascinato. Questi aveva attirato Zeuner convincendolo a venire nella Repubblica, promettendogli l’accesso agli archivi teatrali, una viva tradizione del dramma che Zeuner avrebbe potuto studiare e sfruttare. Il plasmatore gli era grato, e a causa di quella gratitudine era diventato una pedina di Constantine.

Constantine era rimasto silenzioso. Mavrides lo inquietava. I tentacoli dell’influenza di quell’uomo si erano diffusi su tutto Goldreich-Tremaine.

E le coincidenze andavano al di là del caso. Indicavano una congiura deliberata.

Un uomo che aveva scelto di chiamarsi Abelard. Un impresario teatrale. Che metteva in scena lavori politici. E sua moglie era una diplomatica.

Per lo meno, Constantine sapeva che Abelard Lindsay era morto. I suoi agenti nello Zaibatsu avevano registrato la morte di Lindsay per mano della Banca Geisha. Constantine aveva perfino parlato alla donna che aveva fatto uccidere Lindsay, una plasmatrice rinnegata chiamata Kitsune. Aveva saputo tutta la triste storia: il coinvolgimento di Lindsay con i pirati, il suo disperato assassinio del precedente capo della Banca Geisha. Lindsay era morto in maniera orribile.

Ma perché mai il primo assassino di Constantine non si era più presentato a rapporto, tornando dallo Zaibatsu? Non che lui pensasse che fosse diventato un cane solare. Gli assassini avevano impiantati nel corpo dei meccanismi a prova di tradimento: pochi voltagabbana sopravvivevano.

Per anni Constantine era vissuto nella paura del suo assassino perduto. La élite della Sicurezza del Consiglio dell’Anello gli aveva assicurato che Lindsay era morto. Constantine non gli aveva creduto e non si era mai più fidato di loro.