Il cancellier-generale Margaret Juliano era semplicemente scomparsa. Alcuni suoi nemici l’avevano finita. Ciò lasciava ancora sconcertato Constantine. Il giorno della sua scomparsa aveva ricevuto una grossa cassa, anonima. Aperta con cautela dalle sue guardie del corpo, aveva esibito un blocco di ghiaccio con un nome elegantemente inciso sulla superficie: Margaret Juliano. Da allora non era stata più vista.
Il colonnello-professore Nora Mavrides aveva tragicamente sopravvalutato le proprie forze. Suo marito, il falso Lindsay, era scomparso, e lei aveva accusato Constantine, di averlo rapito. Quando suo marito era ritornato raccontando un’inverosimile storia di rinnegati superintelligenti e di cliniche clandestine, Nora era stata screditata.
Constantine non era ancora sicuro di cosa fosse successo. La spiegazione più probabile era che Nora Mavrides fosse stata giocata proprio dal suo piccolo quadro di diplomatici ormai indegni di fiducia. Probabilmente avevano visto quello che stava accadendo e avevano teso una trappola alla loro protettrice di un tempo, sperando che il nuovo regime della Skimmers Union li avrebbe ringraziati. Ma se le cose stavano così, si erano grossolanamente sbagliati.
Constantine considerò la cavernosa stazione intorno a sé, regolando i suoi videoschermi sui primi piani. Fra i plasmatori sulle spine nei loro super elaborati abbigliamenti, c’era una crescente minoranza di gente d’altro tipo. Un carico importante di cani solari. Qua e là dei derelitti ideologici sciattamente vestiti stavano misurandosi addosso degli indumenti dalle maniche a lacci trovati per terra, oppure si aggiravano con predatoria noncuranza accanto agli sfollati che stavano alleggerendo il proprio bagaglio.
— Parassiti — commentò Constantine. Quella vista ebbe l’effetto di deprimerlo. — Signori, è giunto il momento di proseguire.
Le guardie lo scortarono attraverso un ingresso sbarrato da una catena che dava accesso ad una rampa privata imbottita di velcro. Gli stivali adesivi di Constantine crepitavano e sfrigolavano sul tessuto.
Constantine fluttuò giù in caduta libera lungo il tubo d’imbarco che portava alla camera d’equilibrio della Friendship Serena, Una volta dentro, prese posto sul suo seggiolino antiaccelerazione favorito e si collegò con il video per godersi il decollo.
All’interno delle scheletriche attrezzature del porto con le loro passerelle di accesso, le navi più piccole facevano la coda ai tubi d’imbarco, rimpicciolite dalla massa stilizzata di una nave stellare degli investitori. Constantine tirò il collo, costringendo le telecamere dello scafo della Friendship Serena a ruotare con servile obbedienza. — Quella nave degli investitori è ancora qui? — commentò a voce alta. Sorrise. — Pensate che siano ancora a caccia di affari?
Sollevò i videoschermi. All’interno della cabina della nave le sue guardie si erano raccolte intorno a un serbatoio sopra di loro, inspirando gas tranquillante attraverso maschere respiratorie. Uno di loro sollevò lo sguardo, gli occhi arrossati. — Possiamo metterci in animazione sospesa adesso, signore?
Constantine annuì acido. Da quando la guerra era ricominciata, le sue guardie avevano perso completamente il loro senso dell’umorismo.
Nora sollevò lo sguardo su suo marito che se ne stava disteso di traverso sopra di lei, su un sedile torreggiante. Il suo volto era nascosto da una barba scura e da occhiali parasole opachi dal profilo avvolgente. Aveva capelli tagliati a spazzola e indossava una tuta mech. La sua vecchia valigetta diplomatica costellata di cicatrici era appoggiata sulla felpa tutta raschiata del ponte. La portava con sé… aveva intenzione di disertare.
La massiccia gravità della nave degli investitori pesava su entrambi come un carico di ferro. — Smettila di andare su e giù, Nora — lui disse. — Finirai soltanto per affaticarti.
— Mi riposerò più tardi — replicò Nora. La tensione le aggrovigliava il collo e le spalle.
— Riposati ora. Prendi l’altro sedile. Se chiuderai gli occhi e dormirai un poco… qualche istante di distensione…
— Non verrò con te. — Nora si tolse i propri occhiali parasole e si sfregò la sommità del naso. L’illuminazione della cabina era la luce preferita dagli investitori, una vampa ardente bianco-azzurra, sbordante nell’ultravioletto.
Nora odiava quella luce. In qualche modo aveva sempre provato risentimento nei confronti degli investitori, per aver derubato del suo significato la morte della sua famiglia. E i tre mesi che una volta aveva trascorso in una nave come quella erano stati il periodo più alienante della sua vita. Lindsay si era adattato rapidamente, un cane solare consumato, disposto a trattare con gli alieni come sarebbe stato disposto a fare con chiunque altro. Allora Nora si era interrogata su questo fatto. E adesso avevano completato il cerchio.
Lindsay riprese: — Sei arrivata fin qui. Non l’avresti fatto se non avessi voluto venire con me. Io ti conosco, Nora. Sei sempre la stessa, anche se io sono cambiato.
— Sono venuta perché volevo essere con te ogni momento possibile. — Ricacciò indietro le lacrime, il volto immobile. La sensazione era orribile, una nausea nera. Troppe lacrime, rifletté, erano state respinte per troppo tempo. Sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbero finito per soffocarla.
Constantine aveva usato ogni debolezza in Goldreich-Tremaine, pensò Nora. E la mia speciale debolezza è stato quest’uomo. Quando Abelard era tornato dalla clinica del ringiovanimento, tre settimane più tardi, era così cambiato che i robot della loro casa non avevano voluto lasciarlo entrare… Ma anche questo non era stato brutto come i giorni che aveva passato senza di lui, a cercarlo, scoprendo che la subolla del mercato nero dov’era andato era stata sgonfiata e riposta da qualche parte, chiedendosi quale furtiva Camera Stellare lo stesse facendo a pezzi.
— Questa è colpa mia — disse. — Ho accusato Constantine senza nessuna prova, e lui mi ha umiliato. La prossima volta saprò come comportarmi.
— Constantine non ha avuto niente a che fare con tutto questo — replicò Lindsay. — So cos’ho visto in quella clinica. Erano superintelligenti.
— Non riesco a credere nei cataclisti — disse ancora Nora. — Quei superintelligenti vengono sorvegliati come gioielli; non hanno spazio per delle inverosimili cospirazioni. Quello che hai visto era un imbroglio, è stata tutta una messa in scena per farmi uscire allo scoperto. Ed io ci sono cascata.
— Non essere orgogliosa, Nora. L’orgoglio ti acceca. I cataclisti mi hanno rapito, e tu non vuoi neppure ammettere che esistano. Non puoi vincere perché non puoi riportare indietro il passato. Lascia andare, e vieni con me.
— Quando vedo quello che Constantine ha fatto alla Congrega…
— Non è colpa tua! Mio Dio, non ci sono già abbastanza disastri senza che tu stia ad ammucchiarli tutti sopra le tue spalle? Goldreich-Tremaine è finita! Adesso dobbiamo vivere! Anni fa ti avevo già detto che non poteva durare, e adesso è finita! — Spalancò le braccia di scatto. Quello sinistro, attirato dalla gravità, ricadde floscio. L’altro, pieno d’energia, roteò senza sforzo descrivendo un arco.
Avevano discusso la cosa cento volte, e Nora vide che i suoi nervi si erano logorati. Sotto l’influenza del trattamento la sua pazienza, conquistata duramente, era scomparsa nell’avvampare della falsa giovinezza. Ora lui stava urlando: — Non sei Dio! Non sei la storia! Non sei il Consiglio dell’Anello! Non lusingarti! Adesso non sei più niente, sei un bersaglio, un capro espiatorio! Scappa, Nora! Canesolarìzzati!
— Il clan dei Mavrides ha bisogno di me — lei insisté.
— Stanno meglio senza di te. Adesso per loro tu sei un imbarazzo. Lo siamo tutti e due.