La frangia del guardiamarina inquietava Lindsay. Tremolava troppo. Un rapido tremolio veniva di solito interpretato come un segno di divertimento. Negli esseri umani i movimenti muscolari relativi a una rauca risata, o a un risolino nervoso, erano un segno di profonda tensione. Lindsay, malgrado il suo interesse professionale, non aveva nessun desiderio di essere il primo ad assistere a una crisi isterica di un investitore. Sperò che si trattasse soltanto d’un istintivo atteggiamento di ripugnanza nei suoi confronti. Quella nave era arrivata di recente nel sistema solare, e il suo equipaggio non era abituato all’umanità.
— Nessuna notizia, Artista — disse il guardiamarina, in un faticoso inglese commerciale. — Soltanto un’ulteriore discussione sul pagamento.
— Un buon affare — replicò Lindsay, in investitore. La gola gli fece male per quell’acuto flautare, ma lo preferiva ai bizzarri tentativi del guardiamarina per padroneggiare la lingua umana.
Quel guardiamarina non era come il primo da lui incontrato. Quell’investitore era stato conciliante e cortese, il suo vocabolario carico di scorrevoli anche se poco convincenti cliché spulciati dalle trasmissioni televisive umane. Quel nuovo guardiamarina stava facendo un evidente sforzo per riuscire a parlare.
Era chiaro che gli investitori avevano mandato i loro elementi migliori per il primo contatto. Ora, dopo trentasette anni, pareva che il sistema solare venisse considerato sicuro anche per gli elementi più scadenti tra gli investitori. — Il nostro comandante ti vuole su nastro — disse il guardiamarina, in inglese.
Lindsay portò automaticamente la mano alla sottile catena che gli avvolgeva il collo. Il suo videomonocolo con il prezioso film di Nora era appeso là. — Ho un nastro per la maggior parte vuoto. Non posso cederlo, ma…
— La nostra comandante è molto legata al suo nastro. Il suo nastro ha moltissime altre immagini ma nessuna della tua specie. Lei lo studierà.
— Vorrei avere un’altra udienza con la comandante — disse Lindsay. — La prima è stata così breve… Mi sottoporrò con gioia alla registrazione. Hai la tua telecamera?
Il guardiamarina sbatté gli occhi, la lucida membrana nittitante tremolò verso l’alto sopra il suo bulbo oculare scuro e sporgente. La penombra della stanza pareva metterlo a disagio. — Ho il nastro. — Aprì la sua valigetta sovraspalla e tirò fuori un contenitore piatto e rotondo. Strinse il contenitore fra due delle sue enormi dita dei piedi e lo appoggiò sul pavimento color grigio metallico. — Aprirai il contenitore. Poi farai dei movimenti divertenti e caratteristici della tua specie che il nastro vedrà. Continua a farlo finché il nastro non ti avrà capito.
Lindsay fece oscillare la mandibola da parte a parte imitando l’annuire degli investitori. Il guardiamarina parve soddisfatto. — Parlare non è necessario. Il nastro non sente il suono. — L’investitore si girò verso la porta. — Tornerò a prendere il nastro fra due delle tue ore.
Rimasto solo, Lindsay studiò il contenitore, il coperchio metallico rugoso e dorato era grande come entrambe le sue mani completamente spalancate. Prima di aprirlo aspettò un attimo, assaporando tutto il proprio disgusto. Era rivolto tanto verso se stesso quanto verso i suoi ospiti.
Gli investitori non avevano chiesto di venir deificati; semplicemente avevano perseguito i propri guadagni. Erano stati per secoli consapevoli dell’esistenza dell’umanità. Del resto, erano assai più vecchi dell’umanità. Ma si erano saggiamente astenuti dall’interferire fino a quando non avevano visto che avrebbero potuto estorcere un decente guadagno dalla specie. Dal punto di vista degli investigatori, le loro azioni erano semplici e chiare.
Lindsay aprì infine il contenitore. All’interno c’era una bobina grigio-ferro con dieci centimetri di nastro-guida biancastro. Lindsay mise da parte il coperchio (il sottile metallo era pesante come il piombo alla gravità degli investitori) e poi s’immobilizzò. Il nastro si era messo a frusciare nella scatola. L’estremità del nastro-guida scattò verso l’alto, torcendosi, e tutto il nastro cominciò a srotolarsi. Si sollevò, sferzando l’aria e increspandosi, deboli barbagli di colore in apparenza casuali si avvolgevano come tante spire per la sua lunghezza. In pochi istanti aveva formato una sorta di nuvola aperta di nastro brillante, sorreggendosi a un reticolo rigido e semiappiattito.
Lindsay, sempre inginocchiato e muovendo solamente gli occhi, osservava guardingo. Si rese conto che l’estremità bianca era la testa della creatura-nastro. La testa si muoveva su un lungo cappio allungato, controllando la stanza in cerca di movimenti.
La creatura-nastro continuò a muoversi incessantemente, allungandosi fino a formare una massa aperta di spirali ed eliche. Allentato al massimo, finì per formare una sorta di gomitolo di spago rigonfio e barcollante, alto quanto un uomo. Le sue volute di sostegno, irrigidite, frusciavano con un sottile raschiamento sul pavimento.
A tutta prima, lui aveva pensato che si trattasse di una macchina. Una macchina pericolosa, poiché gli orli del nastro animati da continue contorsioni erano affilati come rasoi. Ma nel modo in cui si srotolava c’era una fluidità organica non programmata.
Lindsay non si era ancora mosso. Sembrava che la creatura non fosse in grado di vederlo.
Scosse violentemente la testa, e i massicci occhiali parasole sulla sua fronte volarono attraverso la stanza. La testa del nastro volò subito al loro inseguimento.
La mimica cominciò dalla coda. Il nastro si rimpicciolì, accartocciandosi come una palla di carta da imballaggio, abbozzando la forma degli occhiali parasole, ripiegandosi strettamente. Prima di aver completato del tutto l’opera, il nastro parve però perdere interesse. Esitò, osservando gli occhiali parasole che rimanevano inerti, poi si sfaldò in una massa sciolta che sferzava l’aria.
Mimò brevemente la forma accucciata di Lindsay, arrotolandosi in una scultura di nastro frusciante nella dimensione d’un uomo con la bocca spalancata. La colorazione imitò rapidamente quella ruggine su nero della sua tuta. Poi la testa del nastro guardò altrove e l’immagine volò in pezzi, con i colori che cambiavano in una cascata di pulsazioni irregolari.
Il nastro tremolò, mentre Lindsay guardava. La sua testa bianca esaminò lentamente l’intera scena, tutt’intorno, quasi furtivamente. Lampeggiò d’un marrone fangoso, il colore della pelle degli investitori. Lentamente una memoria biologica, o cibernetica, ne prese il controllo. Cominciò ad affardellarsi e a spiegazzarsi in una nuova forma. Prese consistenza l’immagine d’un piccolo investitore. Lindsay era eccitato. Nessun essere umano aveva mai visto un investitore bambino, e si supponeva che fossero molto rari. Ma ben presto Lindsay capì dalle proporzioni che il nastro stava modellando una femmina adulta. Il nastro era troppo piccolo per formare una replica in grandezza naturale, ma l’accuratezza del modello, anche se alto soltanto fino al ginocchio, lo lasciò stupefatto. Minuscole vesciche riproducevano la pelle dura e sassosa del cranio e del collo; i minuscoli occhi, due protuberanze colorate, avevano un’espressione tranquilla.
Lindsay provò un brivido. Riconobbe l’individuo. E l’espressione era d’un ottuso dolore animale. Il nastro stava riproducendo l’immagine del comandante investitore. Ansimava, le sue costole dal profilo d’una botte si alzavano e si abbassavano. Era goffamente accosciata, una mano artigliata allargata sopra ciascuno dei ginocchi spinti verso l’alto. La bocca si apriva come in preda agli spasimi, mostrando dei denti a paletta malamente imitati e le pareti cave, sottili come carta, della riproduzione in scala ridotta della testa del modello. Il comandante della nave stava male. Nessuno aveva mai visto un investitore ammalato. La stranezza della cosa, pensò Lindsay, doveva essere rimasta impressa nella memoria del nastro. Quella era un’occasione da non perdere. Con glaciale lentezza, Lindsay aprì la chiusura-lampo della sua tuta ed espose il videomonocolo appeso alla catenella. Cominciò a filmare.