— Greta, questa generosità spontanea mi sorprende. Perché sei così?
— Una moglie-poliziotta? Oh, all’inizio non avevo a che fare con la Sicurezza. Ero una moglie di Carnassus, un rapporto strettamente erotico. La promozione è arrivata più tardi. Non faccio parte dello spionaggio. Faccio soltanto un lavoro di collegamento.
— Molti altri prima di me?
— Qualcuno. Cani solari, per la maggior parte. Nessun accademico plasmatore di rango.
— Hai conosciuto Michael Carnassus?
Lei esibì un remoto sorriso. — Soltanto nella carne… Siamo quasi arrivati. L’Harem della Polizia ha dei tavoli riservati. Sono sicura che ne vuoi uno accanto alle finestre.
La fioca intimità del Periscopio, agli occhi di Lindsay devastati dall’intensità luminosa, pareva impossibilmente tetra. Il vapore si levava dalle pietanze sui tavoli. S’infilò il guanto sinistro. Non era mai stato in un posto così freddo.
Una gelida luce azzurra entrava a fiotti dalle rigonfie finestre concave. Lindsay lanciò una rapida occhiata attraverso il metavetro, vide una caverna rocciosa piena per metà d’acqua. Una sfera di osservazione grande come una casa era ancorata al soffitto della caverna. Accanto ad essa c’era un banco di riflettori azzurri, montati di traverso al soffitto su dei binari arcuati. Lindsay infilò gli stivali nelle staffe d’una seggiola a bassa gravità. Il sedile si riscaldò sotto di lui; la sua sella imbottita era dotata di elementi riscaldanti.
Greta gli sorrise dall’altra parte del tavolo, i suoi occhi azzurri parevano enormi nella penombra. Era un sorriso amichevole, senza nessuna traccia di adescamento; in realtà, senza il minimo sottofondo. Nessuna paura, nessuna timidezza; niente di niente, soltanto un accenno ben equilibrato di pacata benevolenza. I suoi capelli biondi avevano la scriminatura nel mezzo e le ricadevano lungo gli orecchi e gli zigomi con bordi lisci dal taglio smussato, secondo i più recenti dettami della moda di Dembowska. I capelli avevano un aspetto molto pulito. Lindsay provò l’istinto di farvi scorrere in mezzo la mano, così come avrebbe potuto passare le dita sul dorso di cuoio d’un libro.
Le lettere fiammeggianti del menù comparvero sulla superficie del tavolo. Lindsay appoggiò la mano guantata sul ripiano. La superficie era appiccicosa a causa dei polimeri adesivi. Ritrasse le dita; dapprima la colla lo trattenne, poi lasciò di colpo la presa, senza che restasse la minima traccia. Guardò il menù. — Non ci sono i prezzi.
— L’Harem della Polizia salderà il conto. Non vorremmo che ti facessi una cattiva opinione della nostra cucina. — Indicò con un cenno del capo il lato opposto del ristorante. — Quel gentiluomo in biocorazza, al tavolo alla tua destra… quello è Lewis Martinez con sua moglie Lydia. È a capo della Martinez Corp, il suo rango è di controllore. Dicono che sua moglie sia nata sulla Terra.
— Sembra molto ben conservata. — Lindsay fissò con franca curiosità quella coppia sinistra, la cui abilità come spie industriali era diventata proverbiale nei circoli della Sicurezza dei Plasmatori. Parlavano sottovoce fra una portata e l’altra, sorridendosi con un non simulato affetto. Lindsay avvertì una fitta di dolore.
Greta aveva ripreso a parlare. — L’uomo con il servoripiano è il coordinatore Brandt… Il gruppo accanto alla finestra successiva fa parte della Kabuki Intrasolar. Quello con la giacca pacchiana è Wells…
— Ryumin mangia mai qui?
— Oh… no. — Greta lo gratificò d’un fugace sorriso. — Lui trasmette in circoli diversi.
Lindsay si sfregò pensoso il mento barbuto. — Sta bene, spero.
Greta fu cortese. — Non sta a me giudicare. Sembra felice. Lascia che ordini per te. — Digitò degli ordini sulla fascia laterale del tavolo adibita a tastiera.
— Perché fa così fresco?
— Storia. Moda. Dembowska è una vecchia colonia; ha sofferto di un crollo ecologico. Ci sono posti dove potrei mostrarti strati di muffa lampoghiacciati che ancora si staccano dalle pareti. Le peggiori putrescenze si sono adattate alla stretta gamma di temperature. Quando fa così freddo, sono in letargo. Non è la sola ragione, comunque. — Indicò con un gesto la finestra. — Quello ha la sua influenza.
Lindsay guardò fuori. — La piscina?
Greta fece una risatina di cortesia. — L’extraterrario, Bela.
— Che io sia bruciato! — Lindsay aguzzò gli occhi fuori della finestra.
La cavità rozzamente scavata traboccava di un turgido liquido color ruggine. A tutta prima aveva pensato che si trattasse di acqua. — È là che tengono i mostri — commentò. — Quel globo di osservazione è il palazzo di Carnassus, non è vero?
— Naturalmente.
— È molto piccolo.
— È una replica esatta dell’osservatorio della spedizione Chaikin. Naturalmente non è grande. Immagino che gli investitori si siano fatti pagare da loro per trasportarlo fino alle stelle. Carnassus vive molto modestamente, Bela. Non è come la Sicurezza dell’Anello ti ha raccontato.
Tutti gli istinti diplomatici suggerivano a Lindsay di trattenersi. Con uno sforzo, li violò. — Ma ha duecento mogli.
— Pensa a noi come a del personale psichiatrico, revisore. Per Carnassus un matrimonio è una questione di rango. Dembowska dipende da lui, e lui dipende da noi. Lindsay chiese: — Potrei incontrare Carnassus?
— Spetta al capo della polizia decidere questo. Ma a che pro? L’uomo riesce appena appena a parlare. Non è come dicono negli Anelli. Carnassus è molto stordito, anche se è molto gentile… Dicono che è stato ferito. Ma quando la sua ambasciata stava fallendo ha preso una droga sperimentale, PDKL-95. Avrebbe dovuto aiutarlo a capire il modo di pensare degli alieni, ma lo ha distrutto. Era un uomo coraggioso. Noi proviamo pietà per lui. L’aspetto sessuale è una parte molto minore della faccenda.
Lindsay rifletté sulla cosa. — Capisco. Con altre duecento, alcune di esse favorite, c’è da presumere, dev’essere un ruolo piuttosto raro… Una volta all’anno, forse?
Lei lo fissò, calma. — Non così raro, ma hai afferrato la sostanza. Non ti nasconderò la verità, Bela. Carnassus non è il nostro sovrano: è la nostra risorsa. L’Harem governa Dembowska perché noi lo circondiamo e siamo le sole a cui lui è disposto a parlare. — La donna sorrise. — Non è un matriarcato. Noi non siamo madri. Siamo la polizia.
Lindsay guardò fuori della finestra. Una goccia cadde giù e increspò la superficie della piscina. Era etano liquido. Subito al di là del metalvetro, quella pigra pozza era istantaneamente letale, a 180° Celsius sotto lo zero. Un uomo in quella pozza rossastra sarebbe congelato nel giro di pochi istanti, diventando una massa turgida di roccia. D’un tratto Lindsay si rese conto che le pietre grige delle sponde erano acqua ghiacciata.
Qualcosa stava emergendo sulla riva. Alla fioca luce bluastra, la superficie dell’etano venne perforata da quello che pareva un insieme di ramoscelli spezzati. Perfino a quella debole gravità, i movimenti della creatura erano glaciali. Lindsay la indicò.
— Uno scorpione di mare — spiegò Greta. — Un euripteroide, per dargli il suo nome ufficiale. Sta aggredendo quel grumo sulla sponda. Quella melma nera è vegetazione. — Il predatore continuò a uscire con paralitica lentezza dal liquido sottile. Adesso i ramoscelli si rivelarono come lunghi e sottili artigli fra di loro intrecciati, simili a un cesto, con una struttura che ricordava uno schieramento di denti a sciabola. — La sua preda sta raccogliendo energia per balzare. Per questo ci vorrà un po’. Secondo i livelli di questo ecosistema, questo in realtà è un attacco fulmineo. Osserva le dimensioni di quel cefalotorace, Bela.