— Sì.
— Quelli sono batteri. Questo è un mechanist, capisci?
— Tu?
Greta sorrise. — Spesso questa è la parte più difficile per un plasmatore. Qui non puoi rimanere sterile. Noi dipendiamo da quelle piccole creature. Non abbiamo le vostre alterazioni interne. Non le vogliamo. Dovrete strisciare come il resto di noi. — Gli prese la mano sinistra.
La mano di Greta era calda e lievemente umida. — Questa è una contaminazione. La trovi così brutta?
— No.
— Meglio farlo subito e chiudere la faccenda. Non sei d’accordo?
Lui annuì. Greta gli mise la mano sulla nuca e lo baciò con calore. La sua bocca era aperta. Lindsay si portò la manica di flanella alle labbra. — Questo è assai più di un intervento medico — disse.
Greta gli sfilò dalla testa l’asciugamano annodato e lo gettò al roboservo in attesa. — Le notti sono fredde a Dembowska. In due dentro un letto è più caldo.
— Ho una moglie.
— Monogamo? Com’è strano. — Gli sorrise comprensiva. — Guarda in faccia i fatti, Bela. La diserzione ha rotto il tuo contratto con i Mavrides. Adesso sei una non-persona. Salvo che per noi.
Lindsay rifletté. Un’immagine emerse dentro di lui: Nora, rannicchiata tutta sola nel loro letto, gli occhi spalancati, la sua mente che galoppava mentre il nemico la stringeva sempre più dappresso… Scosse la testa.
Con calma, Greta gli lisciò i capelli. — Se tu tentassi un pochino, recupereresti il tuo appetito. Comunque, è saggio non affrettare le cose.
Greta mostrava il cortese disappunto che una padrona di casa poteva esibire nei confronti di un ospite che avesse rifiutato il dessert.
Si sentiva stanco. Malgrado la rinnovata giovinezza, era tutto dolorante a causa dell’eccessiva gravità degli investitori.
— Ti faccio vedere la camera da letto. — Questa era rivestita di pelliccia scura. Il baldacchino che sovrastava il letto era un videosoffitto. L’enorme capezzale era equipaggiato con le più recenti innovazioni nel campo della tecnologia del sonno. Lindsay riconobbe un encefalografo, spinotti per il monitoraggio, parti artificiali del corpo, fluorografi per il frazionamento del sangue.
Lindsay salì sul letto scalciando via i calzari. Le lenzuola s’incresparono stendendosi sopra di lui. — Dormi bene — disse Greta, congedandosi. Qualcosa gli toccò la sommità del cranio. Sopra di lui il baldacchino si animò silenziosamente, abbozzando i ritmi del cervello. Le onde erano complesse ed enigmaticamente schematizzate. L’onda di una delle funzioni cerebrali era messa in risalto da un rosa intenso. Mentre la fissava, rilassandosi, l’onda cominciò a crescere. Intuì all’improvviso tutto quello che accadeva dentro la sua mente per renderla più grande. Si arrese ad essa, e d’un tratto si addormentò.
Quando si svegliò, la mattina dopo, Greta dormiva pacificamente accanto a lui, aveva applicata alla fronte una tiara-sveglia, collegata al sistema di sicurezza della casa.
Scivolò fuori dal letto. La pelle gli prudeva ferocemente. Si sentiva la lingua impastata. Aveva il corpo tutto informicolato.
— Non avrei mai pensato d’incontrarti in questo modo, Fyodor. — Sulla parete del salotto di Greta, sul lato opposto della stanza, di fronte a Lindsay, il volto videomanicurato di Ryumin riluceva d’una salute fasulla. Era una buona riproduzione, ma agli occhi addestrati di Lindsay, la sua origine parlava chiaro: un computer. La sua perfezione era agghiacciante. Le labbra si muovevano con accuratezza sofisticata, accompagnando le parole di Ryumin, ma le piccole idiosincrasie dei suoi movimenti erano bizzarramente stonate. — Per quanto tempo tu sei stato una testa-di-cavo?
— Dieci anni o giù di lì. Il tempo si altera sotto i cavi. Sai, così su due piedi non riesco a ricordare dove ho lasciato il mio cervello. In qualche posto improbabile, ne sono sicuro. — Ryumin sorrise. — Dev’essere nel Cartello Dembowska, altrimenti ci sarebbe un ritardo nella trasmissione.
— Voglio parlare in privato. Quante persone pensi che ci stiano ascoltando?
— Soltanto la polizia — gli assicurò Ryumin. — Sei in una casa-cassaforte dell’Harem; le loro chiamate vengono convogliate direttamente attraverso i banchi-dati del Capo. In Dembowska questo è il massimo del privato. Specialmente per qualcuno il cui passato è dubbio come il tuo, signor Dze.
Lindsay si passò un fazzoletto sul naso. I nuovi batteri avevano colpito brutalmente i suoi seni nasali, anche se erano già stati indeboliti dall’aria carica di ozono degli investitori. — Le cose erano diverse nello Zaibatsu, quand’eravamo faccia a faccia.
— I cavi causano cambiamenti — sentenziò Ryumin. — Diventa tutta una questione di input, capisci? Sistemi. Dati. Tendiamo al solipsismo; si accompagna al territorio. Per favore, non risentirti se dubito di te.
— Da quanto tempo sei a Dembowska?
— Da quando la pace ha cominciato a sbriciolarsi. Avevo bisogno di un paradiso. Questo era il migliore disponibile.
— Così i tuoi viaggi sono finiti, vecchio.
— Sì e no, signor Dze. Alla perdita della mobilità si accompagna l’estensione dei sensi. Se voglio, posso passare ad una sonda in orbita mercuriana. Oppure fra i venti di Giove. In effetti lo faccio spesso. D’un tratto mi trovo là con la stessa completezza con cui sono da qualunque altra parte, oggi. La mente non è quella che pensi tu, signor Dze. Quando l’afferri con dei cavi, tende a scorrere. I dati sembrano emergere come bolle da qualche profondo strato della mente. Questo non significa esattamente vivere, ma ha i suoi vantaggi.
— Hai rinunciato alla Kabuki Intrasolar?
— Con la guerra che si sta scaldando sempre più, i gloriosi giorni del teatro sono finiti, per un po’. La Rete mi impegna per la maggior parte del tempo.
— Giornalismo?
— Sì. Noi teste-di-cavo… o meglio, mechanist anziani, per darci un nome che non sia deturpato dalla propaganda dei Plasmatori, noi abbiamo i nostri modi per lo scorrimento dei dati. Una rete per le notizie. Alla sua massima intensità, si avvicina alla telepatia. Io sono il corrispondente locale per la Rete Datacom di Cerere. Ho la cittadinanza, anche se legalmente parlando è più conveniente venir trattati come hardware deprezzabile posseduto per intero. La nostra vita è informazione. Perfino il denaro è informazione. I soldi e la vita sono un tutt’uno.
La voce sintetizzata del mechanist era calma, spassionata, ma Lindsay provava una sensazione di allarme. — Sei in pericolo, vecchio? C’è niente che possa fare per aiutarti?
— Ragazzo mio — disse Ryumin — esiste un intero mondo dietro a questo schermo. Le linee sono diventate talmente confuse che delle banali questioni di vita o di morte devono accomodarsi in fondo alla sala. Fra noi ci sono quelli il cui cervello è crollato molti anni fa: proseguono traballando, facendo investimenti e seguendo routine programmate. Se i carnosi lo sapessero, li dichiarerebbero legalmente morti. Ma noi non glielo diciamo. — Sorrise. — Consideraci angeli, signor Dze. Spiriti su cavo. Talvolta è più facile così.
— Qui sono un estraneo. Speravo che tu potessi aiutarmi come hai fatto una volta. Ho bisogno di consigli. Ho bisogno della tua saggezza.
Ryumin esibì un perfetto sospiro. — Un tempo, quand’eravamo entrambi dei vagabondi, ho conosciuto un Dze. Mi fidavo di lui; ammiravo il suo coraggio. Eravamo uomini insieme. Il caso non è più quello.