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— Senza alcun dubbio — ammise Lindsay. Non aveva saputo della morte di Afriel. Quella consapevolezza lo riempì d’una sorta di amaro piacere: un altro fanatico sparito, un’altra vita ricca di doti finita sprecata…

— L’odio è una motivazione più facile da esplorare. Strano che tu debba caderne preda, Artista. Mi fai dubitare del mio giudizio sulla tua specie.

— Mi dispiace di essere una fonte di confusione. Il cancelliere-generale Constantine potrebbe spiegarlo meglio.

— Gli parlerò. Lui e il suo gruppo sono appena saliti a bordo. Però non è un modello adatto a esprimere un giudizio sulla natura umana. La nostra analisi rivela che è a favore di drastiche alterazioni.

Molti lo sono al giorno d’oggi, pensò Lindsay. Perfino i giovanissimi. Come se l’esistenza della Repubblica Neotecnica, con la sua forzata umanità, liberasse le altre fazioni da una soffocante finzione. — Lo trovi strano in una razza che viaggia nello spazio?

— No. Niente affatto. È per questo che ne sono rimaste così poche.

— Diciannove — disse Lindsay

— Sì. Il numero delle razze scomparse all’interno del nostro regno commerciale è più grande d’un intero ordine di magnitudine. Però i loro manufatti persistono, come quello che abbiamo in mente di affittarvi adesso. — L’investitore mostrò i suoi denti striati, simili a paletti, un segno di disgusto e di riluttanza. — Avevamo sperato di poter stabilire un commercio davvero a lungo termine con la tua specie, ma non possiamo dissuadervi dal mirare a nuove, clamorose scoperte nell’ambito dei problemi della metafisica. Ben presto saremo costretti a porre in quarantena il vostro sistema solare, per timore di venir invischiati nelle vostre transazioni. Nel frattempo dobbiamo abbandonare alcuni scrupoli per rendere redditizi certi nostri investimenti locali.

— Mi allarmi — replicò Lindsay. Aveva già sentito altre volte questo discorso. Vaghi ammonimenti da parte degli investitori, intesi a congelare l’umanità nel proprio attuale livello di sviluppo. Lo divertiva pensare che gli investitori dovessero predicare il preservazionismo. — La guerra è certamente una minaccia molto maggiore.

— No — disse l’investitore. — Noi stessi vi abbiamo presentato delle prove. Il nostro motore interstellare vi ha dimostrato che lo spazio-tempo non è quello che pensavate. Ne devi essere conscio, Artista. Considera le recenti scoperte nella trattazione matematica di quello che voi chiamate lo spazio di Hilbert e lo spazio primigenio del pre-continuum. Non possono essere sfuggite alla tua attenzione.

— La matematica non è il mio forte — dichiarò Lindsay.

— Neppure il nostro. Sappiamo soltanto che queste scoperte sono segni di pericolo che indicano un’imminente transizione ad un altro modo di essere.

— Imminente?

— Sì. Questione soltanto di pochi secoli.

Secoli, pensò Lindsay. Era facile dimenticarsi di quanto fossero vecchi gli investitori. Il loro profondo disinteresse per i cambiamenti offriva loro una visuale ampia ma poco profonda. Non avevano nessun interesse per la loro stessa storia, nessuna urgenza di mettere a confronto la propria vita con quella dei loro morti, poiché non c’era nessuna convinzione che la loro vita e le loro motivazioni potessero variare anche soltanto lievemente. Avevano qualche vaga leggenda e intricate descrizioni tecniche riguardanti particolari oggetti pregiati appartenenti al loro bottino, ma anche quei frammenti di storia andavano perduti nella corsa all’accaparramento del bottino, una corsa che ricordava molto quella di una taccola.

— Non tutte le razze estinte hanno attuato la transizione — dichiarò il guardiamarina. — Ed è probabile che quelli che hanno inventato l’Arena siano morti di morte violenta. Su questo non abbiamo nessun dato: soltanto informazioni tecniche sui loro modi di percezione, che ci permettono di rendere l’Arena comprensibile al sistema nervoso umano. In ciò abbiamo avuto l’assistenza del Dipartimento di Neurologia della Kosmosity dello Stato Corporativo di Nysa.

Le reclute di Constantine, pensò Lindsay. Le teste-di-cavo erranti di Nysa, Mechanist che avevano disertato passando alla causa dei Plasmatori, combinando le tecniche mech con la struttura fascista del complesso accademico-militare dei Plasmatori. — Proprio gli uomini, o meglio proprio gli esseri adatti a quel lavoro.

— Così ha detto il Cancelliere-Generale. Adesso il gruppo si è radunato. Vogliamo raggiungerli?

Il gruppo di Constantine si mescolò a quello di Lindsay in una delle sale cavernose della nave degli investitori. La sala era ingombra di torreggiante mobilia rococò: divani decorati in maniera strabiliante e tavoli simili a lastre di pietra, sostenuti da gambe ricurve incrostate di rigonfiamenti costolati e cartigli stilizzati. Era tutto troppo grande per avere un qualche uso convenzionale per quella ventina di visitatori umani che si rannicchiavano guardinghi sotto i mobili, facendo attenzione a non toccare niente. Quando entrò nella sala, Lindsay vide che i mobili alieni erano stati spruzzati con una spessa lacca per proteggerli dall’ossigeno.

Non aveva mai visto nessuno dei giovani genetici di Constantine. Ne aveva portati dieci con sé: cinque donne e cinque uomini. I germani di Constantine erano più alti di Constantine stesso e avevano i capelli più chiari, ovviamente una piccola spruzzata da qualche altra linea genetica.

Possedevano quel peculiare magnetismo dei Plasmatori, un’acrobatica fluida scioltezza. Eppure, qualcosa nell’impostazione delle loro spalle, delle loro mani agili e capaci, mostrava, nei movimenti espressivi, l’eredità genetica di Constantine. Indossavano dei paramenti esotici: rotondi cappelli di velluto, orecchini di rubino, e giacche di broccato con guarnizioni d’oro. Si erano vestiti così per far colpo sugli investitori, i quali apprezzavano un aspetto prospero nei loro clienti.

Una delle donne voltava le spalle a Lindsay, intenta ad esaminare le torreggiami gambe dei mobili. Gli altri se ne stavano tranquilli, scambiando facezie senza significato con la gente di Lindsay, un gruppo assai vario di accademici e di specialisti sugli investitori in permesso da Czarina-Kluster. Sua moglie Alexandrina si trovava fra loro; stava anzi parlando con lo stesso Constantine, con la sua solita, perfetta, buona educazione. Niente stava a indicare che tutti erano i secondi in un duello, presenti come testimoni per garantire che tutto si svolgesse con imparzialità.

Erano stati due anni di lotta, un negoziato prolungato e delicato, per organizzare un incontro fra lui stesso e Constantine. Alla fine si erano accordati sulla nave interstellare degli investitori come il più adatto campo di battaglia, dove il tradimento sarebbe stato controproducente. L’Arena stessa era rimasta nelle mani degli investitori; i tecnici di Nysa avevano lavorato sui dati liberamente disponibili ad entrambe le parti in causa. I costi erano stati divisi in maniera equa: la maggior parte del finanziamento se l’era assunta Constantine, con un’opzione sui possibili vantaggi tecnologici. Lindsay aveva ricevuto i dati da Dembowska e da Czarina-Kluster con un duplice sotterfugio, per confondere eventuali assassini. Constantine, andava detto a suo credito, non ne aveva mandato nessuno.

La meccanica del loro duello era stata irta di difficoltà. Le proposte più svariate erano state dibattute da una cerchia sempre più ampia di coloro che sapevano. Il combattimento fisico era stato subito respinto come al di sotto della dignità delle due parti avverse. Gli appassionati del gioco d’azzardo sociale della malavita dei Plasmatori, favorivano una forma di tale gioco che avesse come posta il suicidio. Un ricorso al caso, però, presumeva uguaglianza fra le due parti, cosa che nessuno dei due era disposto a concedere.