Navarre irradiava un’educata soddisfazione e fece segno al servo del bistrò, il quale si avvicinò con passo tranquillo sulle sue multiple gambe di plastica. Quel servo, in accordo con la moda del momento, era una fedele miniatura del robot da ricognizione in azione su Marte. Lindsay ordinò un liquore per non apparire scortese.
— Da quanto tempo si trova su Czarina-Kluster, professor Milosz? La sua muscolatura mi dice che lei è stato in un ambiente ad alta gravità. Lavora con gli investitori?
La rapida rotazione della Repubblica aveva marchiato Lindsay. Sorrise: — Non sono libero di parlare.
— Capisco. — Navarre lo gratificò dell’espressione grave e confidenziale di un uomo di mondo suo pari. — Mi fa piacere averla trovata qui nel circondario di Kosmosity. Ha in mente di aderire alla nostra facoltà?
— Sì.
— Un’aggiunta stellare alle nostre ricerche sugli investitori!
— A essere franco, professor Navarre, gli studi sugli investitori hanno perso la loro novità per me. Ho in progetto di specializzarmi negli studi sulla terraformazione.
Navarre sorrise incredulo. — Oh, cielo, sono sicuro che potrebbe fare assai di meglio.
— Davvero? — Lindsay si sporse in avanti in una breve esplosione di movimenti muscolari rozzamente imitati. Tutta la sua agilità d’un tempo nel simulare le più differenti espressioni non c’era più. Quel riflesso l’imbarazzò, e per la centesima volta decise di rinunciarvi.
Navarre proseguì: — La sezione di terraformazione brulica di pazzoidi postcataclisti. Lei è sempre stato un uomo in gamba. Meticoloso. Un buon organizzatore. Odierei vederla finire nella cerchia sbagliata.
— Capisco. Cosa l’ha condotta a Czarina-Kluster?
— Be’ — disse Navarre — i medici dei laboratori della Jastrow Station ed io avevamo delle divergenze a proposito di brevetti. Nel campo della tecnologia delle membrane, capisce. Una tecnica per riprodurre artificialmente la pelle degli investitori, un articolo molto alla moda da queste parti: osservi per esempio gli stivali di quella giovane signora… — Una studentessa cicada con gonna a perline decorata da una vivace pittura spaziale stava sorseggiando una tazza di caffè contro il desolato fondale d’un terreno rosso frantumato. I suoi stivali erano una miniatura di piedi, dita, artigli e tutto il resto degli investitori. Dietro di lei il paesaggio ebbe un improvviso sussulto quando il servo-robot vi passò davanti. Lindsay si aggrappò al tavolo colto da un’improvvisa vertigine.
Navarre barcollò leggermente e disse: — Czarina-Kluster è più amichevole verso gli investitori. Mi hanno tolto dai cani dopo otto mesi soltanto.
— Congratulazioni — disse Lindsay.
I consiglieri della Regina tenevano sotto la sorveglianza dei cani la maggior parte degli immigranti per più di due anni. Fuori delle città, ai loro margini, c’erano interi ambienti in cui la realtà veniva inchiodata dalle telecamere, e tutti erano controllati senza sosta dai videocani. Le intercettazioni elettroniche e i controlli su vasta scala facevano parte della vita pubblica su Czarina-Kluster. Ma i cittadini a pieno titolo potevano sfuggire alla sorveglianza nei “discreti”, le lussuose cittadelle della privacy di Czarina-Kluster.
Lindsay sorseggiò la sua bevanda. — Per prevenire eventuali confusioni, devo dirle che attualmente uso il nome di Lindsay.
— Cosa? Come Wellspring?
— Scusi?
— Lei sapeva della vera identità di Wellspring?
— Ebbene, no — disse Lindsay. — A quanto mi è stato possibile capire, i suoi dati erano andati persi sulla Terra dov’era nato.
Navarre rise deliziato. — La verità è un segreto aperto nei circoli cicada più ristretti. Ne parlano tutti nei discreti. Wellspring è un concatenato. Il suo vero nome è Abelard Malcolm Tyler Lindsay.
— Lei mi lascia esterrefatto.
— Wells gioca molto in profondità. Quella storia della Terra è soltanto un mascheramento.
— Com’è strano.
— Parla del diavolo… — fece Navarre. Una folla fracassona sbucò dall’ingresso della tubovia alla sinistra di Lindsay. Wellspring era arrivato con una congrega di discepoli cicada, una dozzina di studenti usciti di fresco da qualche festa, rossi in faccia, i quali gridavano e ridevano. I giovani cicada erano un turbinio di azzurri e di verdi con lunghi e ondeggianti soprabiti, calzoni con lo specchietto alla caviglia, e luccicanti panciotti a squame di rettile.
Wellspring scorse Lindsay e si avvicinò in caduta libera. I suoi capelli d’un nero opaco erano trattenuti da una coroncina di rame e platino. Sopra la sua giacca verde stampata a fogliami portava un bracciale con un registratore incorporato, il quale irradiava una forte quasi-musica di ramoscelli fruscianti e grida di animali.
— Lindsay! — urlò. — Lindsay! È bello riaverti. — Abbracciò Lindsay con rude vigore e si assicurò a una sedia. Wellspring aveva l’aria di essersi ubriacato. Aveva il volto arrossato, il colletto della camicia aperto, e qualcosa gli stava strisciando nella barba, una piccola popolazione di quelle che sembravano mosche del ferro.
— Com’è andato il tuo viaggio? — gli chiese Lindsay.
— Il Consiglio dell’Anello è una gran noia! Mi spiace non essere stato qui ad accoglierti. — Fece segno a un robot-servo. — Cosa bevi? Che fantastico abisso il Marineris, non è vero? Perfino i tributari hanno le dimensioni del Gran Canyon in Arizona. — Indicò al di là della spalla di Lindsay uno squarcio fra le torreggianti pareti del canyon, dove gelidi venti sollevavano sottili sbuffi color ocra. — Immagina che lì ci sia una cateratta che si sta spelando in un tuonare di arcobaleni! Una vista capace di scuotere l’anima fino alle radici della sua complessità.
— Sicuro — annuì Navarre, con un lieve sorriso.
Wellspring si rivolse a Lindsay. — Ho un piccolo esercizio spirituale per gente dubbiosa come Yevgeny. Ogni giorno dovrebbe recitare fra sé: “Secoli, secoli, secoli”. Gli entusiasmi non durano così a lungo. La carne e il sangue non lo sopportano. — Si rivolse a Navarre: — Le tue ambizioni sono più grandi della vita.
— Naturalmente. Devono esserlo. La comprendono.
— I consiglieri della Regina sono più pratici. — Navarre fissò Wellspring con occhi sospettosi e una punta di disprezzo.
I consiglieri della Regina avevano assunto una posizione di tutta autorità fin dagli albori di Czarina-Kluster. Piuttosto che combatterli per la conquista del potere, Wellspring si era fatto da parte. Adesso, mentre i consiglieri della Regina si arrabattavano per governare giorno dopo giorno nel Palazzo di Czarina, Wellspring aveva scelto di frequentare le città dei cani e i discreti. Spesso spariva per mesi interi, ricomparendo poi con loschi post-umani e altre bizzarre reclute pescate ai margini della società. Era chiaro che queste azioni sconcertavano Navarre.
— Voglio un titolo — disse Wellspring a Lindsay. — Niente di politico.
— Sono sicuro che potremo occuparcene.
Lindsay si guardò intorno. Gli venne da dire, in un accesso di sincerità: — Non mi piace Marte.
Wellspring lo fissò con aria grave. — Ti rendi conto che il destino d’un intero futuro potrebbe aggregarsi intorno a questa frase fugace? È proprio da nuclei di libera volontà come questo che cresce il futuro, con fluido determinismo.
Lindsay sorrise. — È troppo asciutto — dichiarò. La folla urlò, quando il robot scese rapidamente lungo un impervio pendio, facendo barcollare il mondo. — E si muove troppo.
Wellspring era turbato. Mentre si aggiustava il colletto, Lindsay notò il leggero livido lasciato da un’impronta di denti sulla pelle del suo collo. — Un mondo per volta sembra la cosa più saggia da fare, non credi?