E, in effetti, Laio confessò che alla fine aveva scelto di rifugiarsi nei boschi. Aveva intenzione di fare la vita del ramingo e di vivere a contatto con la natura, lontano dalla guerra e dagli uomini. Se la cavava raccogliendo i frutti dagli alberi e scavando radici commestibili. Ogni tanto andava a pescare, con scarsi risultati.
«Qualche volta ce l’ho fatta, però. Erano pesci piccoli, ma gustosi» disse con un sorriso imbarazzato.
I primi tempi aveva dormito all’aperto, sotto gli alberi, ma presto si era reso conto di non poter continuare in quel modo. Si era messo alla ricerca di un capanno da caccia, di una grotta o una tana abbandonata. Invece aveva trovato quella bella casupola.
«Qui sono al sicuro, nessuno mi verrà a cercare. E poi ho con me la spada» aggiunse. «Quando mi sarò stufato di mangiare radici, metterò a frutto i due anni all’Accademia e mi darò alla caccia.»
«Non si caccia con la spada» osservò Nihal.
Laio arrossì. «Magari uno di questi giorni troverò un arco. La guerra non è lontana.»
Nihal scosse la testa. «E ora che farai?»
«Starò qui per un po’, credo.» Laio non aveva il coraggio di guardarla. «Sono cresciuto in questi mesi, sai? Ho visto tante cose. So che posso cavarmela» concluse poco convinto.
«E sarebbe questa la tua massima aspirazione?» chiese Nihal seria. «Startene rintanato nel bosco a vita?»
«Non lo so» sussurrò lui.
«Ma ti sei guardato?» sbottò Nihal. «Sei magro, stanco e sporco. È questa la vita che volevi?»
Gli occhi di Laio si riempirono di lacrime. «No che non è questa.»
«Scappare non serve a niente, Laio» mormorò Nihal. «I tuoi problemi ti seguiranno anche in capo al mondo.»
Nella stanza scese il silenzio. La tempesta sembrava essersi calmata. Non si sentivano più i tuoni, solo la pioggia battente che risuonava sui muri e sul tetto.
Nihal guardò il fuoco. «Perché non vieni con me?» disse.
Laio la fissò, incredulo. «Con te?»
«Sì. La base è un bel posto. E poi, non dicevi di voler fare lo scudiero? Là potresti imparare il mestiere, renderti utile.»
Laio scosse la testa.
«Non sarà per sempre» continuò Nihal. «Il tempo di rimetterti in sesto, di capire cosa vuoi. Insomma, non ti va di stare un po’ con me? Come ai vecchi tempi?»
Laio sorrise. «Fammici pensare.»
Stesa su un po’ di paglia ammassata alla buona, Nihal si svegliò di colpo. Scostò rapida il mantello che la copriva e la sua mano corse alla spada. Pioveva ancora. Insieme al rumore delle gocce sulle pareti udì il suono di passi nel fango. Sembrava che qualcuno si stesse appostando intorno alla casa. Nihal rimase immobile, i sensi tesi, per cercare di capire quanti fossero. Si alzò in silenzio, si avvicinò all’amico e gli scosse una spalla.
«Che ora è?» borbottò Laio, con la voce impastata dal sonno.
Nihal gli fece segno di parlare più piano. «Prendi la spada e mettiti alle mie spalle» sussurrò.
Il ragazzo si svegliò di colpo. «Che cosa succede?»
«Ci attaccano. Siamo circondati» sussurrò Nihal. Si accostò alla porta e si mise in ascolto. «Appena abbiamo via libera, scappiamo. Chiaro?»
Laio annuì.
Ora i passi erano più vicini. Due persone, subito fuori dalla casa. Gli altri dovevano essere almeno una quindicina, ma Nihal non riusciva a capire dove si trovassero. Sono tanti, maledizione. Troppi.
La porta venne sfondata all’improvviso.
Laio urlò, ma Nihal non si lasciò prendere alla sprovvista. Sbatté a terra il primo nemico, un grassone grosso quanto una montagna e armato di una corta daga, non appena ebbe varcato la soglia e lo trafisse senza dargli il tempo di fiatare. Un istante dopo, un tizio truce e nerboruto, del tutto calvo, brandì una scure davanti a lei. Gli altri erano sul retro. Sentiva i loro grugniti concitati. Fammin.
«Fatti sotto, bambina» ringhiò l’uomo con la scure.
Nihal si gettò avanti e lo spinse con violenza. «Scappa!» urlò a Laio.
L’uomo cadde a terra ma si rialzò subito imprecando. Nihal, però, fu più veloce. Con un fendente gli mozzò la mano e lo lasciò a urlare sulla soglia della casa diroccata.
Laio aveva raggiunto il cavallo di Nihal ed era montato in sella. Raccolse al volo l’amica e partirono al galoppo. La corsa non era facile. La pioggia aveva reso viscido il terreno e al buio era quasi impossibile orientarsi.
Un sibilo acuto fendette la cortina d’acqua.
«Hanno gli archi!» urlò Nihal.
Laio incitò il cavallo, ma l’animale incespicava di continuo. Quando una freccia lo raggiunse a una zampa, Laio e Nihal caddero sul terreno fangoso.
Nihal si rialzò subito, Laio restò a terra e iniziò a gemere. I passi degli inseguitori si fecero più rapidi e incalzanti.
«Alzati!» gridò Nihal.
«Non ce la faccio. Il piede...»
Nihal lo sollevò a forza e lo trascinò nel bosco, senza seguire una direzione precisa. Scivolava e la pioggia fitta la accecava. I sibili alle loro spalle ricominciarono, poi li raggiunse una pioggia di frecce. Nihal sentì un forte bruciore alla spalla sinistra e fu costretta a fermarsi.
Laio ansimava, il viso contratto dal dolore. «Ti hanno colpita.»
Una ferita di striscio aveva lacerato il corpetto di pelle. La spalla sanguinava. Nihal riprese ad avanzare, tirando Laio per un braccio. «Non è niente, avanti.»
La foresta sembrava impenetrabile. I fammin erano sempre più vicini.
Nihal procedette tra i rami che le frustavano il corpo, mentre cercava di pensare a una soluzione. Che cosa devo fare? Cosa? Il dolore al braccio era terribile e Laio non era in condizioni di combattere, ma se continuavano a fuggire in quel modo, senza meta e dando le spalle al nemico, non avrebbero avuto scampo. Ormai sentiva i respiri affannati dei loro inseguitori. Che cosa devo fare?
«Eccoli!» urlò una voce disumana.
Una torma di fammin emerse di corsa dalla boscaglia e si abbatté su di loro come una frana.
Nihal cadde in avanti e trascinò con sé anche Laio. Si girò sulla schiena, strinse l’elsa della spada e puntò un gomito a terra per rialzarsi. Non voglio morire! Scivolò, annaspò, ricadde nel fango. Non voglio morire! Mentre la pioggia le sferzava il viso, ebbe il tempo di vedere i grugni deformi dei fammin chini su di loro, le braccia innaturalmente lunghe piegate nell’attacco, le scuri sollevate pronte a massacrarli. I fulmini riverberavano sulle loro lunghe zanne.
Nihal chiuse gli occhi. Non voglio morire! Non ancora!
«No!» urlò Laio tra i singhiozzi.
Dietro le palpebre serrate, Nihal percepì un forte bagliore. L’elsa della spada divenne bollente. Aprì gli occhi. Una barriera argentata circondava lei e Laio.
Le armi dei fammin vi si abbatterono ripetutamente e la barriera prese a vibrare e a emettere un rombo sordo.
«Nihal» gemette Laio.
I fammin continuarono a colpire, ringhiando di rabbia, ma quello scudo trasparente era impenetrabile.
La vibrazione si fece sempre più forte. Il suolo sembrò scosso da un terremoto e il rombo aumentò di volume fino a diventare intollerabile. Nihal e Laio si portarono le mani alle orecchie. Poi la barriera esplose.
L’onda d’urto si propagò verso l’esterno e investì i fammin con la violenza di un uragano. I mostri furono sbalzati all’indietro per parecchie braccia. Alcuni vennero sbattuti contro i tronchi degli alberi e crollarono a terra in modo scomposto, gli arti piegati in posizioni innaturali, i crani sfondati. Altri sparirono nel buio, travolti dallo spostamento d’aria.
Nel bosco tornò il silenzio. La pioggia ora scendeva più fine e imperlava di minuscole gocce le fronde degli alberi e i cespugli. Laio era pallido e respirava a fatica. «Cos’è successo, Nihal?»
La ragazza si passò una mano sul viso. «Non ne ho idea.»
4
Tempesta.
La nave prese il largo. La costa scomparve all’orizzonte e il mare inghiottì il panorama. Sennar sentì che ormai il passo era fatto. Non poteva più tornare indietro.