Выбрать главу

Naturalmente si offrì di guidare il gruppo che avrebbe liberato Rool e scelse gli elementi migliori della sua ciurma e di quella di Aires per organizzare una squadra di salvataggio. Partirono poche ore dopo, a notte inoltrata. Dopo avere raccolto informazioni nei vicoli del porto, assaltarono la segreta dove era rinchiuso il pirata e sgozzarono il cacciatore di taglie e i suoi scagnozzi. Rool era di nuovo libero.

L’impresa fruttò a Benares la stima di Rool e della sua ciurma, nonché l’eterna gratitudine di Aires.

Dodi era davvero un gran narratore. Sennar aveva ascoltato senza fiatare, si era dimenticato persino del mal di mare.

«Come era finito sulla nave dove l’abbiamo trovato?» chiese alla fine.

«Semplice» rispose Dodi, soddisfatto per il successo della sua storia. «Il cacciatore di taglie che Benares ha fatto fuori aveva molti amici, tra la feccia dei porti della Terra del Mare. Dalla liberazione di Rool, non hanno dato tregua a Benares. Lo hanno assalito di notte, mentre era alla fonda in una baia nascosta, uno dei nostri ritrovi. Uno schieramento di forze mai visto, si dice. Quando lo abbiamo ripescato, lo stavano portando a terra per venderlo ai militari.»

«Venderlo?»

«Funziona così, non lo sapevi? Qualcuno fa il lavoro sporco, qualcun altro paga e si prende l’onore della cattura.»

«Dovresti fare lo scrittore, Dodi» disse Sennar alla fine della storia.

Dodi sorrise. «Vedrai, mago. Quando avrò guadagnato abbastanza soldi come pirata, scriverò le mie gesta e diventerò più famoso di Benares.»

L’umidità della notte iniziava a farsi sentire. Sennar diede a Dodi una pacca sulla spalla e si alzò in piedi con uno sbadiglio. «Non so tu, ma io vado a dormire.»

«Aspetta, Sennar» lo fermò il mozzo. «Posso darti un consiglio?»

«Certo.»

«Se fossi in te, mi guarderei le spalle.»

Sennar lo fissò, stupito. «In che senso?»

«Benares non vede di buon occhio le chiacchierate che ti fai con la sua donna» rispose malizioso Dodi. «E poi, per dirla tutta, il fatto che tu abbia convinto Aires a lanciarsi in un’impresa tanto pericolosa lo insospettisce.»

Il mago scoppiò a ridere. «Può dormire tranquillo. Aires non mi vede neanche.»

Dodi gli strizzò l’occhio. «Non è detto, Sennar, non è detto.»

Per un mese la navigazione procedette tranquilla e senza intoppi. C’era vento e il mare alzava la voce solo di tanto in tanto.

Sennar ormai si era abituato al rollio della nave. La mattina, appoggiato al parapetto del ponte, guardava lo spettacolo dell’oceano che restituiva il sole al mondo e provava un senso di consolazione. Quel viaggio in fondo gli piaceva. Forse avrebbe portato a termine la sua missione e ne sarebbe uscito vivo.

Nihal gli mancava. Una sera le scrisse una lettera. Aveva già iniziato a recitare la formula per mandargliela, quando si fermò e la rilesse. Ma che cosa mi è venuto in mente? La strappò e la gettò con rabbia fuori bordo. Guardò i piccoli pezzi di pergamena danzare tra i flutti, quindi se ne tornò nella stiva, solo con i suoi pensieri.

I problemi iniziarono alla quinta settimana di navigazione. Il mare si fece sempre più impetuoso, le tempeste presero a susseguirsi senza sosta. Avevano raggiunto la zona inesplorata. Nessuno era mai arrivato fin là e orientarsi era difficile.

Una sera Rool convocò Sennar nella sua cabina.

«Secondo i miei calcoli, dovremmo essere quasi in vista delle isole sconosciute. Queste.» Indicò la mappa. «Ma per il momento non se ne vede nemmeno l’ombra.»

«Ed è grave?» chiese Sennar preoccupato.

«Sì. Non rimane molto in cambusa. Quando l’abbiamo riempita pensavamo che a questo punto avremmo potuto rifornirci. Se non troviamo in fretta quel dannato arcipelago, saranno guai.»

Più i giorni passavano, più l’equipaggio scrutava la distesa d’acqua con apprensione. Ma l’orizzonte era avaro di novità e tutto quel che proponeva era un blu intenso e crudele.

Sennar decise di rinunciare a metà della sua razione di cibo.

«Sei sempre così giudizioso, Sennar?» chiese Aires, quando venne a saperlo. Erano seduti sul ponte, l’uno accanto all’altra.

«Mi sento responsabile di questa situazione» rispose lui, compunto.

«Che bravo ragazzo» ridacchiò lei. «Sei proprio da sposare.»

Sennar era stupito di vederla così tranquilla. Anche Benares e Rool non sembravano preoccuparsi. Per loro era tutto normale: il rischio, la fame, le incognite del mare.

«Non hai paura di quello che potrebbe succedere?» le chiese.

Aires allungò le gambe e appoggiò i piedi su una botte di rum. «Paura? Perché? Il rischio mi diverte, è il sale della vita. Se non ci si diverte nel poco tempo che ci è dato, che cosa si vive a fare? E poi è una sfida.» Si voltò verso Sennar. «Sai perché ho deciso di accettare questa impresa?»

«Per i soldi?»

«Bravo il mio maghetto. Sei perspicace, quando vuoi» lo canzonò Aires. «Ma i soldi non sono niente senza avventura. Arrivare dove nessuno ha mai messo piede... Ci pensi che pochi prima di noi hanno visto questo blu? E che nessuno è tornato indietro a raccontarlo? Be’, io arriverò fino in fondo. E tornerò indietro. Allora saprò di essere la migliore. Adesso piantala di preoccuparti, non ci avvicinerà di un miglio alla meta.»

Poi arrivò la bonaccia. Il mare era piatto come l’olio, l’orizzonte sempre più blu. Senza acqua piovana da raccogliere, le riserve iniziarono presto a scarseggiare. Furono tagliati i viveri e con la fame crebbe il malcontento. Non tutti avevano la forza d’animo di Rool o l’incoscienza di Aires.

Sennar trascorreva le notti chino sulla mappa, a cercare di capire quanta strada avessero percorso e quanta ne mancasse. Più di una volta usò la magia nella speranza di scoprire se la rotta era corretta, ma il raggio di luce che avrebbe dovuto localizzare le isole si perdeva nella notte verso luoghi sconosciuti.

Quando qualcuno iniziò ad accusarlo di averli coinvolti in un’impresa disperata, fu Benares a prendere le sue difese: «Siete uomini o cosa? Siamo gente di mare, maledizione. Qualcuno vi ha forse costretti a venire fin qui? Chi vuole tornare indietro, prenda una barca e si metta a remare. E con questo, il discorso è chiuso». Presto gli uccelli scomparvero. Niente più gabbiani, niente albatros, niente stormi che migravano verso terre remote. Anche i pesci iniziarono a scarseggiare. Ogni giorno la pesca era meno ricca, finché il mare non divenne un deserto. La nave scivolava lenta sull’acqua, circondata da un silenzio innaturale. Se non fosse stato per il leggero sciabordio sui fianchi della chiglia, si sarebbe detto che erano ancora in porto.

«Terra! Terra!»

L’urlo squarciò l’alba. Il mare era calmo, il vento aveva ripreso a soffiare e la nave correva veloce.

Sennar si precipitò sul ponte. Un attimo dopo arrivò anche il capitano, cannocchiale alla mano. All’orizzonte si intravedeva una linea scura e indefinita.

«Può essere vero?» chiese Sennar trafelato.

Rool guardò a lungo prima di pronunciarsi. «Non lo so» rispose. Tornò a scrutare nel cannocchiale. «C’è qualcosa che non mi convince.»

Per tutto il giorno la ciurma fissò ansiosa quella sottile striscia nera, mentre la tensione saliva.

A metà pomeriggio, la nave ebbe un forte contraccolpo laterale, come se qualcosa l’avesse urtata, e si piegò pericolosamente su un lato. L’equipaggio perse l’equilibrio, ma l’imbarcazione non tardò a raddrizzarsi, sballottata da un’improvvisa raffica di vento.

Sennar e il capitano raggiunsero il ponte a fatica. Tutto d’un tratto si era alzato un vento fortissimo, che sembrava volerli spazzare via. Eppure il mare era calmo e il sole splendeva. Quel vento proveniva dal nulla.

«Una mano di terzaroli, presto!» gridò Rool, mentre raggiungeva la murata.