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Sennar scosse la testa. «Non capisco. Come fecero a costruirlo? Come riuscirono a...»

Moni lo interruppe con un gesto della mano. «Lasciami proseguire, giovane mago» mormorò la donna. «I nostri compagni ripresero la via del mare, non più animati dalla speranza di tanti anni prima, ma colmi d’odio e di risentimento. Una tempesta li sorprese nel bel mezzo del viaggio e una delle loro navi colò a picco. Fu così che conobbero il popolo del mare, che da secoli abitava le profondità dell’oceano. Furono loro a salvarli dalla furia dei flutti e a mostrare ai nostri antichi compagni nuove isole da abitare. Per qualche tempo la soluzione sembrò accontentare i profughi, ma presto iniziarono a temere di nuovo gli assalti del Mondo Emerso. Nessun luogo sembrava loro abbastanza remoto da essere sicuro. Allora pensarono al mare. Se avessero vissuto sott’acqua, nessuno avrebbe più potuto insidiarli. L’oceano, ecco un luogo davvero sicuro. Fu il popolo del mare ad aiutarli a costruire il loro regno, ma quanto al come, io non ne sono a conoscenza. Qui arrivarono solo vaghe leggende, notizie confuse. Ormai abbiamo smesso di curarci di loro. Il Mondo Sommerso rappresenta il nostro fallimento. Un episodio buio del nostro passato che non amiamo ricordare.»

«Che cosa mi dici del tentativo di conquista da parte del Mondo Emerso?» chiese Sennar.

La vecchia sorrise. «Che cosa posso dirti, se non che neppure le profondità marine si dimostrarono sicure? Tutto quello che so è che fu allora che gli abitanti del mare scatenarono la loro ira. Resero la tempesta ancora più fatale e crearono un enorme gorgo per proteggere l’ingresso del loro regno. Poi...» Moni si interruppe.

«Poi?» chiese Sennar.

«Si dice che esista un guardiano, qualcosa di oscuro che vive sulla rotta del gorgo. Ma non posso dirti altro, la mia vista non arriva a tanto, non so chi o che cosa sia. Tutto quello che so è che da allora, e sono passati più di centocinquanta anni, nessuno di voi è mai riuscito a raggiungere vivo il Mondo Sommerso o le Vanerie. Per anni il mare ci ha portato in dono i cadaveri di uomini che avevano creduto di poterci conquistare.»

La vecchia guardò Sennar. «Voi non avete mai trovato la pace. Noi abbiamo dovuto costruirla sul sangue. Il nostro sogno non si è mai avverato. Questo è quanto, giovane mago.»

«Il Mondo Emerso non è più quello che conoscevate» mormorò Sennar. «Quando la guerra dei Duecento Anni finì, un re grande e magnanimo, Nammen, inaugurò un lungo periodo di pace. È a causa del Tiranno che...»

Moni lo interruppe di nuovo. «Sono tante le cose che non sai, Sennar, ma non sta a me rivelartele. Torna indietro.»

Sennar scosse la testa. «Non posso.»

«Ascoltami. So bene perché sei giunto fin qui. Ma nessuno ha mai violato le porte del Mondo Sommerso e nemmeno tu ci riuscirai.»

A Sennar parve che il proprio cuore avesse smesso di battere. «Hai... hai letto nel futuro la mia morte?» chiese in un soffio.

Persino Rool trattenne il fiato.

«No» rispose la donna «ma ho visto con chiarezza il gorgo inghiottire la tua barca e ridurla in pezzi.»

Quando Sennar si alzò, gli tremavano le gambe. Rool gli strinse un braccio.

«Che tu possa attraversare sano e salvo le più spietate delle acque, giovane mago, e tornare dai tuoi foriero di buone notizie» sussurrò Moni mentre si allontanavano.

Seduto sulla spiaggia, Sennar guardava il tramonto. Un sole che pareva immenso imporporava il mare e il cielo e li univa in un unico manto scarlatto. Proprio come a Salazar, quando lui e Nihal salivano sulla terrazza della torre e guardavano il sole che incendiava la steppa. Chissà dov’era ora Nihal, che cosa faceva. Sennar avrebbe voluto averla vicina, sentire la sua voce, chiederle consiglio.

Un fruscio lo distolse dai suoi pensieri. Aires si sedette al suo fianco.

«Mio padre mi ha raccontato tutto» disse.

Sennar restò in silenzio. Non voleva rovinare con le parole quel tramonto e la quiete della natura.

«Chi sei, Sennar?» chiese Aires.

Il mago si voltò verso di lei. «Come, chi sono?»

«Chi sei davvero?» insistette Aires. «Perché vuoi andare nel Mondo Sommerso?»

Che cos’ho da perdere, a questo punto? Sennar estrasse da sotto la tunica il medaglione che aveva ricevuto il giorno della sua investitura a consigliere. «Faccio parte del Consiglio dei Maghi. Sono il consigliere della Terra del Vento.»

Aires prese in mano il ciondolo e se lo rigirò tra le dita. «Perché non ce l’hai detto subito?»

«Credi che mi avreste voluto a bordo?»

«Cos’è, sei venuto a spiarci? Ti manda il re della Terra del Vento?»

Sennar scoppiò a ridere. «Certo. E per spiarvi meglio mi sono arrampicato sulla coffa della vostra nave e ho fatto il possibile per lasciarci le penne.»

Aires rise.

Sennar tornò serio. «Sono qui perché la guerra va male, Aires. L’esercito delle Terre libere perde posizioni su posizioni, mai che riesca a conquistare terreno. Al Tiranno i soldati non mancano, li crea lui stesso. I nostri uomini, invece, cadono come mosche. È da quando ero bambino che vedo gente morire. Volevo fare qualcosa. Qualcosa che non fossero incantesimi alle armi o assemblee interminabili. Poi ho trovato la mappa.» Si voltò verso Aires e fece una pausa. «È stato allora che mi è venuta l’idea di chiedere rinforzi al Mondo Sommerso.»

Sennar cercò di capire che effetto le avesse fatto quella rivelazione, ma Aires lo osservava con uno sguardo indecifrabile. Poi comparve il solito guizzo di ironia sul fondo degli occhi neri. «E tu rischi la vita per un motivo tanto idiota?»

Sennar rimase di sasso. Di tutte le reazioni possibili, quella era la più inaspettata. «Non... non capisco» balbettò.

«Svegliati, mago! Se morirai, la gente per cui ti stai sacrificando non ti dirà neppure grazie.»

«Non è per questo che...» cercò di intervenire Sennar.

Aires però era un torrente in piena e non lo lasciò proseguire. «La vita è una sola ed è breve. Non ha senso sprecarla per gli altri. Io faccio solo quello che voglio. Desidero gioie, dolori, passione, disperazione... ogni cosa. Perché quando la morte mi prenderà con sé, tutto quello che avrò sarà la vita che ho vissuto.» Parlava con foga e le guance le si imporporarono. «Posso capire chi dedica la vita a un amante, a un figlio, a un amico. Ma chi spreca il proprio tempo per cercare di “fare del bene” è uno stupido. La maggior parte della gente pensa solo a tirare avanti e sopravvivere. Per quanto mi riguarda, gli abitanti del Mondo Emerso possono finire tutti sottoterra. Se ne stanno lì, ad aspettare che la morte se li vada a prendere. Che crepino, si sono condannati da soli. Tu ovviamente» concluse «non sarai d’accordo. A te piace fare l’eroe.»

Sennar tacque per un po’, aveva bisogno di pensare. Poi si schiarì la voce. «Lascia che ti racconti una cosa. Quando due anni fa scappai dalla Terra del Vento, all’arrivo del Tiranno, lungo la strada mi imbattei in una casa distrutta. Ci viveva una famiglia di contadini, padre, madre e figlia. Erano tutti morti, compresa la bambina: un soldato l’aveva trapassata con la spada e l’aveva lasciata a marcire sulla soglia di casa. Fummo io e i miei compagni a seppellire i cadaveri. Come avrebbe potuto difendersi quella bambina, Aires? Perché i deboli devono soccombere? Non tutti sono forti come te. Chi non ha forza può avere coraggio, ma il coraggio non basta.» Sennar si passò le mani sul viso, poi guardò Aires negli occhi. «Io ho paura, non voglio morire, ma so che devo andare avanti. E non perché mi piace fare l’eroe. Ho preso una barca e sono andato per mare. Non credo che basti per definirmi un eroe. L’ho fatto perché non tolleravo più la morte intorno a me. L’ho fatto per paura. Paura del rimorso.»

Il sole era scomparso sotto l’orizzonte. Aires rimase seduta con le gambe incrociate sulla sabbia, il viso rivolto al mare. Sorrise. «In fin dei conti mi piaci, mago. Sì, sei un bel tipo, potresti realizzare grandi cose. Ma ho capito che non riuscirò a farti cambiare idea.»