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Sennar sentì che la malinconia era svanita. Era calmo. Per la prima volta, la vicinanza di Aires non lo metteva a disagio. Non importava più che lui fosse un uomo e lei una splendida donna. Erano quasi amici.

I suoi pensieri furono interrotti da un calcio alla nuca. Cadde su un fianco, intontito.

Aires scattò in piedi, furiosa. «Sei diventato matto?»

Benares era dietro di loro, paonazzo di rabbia. «Cosa credi, che sia cieco? Ora anche l’appuntamento romantico al tramonto. Ma bene...»

Aires scoppiò in una risata sguaiata. «Non mi ero mai accorta di quanto fossi idiota, Benares.»

«E io di quanto tu fossi una sgualdrina» ringhiò lui.

«Attento, Benares, stai giocando col fuoco.»

Sennar era ancora steso a terra. Sentiva le voci smorzate dei due amanti, vedeva la sabbia bianca a un palmo dal naso. Quando cercò di alzarsi ebbe un capogiro.

Appena fu in piedi, Benares lo colpì di nuovo. Sennar crollò lungo disteso. Forse affrontare un fidanzato geloso non era facile come aveva creduto. Aires e il pirata continuavano a urlarsi insulti, i loro nasi quasi si sfioravano. Quella situazione gli sembrava ridicola. Adesso basta. Si sollevò a sedere e tese una mano verso Benares.

L’uomo si bloccò, incapace di muoversi. Non riusciva neppure a parlare. Ora sì che si ragiona , si disse il mago mentre si alzava in piedi.

Aires spostò lo sguardo dall’amante a Sennar e da Sennar all’amante, perplessa. «Che cosa...»

Sennar le fece segno di tacere e si avvicinò al pirata pietrificato. «Devo farti una confessione, Benares. La prima volta che ti ho visto ho pensato che tu fossi un imbecille. Poi, quando mi hanno raccontato della liberazione di Rool, mi sono ricreduto. A quanto pare, però, è vero che è la prima impressione quella che conta.»

Gli occhi del pirata si accesero come due tizzoni ardenti.

Il mago schioccò le dita e a Benares fu restituita la voce.

«Giurami che non le ronzerai più intorno» rantolò.

«Non le ho mai ronzato intorno.»

«Giuralo, o quanto è vero che esisto, appena sono libero ti ammazzo con le mie mani. Il tuo incantesimo non potrà durare in eterno.»

«Chi lo sa? Vogliamo provare?» lo provocò Sennar. Un incantesimo offensivo di quel tipo richiedeva una certa fatica e non poteva essere mantenuto a lungo, ma Benares di certo non lo sapeva.

Infatti ci cascò come un frutto maturo. «Voglio la tua parola!» ruggì.

Sennar sbuffò. «Ti hanno mai detto che sei noioso? Non ho cercato di sedurre la tua donna e non lo farò in futuro. Contento ora?»

Benares mosse gli occhi in direzione di Aires, che aveva assistito alla scena con un ghigno soddisfatto. «Va bene, per questa volta sono disposto a passarci sopra, donna. Però ricordati: la mia pazienza ha un limite» borbottò.

Aires gli si accostò ancheggiando. Lo guardò a lungo, gli sorrise, gli accarezzò il viso con dolcezza. Poi avvicinò le labbra come per baciarlo.

Lo sputo colpì Benares in un occhio. Aires gli voltò le spalle e si allontanò a testa alta.

L’incantesimo era ormai agli sgoccioli. Sennar lo sciolse e il pirata si lanciò all’inseguimento, ma non prima di aver sibilato: «Con te i conti non sono chiusi, mago».

8

La battaglia di Laio.

La lettera era chiara e lapidaria.

Laio, la tua condotta fin qui è stata disdicevole. Non solo hai infangato l’onore della tua famiglia fallendo la prova della prima battaglia, ma sei anche fuggito e ti sei dato alla vita del vagabondo. Ora scopro che ti sei rintanato in un accampamento a fare un lavoro indegno delle tue capacità e della tua posizione.

Esigo che tu cambi immediatamente questo tuo assurdo comportamento. Sei nato per combattere e combatterai. Opporti alla mia volontà è sciocco, oltre che inutile. Ti ordino dunque di raggiungermi nell’abitazione della Terra dell’Acqua, dove sotto la mia diretta supervisione continuerai l’addestramento per diventare Cavaliere. Se entro venti giorni non ti vedrò varcare la soglia di casa, verrò io stesso a prenderti, che tu lo voglia o no.

Seguiva un elaborato sigillo di ceralacca che raffigurava un drago con le fauci spalancate. L’animale era sovrastato da una sottile falce di luna e da tre stelle, a ricordare che la stirpe di Laio proveniva dalla Terra della Notte. La firma, vergata con un inchiostro rosso cupo, recitava enfatica: “Generale Pewar, dell’Ordine dei Cavalieri di Drago della Terra del Sole”.

Quando Nihal la lesse, si sentì montare il sangue alla testa. «Tuo padre non può trattarti così» disse, trattenendo a stento l’ira.

Laio sorrise amaro. «Mi ha sempre trattato così.»

«E glielo permetti ancora? Non sei più un bambino. Devi dirgli quello che vuoi fare della tua vita. Tua, hai capito? Se non è d’accordo, che se ne vada al diavolo!»

Il ragazzo non rispose. Stringeva la pergamena tra le mani e aveva le lacrime agli occhi.

Nihal non si capacitava. Perché Laio non la faceva finita e non si opponeva alle assurde imposizioni del padre? «Che cosa pensi di fare, startene qui ad aspettare che venga a prenderti per un orecchio come un bambino disobbediente?»

«Non lo so, va bene? Non lo so!» urlò Laio all’improvviso. «Per ora voglio restare solo, nient’altro» aggiunse in un sussurro.

Nihal si catapultò nella capanna di Ido.

«Devi fare qualcosa! Dobbiamo aiutarlo!» esclamò, rossa in viso.

Ido non si scompose. «Invece non farò proprio niente.»

Nihal rimase impietrita. Dopo tutto l’aiuto che Laio aveva dato a lei e a Ido in quei mesi, il suo maestro non poteva tirarsi indietro. «Stai scherzando, vero?»

Lo gnomo scosse la testa.

«Forse non ti rendi conto della situazione» continuò Nihal, ancora più arrabbiata. «Laio non è fatto per la guerra e quel pazzo di suo padre vuole gettarlo nella mischia. Il giorno della sua prima battaglia, se non fosse stato per me, sarebbe morto.»

«Non è affar mio, Nihal.»

«Però era affar tuo quando ti lucidava le armi e ti serviva. Cos’è, hai paura di quel pallone gonfiato del padre?»

Ido strinse la mano sulla pipa e Nihal percepì la sua irritazione. «Per tua norma e regola, non mi preoccupo né di Pewar né di Raven. Ho tenuto testa a gente del genere da molto prima che tu nascessi. Chiaro?»

Nihal abbassò gli occhi. «D’accordo» mormorò. «Ma allora perché non vuoi dargli una mano?»

Ido trasse un respiro profondo. «Ascolta, Nihal. Quante volte ancora bisognerà salvare Laio, da se stesso o da qualcuno che lo minaccia? Hai impedito che ci lasciasse le penne in battaglia, lo hai recuperato da una catapecchia sperduta nel profondo della foresta, me l’hai portato qui... È ora che impari a cavarsela da solo. Un uomo deve sapersi tirare fuori dai guai. E anche una donna.»

«Ma tu ci sei sempre stato quando ho avuto bisogno di una mano.»

«Però sei stata tu, non io, a decidere di cambiare. Ci sono cose che dobbiamo fare da soli.»

Nihal restò in silenzio per qualche istante. «Ma lui non è in grado di cavarsela. È come mandare un bambino da solo in giro per il mondo.»

«Non fare la mamma apprensiva, adesso. Primo, non ti si addice, secondo, Laio ha bisogno di tutto tranne che di questo. Se davvero vuole fare lo scudiero, deve dirlo al padre e lottare per la propria indipendenza. Punto.»

«E il mio compito quale sarebbe? Stare a guardare?»

«Sì, Nihal. Nei tre mesi in cui hai provato a vivere lontana dal campo di battaglia, io ho aspettato. A volte non si può fare altro.»

Laio restò solo nella sua stanza. Immaginò Nihal che andava da Ido e faceva il diavolo a quattro. E lui? Che cosa avrebbe fatto? Guardò la lettera e non intravide neppure un briciolo di speranza. Conosceva bene suo padre: era un uomo severo, un soldato fino al midollo, abituato a farsi obbedire. Se fosse venuto a prenderlo, l’unica strada possibile sarebbe stata lo scontro. Forse doveva fuggire di nuovo, darsi alla macchia. Il Mondo Emerso era vasto, suo padre avrebbe impiegato anni a trovarlo, se mai ci fosse riuscito. Così, però, che vita lo attendeva? Un eterno vagare da un posto all’altro, costretto a guardarsi sempre le spalle.