Nel poco tempo trascorso alla base, aveva capito che voler fare lo scudiero non era un capriccio. Quel lavoro gli piaceva. Non era portato per le armi, però sapeva prendersi cura di quelle degli altri. In guerra non sarebbe mai stato utile, ma poteva dare il suo contributo all’abbattimento del Tiranno aiutando i guerrieri. Non ci vedeva niente di disonorevole.
Guardò la spada che l’aveva accompagnato in tutti quei mesi di vagabondaggio, abbandonata in un angolo della stanza. Fissò la lama. Non era ben affilata e iniziava ad arrugginirsi. Aveva lucidato con amore la spada di Ido, ma non gli era mai piaciuto occuparsi della propria. Ora invece avrebbe dovuto riprenderla in mano.
In un lampo gli apparve la sua vita futura. Una vita breve. Al primo combattimento, durante una missione qualsiasi, sarebbe morto. Una fine sciocca per una vita inutile. Qualcosa in lui si smosse. No, non andrà così! In quei mesi aveva scoperto che c’era un’alternativa. Poteva aspirare a qualcos’altro.
Era deciso. Non avrebbe rinunciato senza lottare a tutto ciò che aveva conquistato. Questa volta per niente al mondo sarebbe scappato.
Quando l’indomani Nihal mise piede nella stanza di Laio, rimase di stucco. Il suo amico stava preparando i bagagli.
«Non intendo sottostare agli ordini di mio padre» le disse. «È vero, non sono ancora un uomo, ma non sono neppure un ragazzino e voglio fare lo scudiero. Andrò da lui e gli spiegherò le mie ragioni.»
Nihal sorrise. «E come farai?» chiese, mentre lo guardava ammassare roba sulla branda.
«Semplice: parto, vado da lui e gli dico quel penso.»
«Parlavo del viaggio.»
Laio si fermò, pensieroso. «Si tratta di andare nella Terra dell’Acqua. Con un buon cavallo non ci vorranno più di due settimane.»
Nihal scosse la testa. «Ti sei già dimenticato la nostra bella notte nella Terra del Mare? Ti muoverai lungo i confini. Non è un viaggio sicuro.»
«Vorrà dire che starò attento» rispose Laio.
«Ti ci vuole una scorta. Ne parlerò con Nelgar» tagliò corto lei, poi raggiunse la porta a grandi passi.
Quando fu nell’alloggio del responsabile della base, però, Nihal non chiese una guida qualunque per il suo amico. Chiese una licenza per poterlo accompagnare.
«Non sta a me decidere» rispose il comandante. «Al momento sei ancora allieva di Ido. Se lui sarà d’accordo, io non avrò nulla da obiettare.»
Nihal si lasciò sfuggire un sospiro. Proprio quello che voleva evitare.
«Mi sembrava di essere stato più che chiaro» esordì Ido.
«Non è come pensi.»
«No, certo che no.» Ido si ficcò in bocca la pipa. «Non stai facendo un favore al tuo amico, Nihal. Laio se la deve cavare da solo, o non sarà mai un uomo. E tu non sei sua madre, né sua sorella, non sei nessuno.»
«Il viaggio è pericoloso, su questo almeno sarai d’accordo.»
Ido annuì controvoglia.
«Quindi, se qualcuno deve accompagnarlo, non vedo perché non posso essere io. So badare a me stessa e mi sembra di averlo anche dimostrato.»
Ido levò gli occhi al cielo.
Nihal perse la pazienza. «D’accordo, non ho la forza che hai tu, va bene? Non tutti sono capaci di lasciar andare le persone a cui tengono senza dire una parola, pregando solo che prendano la decisione giusta. Ho già lasciato andar via troppa gente che amavo.» Pensò a Sennar, sperduto chissà dove in mezzo al mare. Scosse la testa. «Non vado con lui per risolvere i suoi guai con il padre. Vado solo per stargli vicino, perché è quello che vorrei io se fossi nei suoi panni. Lui mi ha aiutata, mi ha assistita ogni volta che ne ho avuto bisogno, è stato con me la notte in cui Fen è morto. Ora è il mio turno, starò al suo fianco nella decisione più importante della sua vita. Non farò altro, e se deciderà di rinunciare ai suoi sogni, te lo giuro, non interverrò. Il mio è solo un sostegno... spirituale, ecco.»
«Sai come la penso. Se sei convinta di quello che dici, fa’ pure. Personalmente, non credo che resisterai alla tentazione di dirne quattro a Pewar.»
Nihal si scostò i capelli dalla fronte con un gesto stizzito e Ido scoppiò in una risata inaspettata. «Ti sto prendendo in giro! Possibile che tu debba avere sempre quel muso lungo? Non hai un briciolo di senso dell’umorismo.»
Lei arrossì, imbarazzata. «Allora... per te va bene se mi assento per qualche tempo?»
Ido sospirò. «E sia. Parti, vai, fai quello che vuoi. Tanto lo so che devi sempre fare di testa tua. È giusto così, no? I giovani non vogliono consigli dai vecchi, e io comincio ad avere una certa età.»
«Ma se sei un giovincello» scherzò Nihal.
Lo gnomo le diede uno scappellotto affettuoso. «Sì, sì, fai la spiritosa.»
Nihal sorrise. Ido era scorbutico e brusco, ma sapeva capirla come pochi altri al mondo.
Nelgar aveva deciso di distaccare un altro uomo insieme a Nihal e a Laio, un soldato semplice di nome Mathon con il quale Nihal aveva scambiato al massimo un paio di parole. Laio invece lo conosceva abbastanza bene ed era felice che si fosse unito a loro.
La piccola compagnia si mosse all’alba. Partirono a cavallo ai primi raggi di un tiepido sole primaverile. L’estate era alle porte e l’aria era dolce.
Presero la strada che portava al bosco e costeggiarono la Grande Terra diretti verso sud. Laio guardò la base scomparire a poco a poco, inghiottita dagli alberi. Quando il folto si chiuse del tutto dietro di loro, si chiese se avrebbe mai rivisto quel luogo, ma non si concesse tentennamenti o rimpianti inutili. Volse lo sguardo al sentiero davanti a sé e si preparò alla prima grande battaglia della sua vita.
9
Nel gorgo.
Alla partenza dei pirati erano presenti quasi tutti gli abitanti dell’isola. Erano assiepati sul minuscolo molo, poco più di quattro assi di legno timidamente protese sul mare increspato dalle onde.
Moni si fece avanti tra la folla e raggiunse Sennar. «Sono venuta a portare la mia benedizione alla spedizione, giovane mago. Spero di vederti tornare vittorioso» disse. Gli posò una mano sulla spalla.
La giornata era soleggiata e le vele della nave garrivano rosse come il sangue. Sennar guardò il capitano a prua e Aires al timone, i capelli al vento. Sorrise.
Non ci volle molto perché il profilo delle Vanerie sparisse all’orizzonte.
Il mare tornò a essere il padrone incontrastato del panorama. Per giorni e giorni non si vide una nuvola, né un cambiamento nel paesaggio. Non c’era scampo da quel trionfo di luce e da quel blu opprimente.
Le giornate scorrevano lente e il tempo per riflettere era troppo. A Sennar sembrava di essere chiuso in una gabbia di acqua e cielo. Ormai sapeva cosa serbava l’oceano per loro e la paura divenne una fedele compagna di viaggio. Si trovava spesso a immaginare la morte alla quale poteva andare incontro: l’acqua che invadeva i polmoni, il sale che bruciava la gola e le narici, il senso di soffocamento e di impotenza, l’aria che mancava, minuti interminabili di agonia e infine l’incoscienza, come una liberazione. Poi il suo corpo mangiato dai pesci, consumato dalle correnti, sfigurato dalle onde. Si imponeva di non pensarci, ma quelle immagini lo tormentavano.
L’atmosfera non era pesante solo per Sennar. Il timore che aleggiava sulla nave non risparmiava nemmeno Rool e Aires.
Più di un pirata aveva cercato di convincere il capitano a lasciar perdere. «Il milione di dinar lo abbiamo intascato, che ragione c’è di andare avanti? Buttiamo in mare il mago e torniamocene a casa.»
Rool però li aveva rimessi al loro posto. «Sennar ci ha salvato la vita e noi lo porteremo fino al gorgo. Così mi sono impegnato a fare e così farò.»
Una mattina, dopo due settimane di navigazione, la superficie dell’acqua si fece stranamente densa e il mare iniziò a essere percorso da venature violette, prima evanescenti, poi sempre più definite e compatte. Nonostante il forte vento, la nave rallentò fino ad arrestarsi quasi del tutto.