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Nel primo mese dell’anno, innanzi al suo popolo e ai dignitari, Sua Maestà delibera su quelli di Sopra: «Vista la pervicacia dei loro attacchi alla nostra libertà, ordino che chiunque di loro venga trovato a Zalenia, con qualsiasi incarico e sotto qualsivoglia scusa, venga imprigionato e ucciso.

Che per sempre Zalenia sia disgiunta dal loro Regno Empio.

Che l’orrore della loro guerra mai più ci tocchi.

Che possiamo per sempre vivere liberi e in pace.

Questo io ordino».

Dal Codice Nuovo di Zalenia, norma XXIV

10

Il Mondo Sommerso.

La luce era abbagliante, terribile. Sennar cercò di muoversi, ma gli pareva di non avere più un corpo. Provò a parlare, ma era come se qualcosa lo soffocasse. Rimase lì, immobile, gli occhi serrati, ad ascoltare due voci infantili. Un ragazzo e una bambina, almeno così sembrava.

«Che cos’è?»

«Stupida, non lo vedi? È un uomo.»

«Ma è... strano!»

Il loro accento ricordò a Sennar quello di Moni, ma in questo caso il senso di alcune parole gli sfuggiva del tutto.

«Forse viene da Sopra.»

«Tu lo sai come sono fatti gli uomini di Sopra?»

«No. Però questo non è come noi.»

«Io ho paura, Cob.» La bambina aveva un tono sempre più spaventato. «Andiamo via.»

«Aspetta, voglio vedere se è morto.»

«No! Non lo toccare. Andiamo a chiamare qualcuno.»

«Oh, insomma, Anfitris! Sei proprio una fifona. E se è vivo?»

«Ti prego, vieni via.»

Adesso era un uomo a parlare.

«Hai fatto bene a venire a chiamarmi, Cob.»

«Pensi che sia uno di Sopra?»

«Non lo so. Comunque sta male, bisogna curarlo.»

«Ma se è uno di Sopra...»

«Se è uno di Sopra, se la vedrà con la legge quando sarà il momento. Ora non possiamo abbandonarlo qui.»

Sennar si sentì sollevare. Riaprì gli occhi e l’unica cosa che distinse furono due figure sfocate.

«Chi sei?» chiese la voce più adulta.

Sennar si sforzò di rispondere, ma dalla sua gola non uscì alcun suono.

«Non ti preoccupare» sentì sussurrare, poi perse conoscenza.

Dormiva quasi sempre. Quando si svegliava, intravedeva una forte luce. Non sapeva più chi era, né da dove veniva.

La coscienza tornò a poco a poco. Ricordò il suo nome, poi ricordò Nihal.

Si sentiva male. Gli occhi non erano più abituati alla luce e solo dopo parecchio tempo riuscì a tenerli aperti abbastanza a lungo da poter distinguere qualcosa. Si trovava in una strana stanza ovale, con il soffitto a volta. Su un lato c’era una cassapanca in legno chiaro. Le pareti erano ruvide e dorate, sembravano fatte di sabbia bagnata. Di fianco al suo letto, largo e basso, si apriva una finestra, anch’essa ovale.

Una donna robusta, con la pelle bianchissima e i capelli candidi, si chinò su di lui e lo guardò con occhio clinico. «Ti senti meglio?»

Era sulla quarantina e aveva un viso largo, con lineamenti marcati. Gli occhi chiarissimi avevano qualcosa di spaventoso; l’iride quasi non si distingueva dal bianco della cornea e la pupilla spiccava nera e profonda. Indossava un camicione azzurro e portava una collana di pietre rosse piccole e irregolari, simili a rametti.

Sennar aprì la bocca per parlare, ma ancora una volta non riuscì a dire nulla.

La donna lo guardò con dolcezza. «Non ti agitare. Fammi dei cenni. Stai meglio?»

Sennar annuì.

«Vieni da su?» La donna alzò il dito al soffitto.

Sennar la guardò senza capire.

«Sei uno del Mondo fuori dall’acqua?»

Sennar non sapeva che cosa rispondere. Sapeva che laggiù gli abitanti del Mondo Emerso non erano ospiti graditi.

La donna dovette intuire il suo dubbio e sorrise. «Puoi dirmelo. Finché sarai mio ospite non ti succederà nulla.»

Sennar annuì di nuovo e cercò di mettersi seduto. Quando si mosse, si rese conto di non avere più i capelli. Si toccò la testa. Erano cortissimi.

«Te li ho tagliati, erano pieni di nodi e di robaccia...» rispose la donna.

Si interruppe quando Sennar iniziò ad agitarsi.

La mia tunica! Dov’è la mia tunica?

In una tasca della tunica teneva la pergamena con le firme di tutti i membri del Consiglio. Era protetta da un incantesimo e l’acqua non poteva averla intaccata, ma se l’aveva persa era stato tutto inutile. Quando fece per alzarsi, lo sforzo gli mozzò il respiro.

«Stai calmo. Sei ancora convalescente.»

Il mago si toccò il petto e le braccia con uno sguardo supplice, nel tentativo di farsi capire.

«I tuoi vestiti?»

Sennar annuì.

«Li abbiamo messi ad asciugare. Non abbiamo toccato niente, stai tranquillo.»

Il mago si lasciò ricadere sul letto con un sospiro di sollievo.

Gli abitanti del Mondo Sommerso erano diversi da qualsiasi razza Sennar avesse mai visto. Avevano la pelle e i capelli di un bianco innaturale, traslucido, e occhi quasi luminescenti. Sennar non aveva mai incontrato nessuno con gli occhi più chiari dei suoi, era una cosa di cui andava abbastanza fiero; gli piaceva l’aspetto inquietante che gli conferiva l’azzurro pallido delle sue iridi. Quella gente, però, lo superava.

Per qualche giorno, Sennar fu ospite della donna pallida e di suo marito. Quando li vedeva girare per casa, gli sembravano presenze demoniache.

La prima parola che disse fu il suo nome, la seconda fu un sincero “grazie” a chi l’aveva salvato.

«Dovere» rispose l’uomo con noncuranza.

Il mago parlava a fatica. «Sono un’autorità del Mondo Emerso. Devo parlare con il re di questa Terra. Se foste così gentili da indicarmi come raggiungerlo...»

La donna sgranò gli occhi. «Vuoi andartene in giro per Zalenia?»

«Zalenia?» ripeté Sennar.

«È il regno in cui ti trovi» disse l’uomo.

«Sono in missione diplomatica. In missione di pace» spiegò il mago.

L’uomo scosse la testa. «Tu sei tutto pazzo.»

La cosa cominciava a diventare noiosa: gli davano tutti del pazzo.

«La legge vieta a quelli di Sopra di entrare a Zalenia» intervenne la donna. «Noi ti abbiamo nascosto perché eri mezzo morto, non ce la siamo sentita di lasciarti lì. Ma adesso...»

Sennar iniziava a perdere la pazienza. «Forse non mi sono spiegato. Sono un ambasciatore...»

«Senti, qui nessuno riconosce le vostre cariche» lo interruppe l’uomo. «L’unica cosa che puoi fare è andartene. E in fretta. Ti spiegheremo noi come fare. Altrimenti sei nei guai, ragazzo.»

«Che genere di guai?» chiese Sennar.

L’uomo esitò e la moglie gli rivolse uno sguardo supplichevole. «Diglielo. Deve sapere.»

«Non ci è mai capitato un caso come il tuo, però...»

«Però?» gli fece eco Sennar.

«Per chi arriva qui dal Mondo Emerso è prevista la pena di morte» rispose l’uomo tutto d’un fiato.

A Sennar venne quasi da ridere. Sono scampato alla tempesta, alle fauci di quello schifosissimo mostro, all’annegamento e ora che sono a un passo dalla meta rischio di essere giustiziato. «Sentite, parlerò con il vostro giudice...»

«Forse non hai capito» lo interruppe l’uomo. «Qui, quelli di Sopra sono considerati criminali. Puoi essere anche il re in persona, per noi sei un invasore.»

Quando capirono che Sennar non si sarebbe lasciato dissuadere, i suoi ospiti gli diedero poche e sbrigative informazioni sulla strada da prendere e lo costrinsero a partire il più presto possibile.

L’indomani mattina, il mago indossò la tunica e il medaglione del Consiglio dei Maghi e raccolse le sue poche cose. Controllò più di una volta di avere ancora con sé tutto ciò che gli occorreva, in particolare la pergamena, poi varcò la soglia di casa con timore.

«Tu non ci conosci, non ci hai mai incontrati. Se sanno che ti abbiamo ospitato, siamo finiti» gli dissero prima di chiudergli la porta alle spalle.

Sennar rimase a bocca aperta nel vedere il Mondo Sommerso, o Zalenia, come aveva scoperto che lo chiamavano i suoi abitanti. Il villaggio in cui si trovava era all’interno di un’immensa ampolla, di un materiale che ricordava il cristallo. Sembrava di essere in una bizzarra cittadina di mare sulla terraferma. Le case erano rotonde, costruite di sabbia e massi e decorate con conchiglie cangianti. L’aria odorava di salsedine come nella sua Terra, ma era un profumo più intenso e vivo. Regnava un ordine esemplare. Le vie erano dritte e spaziose e tutto aveva un aspetto curato.