«Ma come, un uomo come te non regge lo Squalo?» rise Faraq.
«È la prima volta che lo bevo. Dove vivo ora non esiste.»
Era un liquore forte, lo Squalo. La tradizione voleva che quando un ragazzo compiva sedici anni, per festeggiare il suo passaggio all’età adulta gli uomini del villaggio lo portassero alla locanda e lo facessero ubriacare.
«Ne hai perse di cose andandotene» scherzò Faraq. «Però ho sentito che hai fatto carriera. Consigliere, giusto?»
Sennar annuì.
«E bravo il nostro mago!» Faraq gli diede una violenta pacca sulla schiena.
Sennar era contento di ritrovare la schiettezza della sua gente, la sua rudezza, il suo spirito. Amava la Terra che l’aveva fatto nascere.
Dopo un numero di bicchieri che il ragazzo non fu in grado di calcolare, Faraq gli chiese il motivo del suo ritorno. Sennar, il viso rosso per l’alcol, gli raccontò tutto.
Faraq restò di stucco. «È una follia, Sennar. Ci hanno provato in tanti a raggiungerlo, il Mondo Sommerso. E sai cosa ti dico? Non sono mai tornati.»
«Lo so. Ma è la mia missione, non posso tirarmi indietro. Mi serve qualcuno abbastanza folle da portarmici. Vorrei che tu mi aiutassi a trovarlo.»
«Non ci sarà nessuno disposto a farlo.»
«Vorrà dire che ci andrò da solo.»
Faraq lo guardò con attenzione. «Non riesco a capire se sei un pazzo o un eroe.»
Sennar rise. «Sono pazzo. L’eroismo non so cosa sia. Non ho avuto nemmeno la forza di confessare a mia madre quello che sto per fare. Anzi, ti prego, non dirle nulla. Non voglio che si preoccupi.»
Faraq scosse la testa. «Come vuoi.»
Sennar si alzò. «Mi aiuterai?»
Il vecchio trangugiò l’ultimo sorso e lo accompagnò alla porta. «Non ti garantisco niente, però. Torna domani.»
La pioggia cadeva incessante. Sennar si avviò verso la casa di Kala senza più esitare. Bussò. Nessuna risposta. Bussò ancora. La porta si aprì di scatto.
«Chi diavolo è?»
Era Kala, senza dubbio. Sennar ricordava una ventenne ancora acerba, ma ora sulla soglia si stagliava una donna formosa, con un viso tondo incorniciato da una cascata di riccioli color rame. Per una frazione di secondo restarono a guardarsi, immobili. Sennar vide l’ira montare a poco a poco negli occhi chiarissimi della sorella, azzurri come i suoi. Poi la porta gli sbatté in faccia.
«Kala. Kala, aprimi.» Sennar iniziò a tempestare di pugni l’uscio, mentre i suoi vestiti grondavano acqua. «Ho bisogno di parlarti, in nome degli dèi! Potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo!»
«Volesse il cielo che non ti vedessi mai più!» urlò Kala dall’interno.
«Va bene. Vorrà dire che resterò qui finché non mi aprirai.»
La porta si spalancò all’improvviso.
«Se non te ne vai, giuro che chiamo le guardie.»
«Fallo, non ho niente da perdere.»
Kala fece per sbattere nuovamente la porta, ma Sennar la bloccò con un braccio.
«Leva questo dannato braccio o te lo taglio.»
«Voglio solo parlare.»
Da dietro la gonna di Kala spuntò la testa riccia di una bimba. «Chi è, mamma?»
«Tu va’ dentro» ordinò Kala. «Vattene, qui non c’è posto per te» sibilò al fratello.
Sennar era rimasto a bocca aperta. «Ho una nipote. Ho una nipote e non me lo avete detto!»
«Dannazione» sbottò Kala esasperata. «Entra, avanti.»
Sennar entrò in casa, sgocciolando sul pavimento di legno dell’ampia stanza centrale. Si guardò intorno. Un camino acceso scaldava l’ambiente e sul tavolo c’era un mazzo di fiori bianchi. La bambina, ferma di fronte a lui, lo fissava con gli occhi sgranati.
«Man, ti ho detto di andare via! Sei sorda?» la rimproverò la madre.
La piccola sparì trotterellando.
«Quanti anni ha?» mormorò Sennar.
«Che te ne importa?» rispose Kala con rabbia.
Ora che aveva di fronte la sorella e poteva parlarle, si sentiva sfiancato.
«Allora? Cosa vuoi, Sennar?»
«Non lo so.» Dopo tanti anni di silenzio, che cosa poteva dirle? Fece un profondo respiro.
«Ero un bambino quando me ne sono andato, Kala. Poi papà è morto e Soana mi ripeteva che se volevo combattere contro il Tiranno dovevo continuare sulla mia strada, diventare un mago.»
Kala lo guardò con disprezzo. «Sei tale e quale papà.»
Quelle parole lo ferirono. «Papà voleva dare il suo contributo alla lotta per la libertà. Era solo da ammirare.»
«Il suo contributo, eh? Ha costretto la mamma a vivere su un campo di battaglia e a crescere dei bambini in guerra. Ha sacrificato la felicità di tre persone pur di continuare a fare lo scudiero del suo amato cavaliere. Tu sei come lui, te ne sei andato per fare l’eroe, per salvare chissà chi. Ma non sei un eroe, Sennar. Saresti dovuto rimanere con noi, avevamo bisogno di te. Mamma ha sgobbato tutta la vita come un mulo perché i soldi non bastavano mai. E io mi sono sposata senza neppure una dote.» Kala abbassò la voce. «Ti volevo bene, Sennar. Quando sei partito con quella strega eri piccolo, non sapevi quello che facevi. Ma sono undici anni che te ne stai rintanato chissà dove a studiare. Cosa credevi, che una visita ogni tanto potesse ripagarci della tua assenza?»
«Anche voi mi siete mancate, molto.»
«Sta’ zitto! Ogni volta che venivi, mamma era felice come una bambina davanti a un regalo. Poi, quando andavi via, la sentivo piangere. Mi faceva una rabbia. Perché non ti costringeva a tornare? Perché non ti diceva in faccia che eri un egoista? Ma no, lei ti ha sempre ammirato, ti ha sempre sostenuto.» Gli occhi di Kala si riempirono di lacrime. «Io non sono come lei. Ora vattene, per favore, e non tornare mai più.»
Sennar aveva la gola stretta da un groppo. «Io ti voglio bene quanto te ne volevo da piccolo, Kala. E tua figlia è bellissima, davvero.»
Si avvicinò alla sorella per baciarle la guancia, ma lei si scansò.
«Perché sei venuto?» chiese.
«Sto per partire. Non so se e quando tornerò. Volevo solo salutarti.»
Kala guardò il fratello in silenzio.
«Ho paura di questo viaggio» disse Sennar, quasi parlando a se stesso. «Se dessi retta alle mie gambe, scapperei. Ma allo stesso tempo sento che devo partire. È buffo, vero? Sembra che tutta la mia vita funzioni così.»
Due lacrime scivolarono lungo le guance di Kala.
«Posso salutare mia nipote?» chiese Sennar.
Kala annuì e si asciugò rapidamente il viso. «Man!»
La bambina arrivò di corsa e si fermò intimidita al centro della stanza.
«Ha quattro anni» sussurrò Kala.
Sennar le accarezzò la testa, quindi aprì la porta e se la richiuse alle spalle.
Il pomeriggio del giorno dopo, la taverna era gremita di gente. Sennar passò tra i tavoli e si diresse spedito verso Faraq.
«Hai trovato?» chiese sottovoce.
Faraq si guardò in giro e lo attirò a sé. «La cosa non è semplice...»
«Se non c’è nessuno, mi basta un peschereccio, una barca, qualunque cosa galleggi e ci vado da solo» lo interruppe Sennar.
«Calma, calma! Non hai neanche vent’anni e sei già così ansioso di morire? Mio figlio ha un contatto, ma ci vogliono parecchi soldi.»
«Quelli non mi mancano.»
«Stanotte, al molo occidentale.»
«Ci sarò.»
Sennar uscì furtivo dalla casa della madre, imbacuccato in una palandrana nera che lo copriva dalla testa ai piedi. La notte era limpida e il mare liscio come l’olio. Sul molo non c’era nessuno. Si sedette con i piedi che penzolavano nel vuoto. La falce sottile della luna proiettava sullo specchio dell’acqua sotto di lui una luce spettrale.
«Sei tu?» chiese una voce femminile. Aveva un timbro basso, quasi roco.
Sennar si girò. Alle sue spalle c’era una figura affusolata, avvolta in un lungo mantello. Non si era accorto del suo arrivo. «In che senso?»