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Stai calma. Il fumo ci metterà un po’. L’avevi previsto.

Come il giorno prima, la lama di luce la ferì nel buio compatto del cunicolo. Nihal si sporse a guardare attraverso la crepa. All’interno della caverna l’aria era ancora limpida, tuttavia un penetrante odore di fumo filtrava fin lì. Gli uomini erano in piedi, a fiutare l’aria. Uno, due, tre, quattro, cinque. Mancavano due uomini, probabilmente erano nell’altra sala. Un paio andarono in avanscoperta, ma c’era poco da scoprire; l’aria iniziava a farsi densa e velata. Nihal li vide agitarsi a poco a poco, innervosirsi, muoversi inquieti per la grotta. Poi una voce gridò: «Al fuoco!» e tutti furono presi dal panico e si diedero a una fuga precipitosa, abbandonando Laio e il ferito al loro destino.

Nihal non indugiò oltre. Diede una violenta spallata contro il diaframma di roccia che, come previsto, franò al primo colpo. Cadde dentro la caverna e con una capriola fu in piedi, la spada in mano. Questa volta non ebbe tempo per gli scrupoli, fu il suo corpo a ragionare per lei. Abbatté il ferito con un unico fendente.

Non era però l’unico brigante rimasto dentro. Poco lontano, due uomini si accingevano a uscire dall’ambiente accanto. Non appena il primo la vide, fece per dare l’allarme, ma Nihal si gettò su di lui. Era disarmato e lo uccise senza difficoltà. Il secondo sfoderò un coltello da caccia e cercò di prenderla alle spalle. Nihal fece appena in tempo a scartare di lato, mentre la lama affilata le recideva una ciocca di capelli. Il brigante le andò incontro urlando, ma la ragazza parò il colpo con prontezza e si lanciò in un assalto furioso. La gola iniziava a bruciarle per il fumo, doveva farla finita il prima possibile. Continuò ad attaccare finché non mise il nemico spalle al muro, quindi lo trapassò da parte a parte. L’uomo vomitò un fiotto di sangue e si accasciò a terra, senza vita. Nella caverna scese il silenzio.

Laio la guardava con gli occhi spalancati. «Nihal! Come hai fatto a...»

La ragazza corse verso di lui. «Dopo, ora non c’è tempo.» Tranciò di netto la corda che lo legava e lo aiutò ad alzarsi.

Il ragazzo si reggeva in piedi con difficoltà. «Non mi muovo da giorni. Mi hanno sempre tenuto legato» provò a scusarsi, ma le sue parole si persero in un attacco di tosse.

La volta della grotta ormai era piena di fumo bianco.

«Sta’ giù» ordinò Nihal, poi si accovacciò anche lei.

Ora non c’era che da uscire. E da sperare nell’efficacia delle trappole.

I due strisciarono verso l’uscita il più rapidamente possibile. Non trovarono nessuno a sbarrare loro il passo. Un palmo dopo l’altro guadagnavano la salvezza. Lei davanti, la testa svuotata e il corpo teso e all’erta, Laio ad arrancare alle sue spalle, indolenzito. Quando arrivarono in vista dell’ingresso del covo, furono investiti da un calore inaspettato. Nihal si bloccò, attonita. Non aveva previsto che il fuoco attecchisse così in fretta. All’esterno risplendeva l’accecante bagliore delle fiamme.

«E ora?» chiese Laio con voce insicura.

Già, e ora? «Indietro! Torniamo indietro» urlò Nihal.

Tornarono rapidi sui loro passi. Il fuoco schioccava minaccioso mentre il fumo scendeva sempre più verso il terreno.

Furono di nuovo nell’ambiente principale. La cortina lì era più alta e si inginocchiarono. Nihal guardò il foro nella parete; era a più di due braccia dalle loro teste, un budello stretto e pieno di fumo. Si guardò attorno. Qualcosa per salire fin lassù, qualcosa per poter respirare!

Vide un orcio d’acqua, in un angolo. Nihal corse fin lì, strappò con la spada due ampi lembi dal proprio mantello e li immerse nell’acqua. Laio tossiva in modo convulso.

«Mettiti questo sulla bocca» disse all’amico mentre gli porgeva un pezzo di stoffa bagnata.

Doveva trovare qualcosa per arrampicarsi. Cercò ovunque, ma nella stanza non c’erano che due pagliericci e la nuda roccia priva d’appigli. I suoi occhi scrutavano ogni angolo, la sua mente si affannava a caccia di un’idea. In trappola, siamo in trappola! Ed è solo colpa mia se siamo finiti in questa situazione!

Nihal girava per la stanza come una fiera in gabbia, mentre il fuoco avvampava a poca distanza da loro. Si infilò nel secondo locale della grotta. Una dispensa, certo! Come aveva fatto a non pensarci? Tesori, bauli, ma anche botti e ogni bendidio in cibo. Tutto il necessario per rendere quel luogo un rifugio sicuro.

«Laio, vieni!»

Il ragazzo accorse con tutta la velocità che le gambe intorpidite gli permettevano.

«Devi aiutarmi a spostare una di queste.» Nihal indicò una grossa botte.

Si misero di buona lena a cercare di muoverla, ma a entrambi mancava il fiato.

Nihal fece appello a tutte le sue energie. «Ancora un po’ e ce la facciamo, avanti!» urlò, mentre il fumo le spegneva la voce in gola.

Fu la forza della disperazione ad aiutarli a portare la botte sotto il pertugio. Tossivano entrambi, senza riuscire a fermarsi. Nihal prese l’orcio con l’acqua, lo svuotò per metà addosso all’amico e il resto su se stessa. Laio aveva gli occhi rossi e respirava a fatica.

«Premiti quel fazzoletto sulla bocca e non ti muovere. Hai capito?»

Laio annuì.

Nihal tornò nella dispensa e svuotò un grosso forziere. Gettò a terra candelabri, pile di piatti d’oro, bracciate di monili, finché non vi rimase nulla. Quindi lo trascinò nell’altra sala. Fece cenno a Laio di aiutarla a issarlo sopra la botte.

Ora non restava che la parte più complicata.

Nihal si voltò verso Laio. «Dobbiamo uscire da dove sono entrata. È stretto e non ci sarà molta aria, ma non spaventarti, d’accordo? Possiamo farcela. Tu vai avanti, io ti seguo. Tira dritto e non voltarti indietro, chiaro?»

Laio annuì, il petto che si alzava e si abbassava alla ricerca d’aria; si arrampicò su quel rialzo improvvisato.

Era un’impresa disperata. Il cunicolo era lungo e sarebbe stato soffocante. Le possibilità di arrivare all’estremità opposta sani e salvi erano poche.

«Prendi un bel respiro e vai verso l’alto più rapido che puoi!» urlò Nihal, quando vide che Laio era arrivato all’imboccatura.

Il ragazzo obbedì e in un lampo fu inghiottito dalle tenebre.

Nihal si inerpicò su per la botte e si infilò a sua volta nel condotto.

Appena entrata le mancò il fiato. All’odore di muffa si era aggiunta la puzza acre del fumo. Le pareti erano bollenti e sembravano stringersi sui due fuggiaschi come una membrana molle e viva. I loro corpi impedivano al fumo di uscire e dall’alto filtrava poca aria pulita.

Laio avanzava lento.

«C’è aria fresca, la senti? Non manca tanto» cercava di spronarlo Nihal, ma la verità era che erano circondati da un lezzo di morte e da tenebre impenetrabili.

Schiacciata dal corpo di Laio, Nihal si sentiva soffocare. Il fumo filtrava attraverso ogni interstizio, saliva avvolto in spire, in cerca come loro di una via di fuga.

«Non ce la faccio» ansimò Laio. Si fermò.

«Sì che ce la fai!» urlò Nihal, con una voce così roca che non la riconobbe. Tossì. Un sudore appiccicoso e rovente la ricopriva da capo a piedi. «Avanti!» disse ancora. «Ci sono io qui sotto a sorreggerti, appoggiati a me se sei stanco, ma non ti fermare!»

Laio si fece forza e riprese a strisciare. Nihal sentiva il suo respiro affannoso e lo sospingeva in avanti con una mano. Aveva i polmoni in fiamme, le girava la testa e la voce dell’amico le risuonava nelle orecchie come una nenia: «Non ce la faccio... non ce la faccio...». Nihal sentì esplodere la rabbia. «Smettila con questa lagna!» sbottò. «Hai fatto tutta questa strada per morire come un sorcio? Muoviti!»

Laio accelerò il passo e le sue parole si spensero nel ritmo sempre più affannato del suo respiro. Nihal, dietro di lui, perse lentamente coscienza di sé e continuò a issarsi senza più capire dove fosse.

L’aria arrivò improvvisa. Fresca, tanta. Troppa.