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«Cos’è, sei tonto?» chiese lei infastidita. «Sei quello che vuole andare nel Mondo Sommerso?»

«Sì, sono io.»

La donna si sedette senza togliersi il cappuccio. «Un milione di dinar» disse con flemma.

Sennar ebbe un attimo di esitazione. «Come?»

«Hai capito benissimo. Ce li hai?»

Sennar fece un rapido calcolo; se ci metteva anche del suo, ce l’avrebbe fatta. «Mi sembra un po’ alto, come prezzo.»

La donna rise. «Ti sembra male. L’ultimo che ha tentato l’impresa è scomparso in mare senza lasciare traccia. Della sua nave è tornato solo l’albero. Due anni dopo.»

«Quando si potrà partire?» chiese Sennar.

«Dipende. Mi hanno detto che hai una mappa.»

Sennar si diede dello stupido. «Non l’ho con me» rispose imbarazzato. Come cospiratore era un disastro.

La donna si alzò e fece per andarsene. «Domani, qui, alla stessa ora.»

«Non ci potremmo vedere di giorno? Vorrei conoscere il resto dell’equipaggio, vedere la nave.»

Lei si sporse finché il suo viso non fu vicinissimo a quello del ragazzo. Alla luce della luna, Sennar intravide due occhi neri come la pece. Quando la donna parlò, sentì sul volto il suo respiro.

«Quante pretese. Cerca di non farmi cambiare idea. A domani, angioletto.»

Lo fissò ancora per un istante, poi si voltò e scomparve nella notte.

Quando, la sera seguente, Sennar arrivò sul molo, trovò la donna ad aspettarlo. Indossava di nuovo il lungo mantello.

«Vieni, non è prudente stare all’aperto.»

Lui la seguì piuttosto inquieto. Sentiva che stava per ficcarsi in un guaio. Percorsero tutta la spiaggia mantenendo una certa distanza l’uno dall’altra. Lei gli ordinò di camminare nell’acqua e lui obbedì, nonostante il gelido mare invernale. Camminarono a lungo, finché non raggiunsero una piccola insenatura nascosta tra gli scogli.

Sennar ricordò che da piccolo gli proibivano di andarci. Era pericoloso, dicevano. Si infilarono a fatica in una fenditura nella roccia, che presto si allargò in una grotta illuminata da candele.

«Qui staremo tranquilli» disse lei.

Sennar si guardò in giro. La grotta sembrava un luogo abitato. Al centro c’era un grosso tavolaccio ingombro di bicchieri e bottiglie di Squalo, mentre tutto intorno si apriva una serie di corridoi che presumibilmente conducevano ad altre stanze.

«Siediti.»

Sennar eseguì senza fiatare, gli occhi fissi su di lei.

Poi finalmente la donna si slacciò il mantello e lo lasciò cadere alle sue spalle con un gesto teatrale.

Era più vicina ai trent’anni che ai venti. Aveva lunghi capelli neri e lisci che le arrivavano fino alla vita, fianchi sinuosi e un seno morbido, stretto in una sorta di corpetto in velluto. Tranne che per la generosa scollatura, era vestita come un uomo: pantaloni di cuoio, stivali e un pugnale fissato alla cintura. Sennar rimase a bocca aperta.

«Che c’è? Non hai mai visto una donna in vita tua?» chiese lei.

Poi, senza togliergli gli occhi di dosso, scostò una sedia dal tavolo e si sedette accavallando le gambe. Quindi prese una bottiglia e riempì due bicchieri. Uno lo porse a Sennar, l’altro lo vuotò come fosse acqua. «Allora? Come ti chiami?»

Sennar rispose con un filo di voce. «E tu?»

«Te lo dirò alla fine di questa chiacchierata. Se mi andrà, naturalmente. Tira fuori la mappa.»

Sennar si frugò nelle tasche. Quella donna lo confondeva. Rovistò nervoso fra le sue cose, finché la mano di lei non gli sfiorò un fianco.

«Può essere che sia questo fogliaccio?» disse con voce suadente.

Lui abbassò lo sguardo. «Scusami, sono un po’ confuso. Sì, è questa.»

La donna gli sfilò la pergamena dalla tunica e le diede solo un’occhiata. Poi la ributtò sul tavolo. «Ne ho viste decine di mappe così. Non serve a niente.»

«Perché?» chiese Sennar, sulla difensiva.

«Cosa credi, ragazzo, di essere il primo che cerca di raggiungere il Mondo Sommerso?» lo canzonò lei. «Hai idea di quanti ci hanno provato prima di te? Di mappe ne circolano tante: vaghi scarabocchi, rotte tracciate con la mannaia. E tutti giurano che la loro è quella giusta. Chissà come mai, però, alla fine nessuno se la sente di partire. Quei pochi che l’hanno fatto ormai sono stati belli che digeriti dai pesci.»

Sennar trangugiò il suo Squalo, riprese la pergamena e si fece coraggio. «Invece ti dico che questa è la mappa che indica la rotta per raggiungere il Mondo Sommerso» disse. Si sforzò di guardarla in viso. Era bella da mozzare il fiato.

La donna gli scoccò un’occhiata sarcastica. «Ma certo! Lasciami indovinare: te l’ha venduta un mercante che ti ha assicurato di esserci andato almeno una volta all’anno per un paio di lustri.»

Sennar bevve un altro sorso di Squalo. «No, nessun mercante. Non so come ci sia arrivata, ma l’ho trovata sepolta nella Biblioteca Reale di Makrat. C’era una pergamena allegata, con il sigillo della Terra dell’Acqua. Un documento, insomma, che certificava che questa mappa è la copia di quella utilizzata per il tentativo di invasione da parte del Mondo Emerso.»

«E con questo? Per quel che ne sappiamo, quel tentativo potrebbe anche non esserci mai stato» ribatté lei con aria di sfida.

Sennar scosse la testa. «Sì che c’è stato. Ne sono sicuro. Subito dopo, un ambasciatore del Mondo Sommerso si presentò al Consiglio dei Re e intimò di non osare più avvicinarsi al loro regno, se non volevano attirare su di sé terribili catastrofi. È riportato in tutti gli annali storici che ho consultato, e sempre nello stesso modo. Se gli invasori sono arrivati fin là, significa che la mappa originale era giusta. Quindi questa, che ne è la copia, indica con esattezza l’ubicazione del Mondo Sommerso.» Aveva parlato tutto d’un fiato. Si riappoggiò allo schienale della sedia con aria soddisfatta.

La donna alzò gli occhi al cielo. «Ma cosa vuoi che indichi?» sbuffò. «È illeggibile.»

Sennar non si diede per vinto. «L’ho studiata a lungo. Dimmi che cosa non capisci.»

Lei accostò la sedia a quella di Sennar e si avvicinò tanto che le loro spalle si sfiorarono. Indicò alcuni punti sulla mappa. «Questi confini non assomigliano a nessuna costa che io conosca. Qui c’è una macchia indefinita. Queste isole non esistono. E poi, che cos’è questo sgorbio?»

Sennar era confuso. La vicinanza di quella donna lo distraeva e al solo contatto della sua spalla sentiva un brivido corrergli lungo la schiena. Allontanò un po’ la sedia. «La costa è quella occidentale della Terra del Mare, l’ho riconosciuta confrontandola con altre cartine. La macchia è un’isola sconosciuta, mentre l’arcipelago che vedi è quello di Ooren, le Isole Invernali. Quello che tu chiami “sgorbio” è l’ingresso del Mondo Sommerso.» Esitò. «È un gorgo, per la precisione.»

La donna scoppiò a ridere. «Tu sei pazzo! E io dovrei buttarmi in un gorgo con la mia nave?»

«No, tu devi solo portarmi nei dintorni e darmi una barca. Io andrò nel gorgo e tu te ne potrai tornare a casa con un milione di dinar in tasca» disse Sennar, poi inghiottì un ultimo sorso di Squalo.

La donna lo guardò. Negli occhi neri brillava un lampo di ironia. «Mi pagherai un milione di dinar per suicidarti, insomma. Originale. Impiccarti a un albero ti sembrava troppo facile?»

Sennar ripiegò la mappa e se la mise in tasca senza una parola. Ha ragione. È un suicidio.

«Toglimi una curiosità: perché lo fai?» chiese lei.

Sennar pensò che non fosse prudente dirle la verità. Si tenne sul vago. «Sono un mago. Ho una missione da compiere laggiù.»

La donna tacque per qualche istante. Poi si alzò dalla sedia e si appoggiò al tavolo. «Partiamo domani notte. La nave sarà ormeggiata nell’insenatura oltre questo promontorio.»

Anche Sennar si alzò, incredulo. È fatta! Le porse la mano. «Io mi chiamo Sennar. Ora mi puoi dire il tuo nome, non credi?»