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Avanzarono fino allo scanno di Sulana. Raven aiutò la regina ad accomodarsi, quindi si posizionò alla sua destra, in piedi.

Appena fuori dalla porta spalancata del salone, Nihal attendeva scalpitante. L’etichetta non prevedeva ancora il suo ingresso. Fu Ido ad avanzare. Nihal l’aveva già visto in pompa magna, ma quel giorno aveva un che di marziale che le altre volte gli mancava. Indossava un’armatura che metteva di rado, sobria e funzionale, e aveva un incedere tanto deciso che, nonostante la statura ridotta, sembrava svettare al centro della sala.

Lo gnomo si fermò davanti a Sulana e al Supremo Generale; sguainò la spada, la depose a terra e si inginocchiò, per poi rialzarsi subito dopo.

Un mormorio percorse la folla: il cerimoniale prevedeva che il Cavaliere restasse in ginocchio come atto d’ossequio verso Raven. Nihal sorrise quando vide il sommo Raven avere un impercettibile moto di stizza.

Poi la cerimonia ebbe inizio.

«Ido della Terra del Fuoco» tuonò il Supremo Generale «perché ti presenti oggi al mio cospetto?»

«Vengo a presentare all’esercito e al popolo tutto delle Terre libere il mio allievo, Nihal della Terra del Vento, perché possa ricevere la nomina a Cavaliere di Drago.»

«Che dunque faccia il suo ingresso il candidato» disse Raven.

Nihal mosse i suoi primi passi nella sala.

Era una sensazione strana attraversare da sola quella vasta navata, calcare il tappeto rosso che la ricopriva. Sentì gli occhi di tutti volgersi su di lei. Percepì l’ammirazione di cui era oggetto mentre avanzava fiera verso Raven. Le giunsero alle orecchie i bisbigli della folla: «Com’è giovane», «Ha un’armatura straordinaria», «Che andatura fiera». Giunta ai piedi del trono di Sulana, sguainò la spada, la depose a terra al suo fianco, abbassò il capo e si inginocchiò. Ferma in quella posizione, sentì il suono dei passi di Raven sul tappeto.

«Qual è il tuo nome?»

«Nihal.»

«Da dove vieni?»

«Dalla Terra del Vento.»

«Quali sono le tue intenzioni di Cavaliere?»

«Lottare con tutte le mie forze per le Terre libere, dare la mia vita per la libertà e per Sua Maestà la Regina.»

«Togliti l’elmo.»

Nihal obbedì e dall’elmo emersero una scapigliata chioma azzurra e un gentile volto di ragazza.

Gli astanti impiegarono qualche istante per registrare l’immagine, ma la reazione non si fece attendere. Il mormorio fu tanto alto che Raven dovette lanciare un’occhiataccia perché nell’uditorio si ristabilisse il silenzio.

Raven raccolse la spada. «Porgimi il tuo braccio destro, Cavaliere.»

Nihal tolse uno dei guanti che indossava e scoprì la pelle chiara.

Raven vi passò sopra la spada e il sangue iniziò a fluire lento dalla ferita. «Giura sulla tua vita e sul tuo sangue.»

Nihal alzò il braccio perché tutti potessero vedere la striscia rossa, quindi parlò con voce alta e sicura: «Giuro di dedicare la mia vita alla causa della pace. Giuro di mettere la mia spada al servizio della giustizia. Giuro di proteggere fino alla morte le Terre libere. Che possa il sangue delle mie vene disseccarsi e il filo della mia vita spezzarsi prima che io possa rompere questo giuramento». Raven abbassò la spada sul capo di Nihal.

«Nihal della Torre di Salazar, oggi hai pronunciato il tuo giuramento davanti agli dèi e davanti agli uomini. La tua carne e il tuo sangue apparterranno per sempre all’Ordine. Ti dichiaro Cavaliere di Drago e servitore delle Terre libere.»

Un unico grido partì dalla fila dei Cavalieri che assistevano alla cerimonia, suggellando l’ingresso di Nihal nell’Ordine.

Raven le restituì la spada e Nihal poté di nuovo alzarsi. Dopo essersi inchinata alla regina, si voltò verso gli astanti e sollevò la sua arma nera.

L’uditorio esplose in un applauso e Nihal si sentì vittoriosa.

Ido la raggiunse per primo, la strinse a sé e la guardò senza dire una parola. Poi Nihal fu travolta da una folla di sconosciuti che volevano complimentarsi con lei.

La cerimonia proseguì nel cortile interno, dove si festeggiavano abitualmente le consacrazioni. Mentre la sua allieva era al centro dell’attenzione, circondata da leziosi cortigiani, dignitari impomatati e cavalieri che le dispensavano congratulazioni, consigli e pacche sulle spalle, Ido se ne rimase in disparte sotto un porticato. Osservava i festeggiamenti con distacco e un vago senso di nausea: sapeva bene quanta finzione ci fosse in tutti quegli ossequi. Non c’era nessuno, in quel cortile, che non si stesse domandando che cosa ci faceva una donna nell’esercito, o che non pensasse che la sua presenza era in qualche modo disdicevole. Non vedeva l’ora di poter tornare alla base a farsi una fumata in santa pace. Una voce interruppe il filo dei suoi pensieri.

«Non crederai di avermi colpito con il tuo gesto di prima.»

Ido si voltò. Raven sorrideva sarcastico, nella sua parodia di armatura.

«Supremo Generale! Anche tu da queste parti?» rispose lo gnomo in tono beffardo, poi afferrò il primo bicchiere che gli capitò sotto mano e ne ingollò il contenuto in un colpo solo. «Non ti ho mai fatto atto d’obbedienza quando ero giovane e malleabile, non vedo perché dovrei fartelo ora che sono un vecchio scorbutico.»

«Vedo con piacere che non sei cambiato.»

«Potrei dire altrettanto di te» ribatté Ido con freddezza.

I due uomini si guardarono a lungo, in silenzio.

«Non riesci proprio a dimenticare, vero, Ido?» disse infine Raven.

Lo gnomo agguantò un secondo bicchiere. «Già. Chissà come mai?»

Raven fece un gesto d’insofferenza. «Hai mai pensato alla mia posizione? Se tu fossi stato al mio posto, ti saresti comportato come me.»

Ido sentì montare la rabbia. «Chiudiamo qui questa conversazione. È molto meglio per entrambi.»

«Sai bene che io credo che tu sia un gran guerriero» ribatté Raven. «E... sì, anche la tua allieva... Ammetto di aver sbagliato quando ho cercato di impedirle di entrare all’Accademia. Ti basta, come atto di contrizione?»

La mano di Ido giocherellava nervosa con l’elsa della spada. «Per quanto ancora mi considererai un soggetto pericoloso?»

Il Supremo Generale non rispose. «Nihal lo sa?» chiese a tradimento.

La dita di Ido strinsero l’impugnatura e il suo volto si fece paonazzo. «Questo che cosa c’entra?»

«Pura e semplice curiosità. Allora?» insistette Raven, mentre un sorriso sottile gli affiorava alle labbra. «Non gliel’hai detto, vero?»

«No» rispose Ido.

«Visto?» ghignò Raven. «La verità è che sei tu il primo a non aver dimenticato il passato. Non hai il coraggio di parlarne nemmeno con la tua allieva prediletta. Come puoi pensare che possa dimenticarlo il Supremo Generale che regge questo Ordine? Magari potrei dirglielo io. Che ne pensi?»

La spada di Ido scivolò lentamente fuori dal fodero. «Lasciami in pace, Raven, o quello che dimenticherò saranno i gradi e le buone maniere» sibilò.

Raven non si scompose. «Calma, calma. Il mio era solo uno scherzo innocente. In battaglia sei controllato, ma fuori dalla mischia ti va subito il sangue al cervello.»

Il Supremo Generale si allontanò sorridendo e Ido allentò la presa sulla spada. La cosa peggiore era che quell’idiota aveva ragione: dopo tutto quel tempo, non era ancora riuscito a dimenticare. Quanto ci sarebbe voluto perché potesse finalmente sentirsi riscattato?

Durante il viaggio di ritorno, Nihal di tanto in tanto si girava e sbirciava il suo maestro, che fu cupo per tutto il tragitto. Ido aveva insistito per ripartire presto e quando finalmente avevano preso il volo si era chiuso in se stesso. Quel volto teso e imbronciato non era da lui, ma la ragazza non si preoccupò. Quando Ido era pensieroso, era meglio lasciarlo stare.

E poi lei era di ottimo umore e niente e nessuno glielo avrebbero guastato. «Reggiti forte» disse a Laio, mentre spronava Oarf. «Mettiamo un po’ di pepe a questo viaggio!»

Era contenta, sì.