I presenti esplosero in un’ovazione.
Nihal scalza, vestita di verde, con in mano la spada di cristallo nero.
Ido spettinato, sorridente, con gli occhi lucidi per l’alcol.
Nihal e Ido, Ido e Nihal, uno di fronte all’altra.
Tra loro, Nelgar. «Le regole sono semplici: vi alzate coi draghi e combattete. Potete usare solo la spada. Vince chi disarma o disarciona l’altro. Manca una posta in gioco. Che cosa vi giocate?»
«Un bacio» disse subito Ido. «Se vinco, Nihal concederà un bacio a...» si guardò intorno «Laio! Sì, dovrai dare un bacio a Laio.»
«Perfetto, sta bene. Se vinco io, però, pipa requisita per una settimana. Hai finito di appestarmi col tuo tabacco.»
«Tanto non hai speranze» ghignò lo gnomo, poi entrambi salirono in groppa ai loro draghi.
Nelgar sguainò la spada e levò la lama al cielo. «Pronti a partire, Cavalieri!»
Nihal sentì Oarf fremere e all’improvviso fu lucida come prima di una battaglia, tesa in ogni muscolo del corpo, pronta alla scatto. Guardò Ido, il suo maestro, e gli scoccò un sorriso beffardo.
Poi, illuminata dalla luna, la lama di Nelgar disegnò un arco nell’oscurità.
Vesa e Oarf scattarono in alto, sempre più in alto, fino a sfiorare la luna piena, a toccare il limpido cielo estivo.
Fu mentre salivano che Ido sferrò il primo attacco, avvicinandosi a Nihal, ma Oarf cambiò immediatamente direzione. La ragazza sedeva diritta sulla schiena del drago, le bastavano le gambe per reggersi in groppa. Afferrò la spada a due mani, fece un lungo giro e infine si lanciò sull’avversario a tutta velocità, piegata in avanti. Solo all’ultimo si alzò e menò un fendente, che però andò a vuoto e le fece perdere l’equilibrio.
Ido si allontanò, rinunciando ad approfittare della situazione. «Ti vedo un po’ brilla» urlò lo gnomo. «Vuoi del vantaggio?»
«Non ti sopravvalutare! Pensa a sconfiggermi, piuttosto» rispose Nihal, mentre ripartiva all’attacco.
Da terra il combattimento era uno spettacolo affascinante: i due draghi, a un’altezza vertiginosa, si avvicinavano sinuosi per poi staccarsi di nuovo e volteggiare liberi, in una sorta di ballo senza fine. In alto, dove si svolgeva la battaglia, delle incitazioni che partivano dagli spettatori non arrivavano che echi confusi.
Ido era rapido, misurato, preciso, mentre Nihal giocava soprattutto di forza e di velocità. Per un po’ si fronteggiarono con attacchi repentini seguiti da fughe e ritirate strategiche, poi lo gnomo si stufò. Si avvicinò a Nihal e la tenne a lungo impegnata in un semplice corpo a corpo. Il rumore delle lame era accompagnato dal respiro affannato dei draghi. Nihal calibrava ogni azione, ogni gesto, e rispondeva con calma a tutti gli attacchi.
«Hai imparato davvero bene, mezzelfo» disse Ido mentre si allontanava.
«Ho avuto un buon maestro, dopotutto» rispose lei, un istante prima di lanciarglisi nuovamente contro.
La battaglia continuò così a lungo. Era una situazione di stallo: Nihal iniziava a essere stanca e sentiva che anche Oarf era esausto. Doveva giocarsela in un altro modo.
«Un ultimo sforzo» sussurrò al drago, poi lo spronò a tutta velocità contro Vesa.
Ido restò fermo ad aspettarla, con il sorriso sulle labbra, sicuro di sé. Oarf continuò ad accelerare. Vesa iniziò a retrocedere, preoccupato.
Non appena l’obiettivo fu abbastanza vicino, Nihal si rizzò su Oarf, chiuse gli occhi e saltò. Quando li riaprì era in piedi sulla schiena di Vesa: la mano libera arpionata ai capelli di Ido, quella con cui brandiva la spada intorno alla gola dello gnomo.
«Abbiamo un vincitore!» disse trionfante.
«Dici?» chiese di rimando il suo maestro, poi la allontanò con una gomitata.
Fu allora che Nihal ebbe un capogiro. Perse l’equilibrio. Si aggrappò con forza a Ido. Caddero entrambi e precipitarono.
Dal basso risuonò il grido del pubblico, seguito poco dopo da un sospiro di sollievo collettivo. Il volo dei due contendenti era stato breve. Intercettati dalla groppa di Oarf, planarono dolcemente e toccarono terra incolumi. Gli applausi coronarono l’impresa.
Laio si precipitò ad aiutare Nihal a scendere. Ido smontò dal drago e si massaggiò la schiena indolenzita. «Sei proprio una maledetta testona» disse, poi strizzò l’occhio a Nihal.
«Allora, chi ha vinto?» chiese la ragazza, ancora col fiatone.
«Direi che avete pareggiato» disse Nelgar. «Peccato, niente bacio e niente requisizione del tabacco. Però c’è ancora la birra che ci attende!»
La festa riprese e proseguì fino all’alba, tra bevute, risate e danze.
Nihal si lasciò andare del tutto; al dolce intontimento si sostituì lo stordimento e infine un senso di smarrimento totale.
Quando la compagnia si disperse, il sole faceva già capolino dietro la fitta foresta che circondava la base. Laio dovette mettersi un braccio di Nihal intorno al collo e cingerle la vita per sorreggerla. Ido li seguì, appena un po’ barcollante. Ce ne voleva per farlo ubriacare.
Entrarono nel buio della capanna. Laio posò Nihal sul letto con dolcezza, si stropicciò gli occhi e se ne andò a dormire, sbadigliando fino a slogarsi la mandibola.
La mezzelfo socchiuse gli occhi. Intravide la sua stanza, lo gnomo che la copriva con il lenzuolo. Tutto aveva contorni irreali. Le sembrava di avere una tempesta nello stomaco. D’un tratto si sentì triste come non mai.
«Ido...» farfugliò. «Sto male...»
«Non preoccuparti, ragazza. Un bel sonno e sarai come nuova.»
Una lacrima le scivolò lungo la guancia. «No, no, sto male... sono un essere spregevole...»
«Che diamine dici?»
«Un ideale... un motivo... io non ho un motivo...»
«Oh, dèi del cielo!» esclamò lo gnomo. «Ti ha preso la sbornia triste! Dormi, Nihal. Va tutto bene. Dormi.»
Ido uscì dalla stanza in punta di piedi. Nihal sentì la porta cigolare sui cardini. Poi richiuse gli occhi e sprofondò in un sonno senza sogni.
18
Il nemico.
Dopo la partenza di Sennar, era stato il consigliere Dagon a fare le sue veci. Il suo ruolo di Membro Anziano, però, non gli aveva permesso di essere una presenza costante nella zona di combattimento della Terra del Vento.
La situazione era drammatica. Il fronte era retrocesso di molto, tanto che ormai si trovava quasi sulla linea di confine con la Terra dell’Acqua. Sembrava che il Tiranno stesse puntando tutto su quel territorio, vi ammassava non solo fammin, ma anche gnomi e uomini. La loro presenza turbava i guerrieri delle Terre libere: alla paura della morte e allo scoramento per la superiorità numerica delle truppe nemiche si univa la sensazione di tradimento. Nel giro di pochi mesi, l’esercito del Tiranno si era impadronito della maggior parte della regione.
«Come, perché?» chiese Nelgar, innervosito. «Perché hanno bisogno di rinforzi!» Non si aspettava che lo gnomo facesse tante storie.
Ido camminava a grandi passi avanti e indietro per l’alloggio del sovrintendente della base. Sembrava nervoso. «Preferirei restare qui dove sono.»
«Non se ne parla neanche. Sei un ottimo guerriero, laggiù c’è bisogno di gente come te, Ido. Comunque non c’è da discutere. Partirete e basta.»
Nihal taceva. La prospettiva di andare a combattere sul fronte della Terra del Vento non le dispiaceva. Era la Terra in cui aveva vissuto da bambina e combattere per quella gente le dava un motivo in più per lottare. Ma evidentemente Ido non era della stessa opinione.
Lo gnomo si accese la pipa e guardò Nelgar negli occhi. «Ci sono ragioni di... opportunità, che consiglierebbero di non mandarmi in quel territorio.»
Nelgar sostenne il suo sguardo. «Non so di cosa parli» disse freddo.
«Da chi è partito l’ordine?»
«Da chi vuoi che sia partito? Da Raven» rispose Nelgar.
Ido batté con violenza il pugno sul tavolo, lasciando Nihal di stucco.
Nelgar si passò le mani sul viso e sospirò. «Ido, non posso farci nulla. Lo sai.»
«Al diavolo, non è colpa tua!» concluse lo gnomo, poi uscì sbattendo la porta.