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Lei sorrise e lo guardò fisso negli occhi. «Il mio nome costa un milione di dinar.»

2

Pirati.

Non c’era luna quella sera. Era una notte perfetta per salpare in segreto. Mentre i suoi passi affondavano nella sabbia della spiaggia buia, Sennar sentì che all’ansia per la partenza si sommava un’altra sensazione: il desiderio di rivedere quegli straordinari occhi neri.

Per tutto il giorno non era riuscito a togliersi dalla mente la donna misteriosa. Quando la vide in lontananza, il suo cuore ebbe un sussulto. Dannazione, Sennar! Vuoi darti una calmata?

Lei lo aspettava davanti all’imboccatura della grotta. Lo illuminò in pieno volto con una lanterna, accecandolo. «Possiamo andare.»

Si incamminarono verso la caletta dove era ormeggiata la nave. Sennar al buio non riuscì a scorgere molto. Doveva essere un’imbarcazione veloce, perché la chiglia era lunga e affusolata, e fendeva appuntita l’acqua. La prua era decorata con qualcosa che non era facile distinguere, una figura umanoide dalla cui bocca sporgeva una chiostra di denti appuntiti.

«Sai nuotare, vero?» chiese la donna.

Sennar la guardò perplesso. «Nuotare?» Ma lei si era già tuffata in mare e avanzava a grandi bracciate verso l’imbarcazione.

Sennar rimase sulla riva, attonito. E va bene, se la metti così... Un istante dopo, sul mare si disegnò una via luminosa che congiungeva la spiaggia alla fiancata della nave.

Sennar ci camminò sopra con aria trionfante, fino a raggiungere la donna. «Fa freschino, stasera. Vuoi unirti a me?»

Lei gli indirizzò un sorriso sprezzante. «Ci vediamo a bordo.»

Sennar arrivò sulla nave a fatica. A un paio di braccia dalla fiancata, la passerella luminosa aveva iniziato a dare segni di cedimento e c’era voluta una notevole concentrazione per giungere a destinazione senza fare il bagno. A un profano forse non sarebbe sembrato, ma era una magia difficile e piuttosto impegnativa.

La donna era ferma sul ponte, avvolta in un mantello. Quando vide che Sennar aveva il fiatone, gli rivolse un sorriso sprezzante. Ma è mai possibile che l’abbia sempre vinta lei? Si chiese il mago con stizza.

Al suo fianco c’era un vecchio imponente, dall’aria fiera, i capelli grigi raccolti in una treccia e due occhi fiammeggianti.

«E così sei tu il matto» lo apostrofò.

Nel silenzio della notte risuonarono le risate di scherno dei componenti della ciurma. Sennar si guardò intorno. Era circondato da un colorito campionario di pendagli da forca. Si chiese se non sarebbe stato più al sicuro da solo, piuttosto che nelle mani di quella gente.

«Mia figlia Aires non mi aveva detto che eri un ragazzino.»

Sennar si schiarì la voce e tese la mano. «Piacere, capitano. Mi chiamo Sennar e...»

«Prima i soldi» tagliò corto il vecchio in tono minaccioso «poi i convenevoli.»

Sennar estrasse dalla bisaccia un voluminoso sacchetto. «Ci sono tutti, controllate pure.»

«Ci puoi giurare» sghignazzò il comandante, poi si diresse verso la cabina. «Ragazzi, tenetelo d’occhio.»

Sennar ne approfittò per esaminare la Demone Nero . Sembrava tenuta bene e dall’odore acre si capiva che era stata impeciata di recente. Il ponte era lungo e spazioso e il castello di poppa si armonizzava bene con la linea leggera dello scafo. Le tre vele erano rosse, un colore insolito. Sennar non riuscì a distinguere altro. I membri dell’equipaggio non erano molti e non avevano l’aspetto della gente della Terra del Mare. C’erano anche uno gnomo e un folletto. E un ragazzo biondo abbronzatissimo che, dopo averlo guardato con insistenza, gli si avvicinò. Sennar per un istante temette che volesse fargli male.

«Senti un po’, come l’hai fatto quel giochino sull’acqua, prima?»

Sennar tirò un sospiro di sollievo. «È un incantesimo. Sono un mago.»

«E cosa ci va a fare un mago nel Mondo Sommerso?» chiese un altro della ciurma, ma non ebbe il tempo di rispondere. Il capitano era tornato sul ponte.

«A quanto pare, i soldi di questo furfante ci sono tutti e sono buoni. Benvenuto sulla mia nave, ragazzino. Io sono Rool, il capitano, e per ora ti basti questo. Gli altri li conoscerai durante la traversata.»

Sennar iniziò a rilassarsi. «Dove posso mettere la mia roba?»

«C’è bisogno di chiederlo? Nella stiva, ovvio. Forza, ragazzi, si parte!» urlò Rool.

Aveva già dimenticato il suo passeggero, che restò imbambolato in mezzo al ponte, mentre i marinai si animavano e prendevano i propri posti.

Sennar fermò Aires agguantandola per un braccio. «Un milione di dinar e mi sbattete nella stiva?»

Aires afferrò la mano che la stringeva, torse il braccio di Sennar e glielo inchiodò dietro la schiena. «Questo non è un viaggio di piacere» gli sussurrò in un orecchio, poi lo lasciò andare. «I tuoi soldi pagano il nostro rischio, non il posto a bordo. Pensavi di dormire nella mia cabina?»

Sennar si massaggiò il polso dolorante.

Aires lo guardò beffarda. «Comunque non abbiamo cabine libere. L’unico posto è nella stiva. Se vuoi partire, ti conviene fare buon viso a cattivo gioco.»

Sennar le lanciò un’occhiata furente. Quel demonio di donna aveva ragione.

Non appena ebbe sceso le scale, Sennar sentì un fuggi fuggi di zampette sulle assi del pavimento. A quanto pareva, la classe economica era già abitata. Vide che in un angolo c’era un cassone con un giaciglio. Si sdraiò mesto su quel letto di fortuna, si coprì fino agli occhi con il lenzuolo e cercò di dormire.

Finalmente la nave si mosse. Sennar sentiva le onde che sbattevano ritmicamente sulle fiancate del veliero. Sperava che quel suono lo avrebbe aiutato a addormentarsi, ma si sbagliava. La nausea montò lentamente, finché non si sentì davvero male. Chiudere gli occhi non fece che peggiorare la situazione. C’erano momenti in cui gli sembrava di cadere all’indietro, altri in cui era certo di essere a testa in giù. Tra i topi e il mal di mare, fu una delle notti più brutte della sua vita.

Sennar non ci mise molto a capire che c’era ben altro da temere. Era chiaro che si trovava su una nave di pirati. Ora che avevano i suoi soldi, cosa impediva a quella gentaglia di tagliargli la gola e gettarlo a mare?

Prese a guardarsi alle spalle. Vedeva ovunque occhiate assassine e gli sembrava che ogni membro dell’equipaggio fosse sul punto di aggredirlo.

Finì per starsene chiuso nella stiva per la maggior parte del tempo, seppellito nei libri che aveva portato con sé e che credeva potessero essergli utili una volta arrivato nel Mondo Sommerso. Tra una lettura e l’altra, si concedeva il tempo di riflettere su ciò che aveva lasciato a terra. Pensava anche a Nihal. Fantasticava di tornare dalla missione, di rincontrarla, di trovarla cambiata. Rivedeva i suoi occhi, il suo sorriso. Poi scuoteva il capo e si sfiorava la cicatrice sulla guancia. Era stata Nihal a lasciargliela, in uno scatto d’ira, il giorno del loro ultimo incontro. Il suo regalo d’addio.

I timori di Sennar presero corpo una sera, nel peggiore dei modi.

Si era coricato presto, come sempre. Cenava insieme all’equipaggio, ma si defilava subito dopo e andava a letto che gli ultimi raggi di sole s’erano spenti da poco sul mare. Non si fidava dei suoi compagni di viaggio, perciò si costringeva a lunghi dormiveglia, finché dal ponte non giungevano più rumori. Quella sera però la nave scivolava placida su un mare liscio come l’olio e Sennar si era assopito prima del solito.

I passi furtivi lungo le scale si confusero con lo sciabordio dell’acqua. Gli scricchiolii del legno si persero tra lo zampettio dei topi.

Non vi fu alcun rumore quando il pugnale venne estratto.

La lama scintillò alla luce della lampada a olio.

Fu allora che Sennar si svegliò di soprassalto. Era abituato a dormire sui campi di battaglia e i suoi sensi erano diventati vigili. Vide solo un bagliore e un ghigno beffardo a un soffio dal suo volto. Scartò di lato e si buttò giù dal cassone. La lama fendette il cuscino.