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«E quando sarà ferito ai tuoi piedi...»

«No!»

«Vuoi tagliargli la gola e guardare il suo sangue inzuppare il terreno. E quando sarà morto riderai e sentirai che la tua vendetta è compiuta.»

«Non è come dici!» urlò Nihal.

«Non mentire!» tuonò il vecchio.

Nihal lo guardò con gli occhi spalancati, persi.

Quando il vecchio riprese a parlare, aveva un tono grave e solenne. «So che sei in buona fede, Nihal, lo so. Ma nel tuo cuore c’è una bestia appena assopita. Il suo sonno è leggero, credimi. Quando quell’uomo sarà a terra davanti a te, la bestia si desterà e ti mangerà il cuore.»

«Io non sono più quella di prima...» mormorò Nihal, quasi parlasse a se stessa.

«Non credere che io non sappia» riprese il vecchio. «Conosco il tuo tormento. Quella stessa bestia che vive dentro di te mi ha trascinato in questo bosco e mi ha messo le catene ai polsi.» Alzò le mani e i pesanti anelli di ferro tintinnarono. «Ero un mago, anni addietro. Un mago mediocre che si occupava soprattutto di storia. Un giorno un uomo ebbe il torto di farmi del male. La vendetta diventò la mia unica ragione di vita. Non era per me che la volevo, ma per coloro che quell’uomo mi aveva portato via. Mi avvicinai alle formule proibite e mi unii al Tiranno. Egli mi diede grandi poteri e io studiai, Nihal, studiai con lo stesso impegno con cui un tempo avevo studiato la storia di questo mondo, e il potere oscuro mi fu interamente svelato. Poi venne l’attesa. Aspettai il giorno in cui mi sarei vendicato, pregustavo l’attimo in cui avrei visto quell’uomo morire per mia mano. Oh, quanto lo aspettai! Alla fine quel giorno arrivò. Quando lo uccisi sentii il mio cuore cantare, ma fu una melodia breve. La mia ira non si placò e non si sarebbe mai più placata. Il sangue è come ambrosia, Nihal, e tu lo sai: quando lo hai assaggiato una volta, ne sei schiavo per sempre. Continuai a uccidere e ogni volta che usavo la magia per distruggere una vita, il potere oscuro sembrava crescere in me, perché è questa la sua natura. Uccisi per il Tiranno e per me. Alla fine furono le ninfe a fermarmi.» Il vecchio rivolse gli occhi al cielo e per un attimo il riflesso della luna li rese bianchi. «Fu un mago del Consiglio a mettermi questo sigillo. Mi destinò a essere roccia e a poter tornare uomo solo nottetempo.»

Nihal non capiva. «Perché di notte non sei mai scappato?»

«Ci ho provato. Ci ho provato per anni. Ogni volta che ho oltrepassato i confini del bosco, ai primi raggi dell’alba mi sono ritrovato di nuovo in questa radura, pietrificato.» Il vecchio fece un sorriso amaro. «Poi il tempo è trascorso, la giovinezza è volata. Oggi ringrazio chi mi ha dato questo tormento, perché mi ha liberato dalla schiavitù della morte e mi ha restituito a me stesso.» Megisto guardò Nihal negli occhi. «Ma quelli che ho ucciso non torneranno, Nihal, e non c’è pena che io possa pagare per riscattare la loro vita.»

Nihal sostenne il suo sguardo per qualche istante, poi abbassò la testa. «Io sento che Dola non potrà cadere per altra mano che la mia. Lo sento, capisci?»

«Continua a cercare te stessa, Cavaliere. Hai percorso solo un breve tratto della strada che dovrai fare per giungere alla verità.»

«Io continuo a cercare me stessa! Non è per vendetta che voglio fermare Dola!» ribatté Nihal, alterata. «In passato ho combattuto per i morti, Megisto. Ora combatto solo per me. Ma Dola voglio batterlo per chi vive sotto il suo giogo.»

Il vecchio la guardò. «Continua.»

«Ti giuro che non lo ucciderò, Megisto» disse Nihal, con più calma. «Non cercherò vendetta nel sangue. Lo porterò vivo all’accampamento e da quel momento la sua sorte non sarà più affar mio. Però ti prego: aiutami.»

Megisto rimase chiuso nei propri pensieri per un tempo che a Nihal sembrò eterno.

«Vieni qui domani notte» disse infine, mentre l’aurora iniziava a colorare il cielo di un azzurro intenso.

La ragazza si alzò in piedi e si rimise il mantello. «Grazie» disse alla pietra che poco prima era stata il vecchio.

Dopo la notte insonne, Nihal dormì fino all’ora di pranzo.

Quando uscì dalla capanna, Laio la squadrò da capo a piedi. «Be’, che succede? Abbiamo cambiato abitudini, Cavaliere?»

«Ero stanca» rispose vaga. Laio aveva sempre appoggiato le sue scelte, ma Nihal aveva ragione di credere che quella non sarebbe stata di suo gradimento.

Attese la notte con impazienza e appena calarono le tenebre cavalcò Oarf fino al bosco.

«Avevo sperato che non saresti venuta» disse Megisto quando la vide avanzare nella radura.

«Non rinuncio facilmente» rispose Nihal.

«Me ne ero accorto» commentò il vecchio, accennando un sorriso. «Ora ascolta.»

Nihal si sedette di fronte a Megisto, come aveva fatto la notte precedente.

«La magia che ti insegnerò è frutto dell’oscurità.» Il vecchio rivolse a Nihal uno sguardo severo. «È basata sull’odio e in esso ha la sua forza. Per riuscire a formularla dovrai fare leva sull’odio e sulla disperazione che sono in te. Dovrai ricordare tutto ciò che hai dimenticato, disseppellire le ombre che hai rinchiuso in fondo al cuore, abbandonarti a quella parte di te che stai cercando di strapparti via dall’anima.» Megisto fece una pausa. «Ora sai, Nihal. Vuoi ancora conoscere la formula proibita?»

«Sì» fu la risposta decisa di Nihal. «Cominciamo.»

«Non ho finito» continuò il vecchio. «Ieri hai fatto un giuramento. Io voglio credere alla tua parola, ma so anche che il tuo cuore è fragile. Non voglio altre morti a gravare sulla mia anima. Quando avrai finito di imparare, ti imporrò un sigillo: se tenterai di usare questo incantesimo più di una volta, morirai.»

«Accetto» disse Nihal senza esitazione.

«E sia» sospirò Megisto. «Sappi che sarà come sprofondare in un abisso. Spero che sarai abbastanza forte da sopportarlo.»

Un brivido percorse la schiena di Nihal. L’idea di tornare a essere quel che era qualche mese prima la terrorizzava, ma dai suoi occhi non trasparì alcun tentennamento.

Il vecchio incrociò le gambe e le catene tintinnarono. «La magia che rende Dola tanto forte è una potente formula proibita. Il suo nome è Fiamma Nera. Con questo incantesimo si dà vita a ciò che non ne ha. Una vita forte e possente, temprata dall’odio che il creatore sa infondervi. Ecco perché lo gnomo sembra immortale.»

«Non capisco» disse la ragazza, confusa.

«L’armatura di Dola, Nihal. È come un essere vivente invulnerabile. Non viene danneggiata neanche dai colpi più potenti ed è in grado di ripararsi da sola. La formula che ti insegnerò si chiama Ombra Inestinguibile e permette di penetrare ogni tipo di barriera difensiva e di infliggere ferite insanabili. Se la applicherai alla tua spada, sarai in grado di scalfire l’armatura di Dola. Però ti avviso: l’incantesimo non ti sarà sufficiente a batterlo. Se lo provassi su un uomo, o uno gnomo, o un fammin, morirebbero all’istante. Ma l’armatura di Dola non verrà uccisa dai tuoi colpi, semplicemente non sarà più inviolabile...»

«Quindi l’Ombra Inestinguibile ci metterà ad armi pari» lo interruppe Nihal.

«Non sarai mai ad armi pari con quell’essere, la sua forza è frutto della magia del Tiranno. Però anche il suo è un corpo fatto di carne, e con questo incantesimo potrai ferirlo.»

Nihal annuì. «Continua.»

«L’odio è in ognuno di noi, sepolto nel nostro animo, Nihal. Tu lo sai bene. Per evocare l’Ombra Inestinguibile devi fare appello alla sua forza. Quando l’avrai richiamato alla vita, sarai invasa da tutto il dolore che hai provato. Se saprai controllarne la potenza, allora padroneggerai l’incantesimo.»

Nihal non era sicura di aver capito. «Ma come funziona? Come mi devo comportare?»

«Non c’è altro che io possa spiegarti con le parole. Ora sta a te decidere se vuoi provare.»

«Che cosa succederà se fallisco?» chiese Nihal. Adesso aveva la voce incrinata dalla paura.

«Morirai» disse il vecchio in tono piatto.

Per prima cosa, Megisto fece evocare a Nihal la Lama di Luce, un incantesimo semplice che anche lei era in grado di fare con poco sforzo. Nella mano le apparve un fuocherello azzurrino.