Mentre volava sulla groppa di Oarf, Nihal ripensò alle parole di Megisto: che cosa poteva esserci di male nella verità? Tutto quello che aveva sempre voluto, dalla distruzione della sua città, era sapere. Profezie da veggente , si disse. Poi spronò il drago in direzione della base.
21
La tentazione della morte.
Nihal aveva sperato che la conquista dell’Ombra Inestinguibile non lasciasse tracce, ma non fu così. Dalla sera in cui aveva affrontato l’abisso era inquieta e spesso le immagini dell’incubo tornavano a tormentarla. Che cosa ho messo in moto?
Mentre volava in groppa a Oarf verso la Terra del Vento e abbandonava il villaggio dove lei e Laio avevano trascorso quelle due settimane, Nihal sperò di essere in grado di portare a termine ciò che si era ripromessa, restando se stessa.
«Ti sei schiarita le idee?» Ido la attendeva sulla soglia della tenda, la pipa in bocca.
«Sì, decisamente» mentì lei.
Lo gnomo la guardò. «Sei pallida.»
«Sono solo un po’ stanca.»
Ido batté la pipa contro la suola dello stivale e fece cadere a terra un mucchietto di cenere. «È ora di pranzo. Andiamo a mangiare qualcosa.»
Seduto a un tavolaccio di legno del grande padiglione che fungeva da mensa, tra una cucchiaiata di zuppa e l’altra, Ido fece a Nihal il punto della situazione. Durante la sua assenza l’assedio era continuato, ma non erano riusciti ad avanzare di un solo passo. Le battaglie iniziavano al sorgere del sole e si protraevano finché le ombre non si distendevano lunghe sulla prateria. I morti erano numerosi, dall’una e dall’altra parte, ma non si giungeva a una conclusione.
«Al momento» concluse Ido «l’unica speranza è prenderli per fame.»
«E Dola?» chiese Nihal con noncuranza.
Lo gnomo continuò a bere rumorosamente il rancio, mentre gli occhi di Nihal lo fissavano interrogativi. Posò il cucchiaio nella scodella. «Se n’è andato.»
Nihal ebbe un leggero sussulto. «Come, andato? Quando?»
«Ieri notte.»
Per giorni il guerriero aveva spadroneggiato sul campo di battaglia seminando terrore e mietendo vittime. Nessuno era stato in grado di fermarlo. Le spade non riuscivano a scalfire la sua armatura, le lance non potevano nulla contro di lui e quando gli arcieri lo puntavano, sembrava che fosse capace di muoversi tra una freccia e l’altra, per quanto fitte gli piovessero addosso. Poi, all’improvviso, la notte precedente al rientro di Nihal, sull’accampamento era risuonato un grido acuto, disumano, simile a quello di un rapace. Ido, come molti altri, era uscito a guardare. Sulle tende si levava un’ombra nera, altissima. Gridava. Gridava e rideva. Una risata beffarda.
«Io e Ried ci siamo lanciati all’inseguimento, ma lui è stato colpito di striscio da una fiammata...»
Nihal sgranò gli occhi. Ried era uno dei più valorosi Cavalieri di Drago dell’accampamento.
«Poi è rimasto ferito anche Vesa. Insomma, ci siamo dovuti ritirare» tagliò corto Ido.
«Vesa è ferito?» chiese Nihal, incredula. Vesa era sempre uscito illeso da qualsiasi battaglia.
«Già. E non solo lui» rispose Ido. Sollevò la manica della casacca e mostrò una fasciatura. «Niente di grave. Diciamo che mi ha strinato come un pollo» scherzò lo gnomo, ma il tono era amaro.
«E adesso?»
«Adesso niente. L’importante è che se ne sia andato e che non dovremo più avere a che fare con lui. Sei d’accordo, no?» concluse Ido fissandola negli occhi.
Nihal abbassò lo sguardo. No che non era d’accordo. Aveva visto l’inferno per poter affrontare quel maledetto. E lo avrebbe fatto, a costo di inseguirlo fin sulla luna.
Ido dovette intuire qualcosa, perché fece un sonoro sospiro e immerse con rabbia il cucchiaio nella minestra.
«Che cosa c’è?» chiese Nihal.
«Lo chiedo a te» rispose lo gnomo con freddezza. «Mi sembrava di essermi spiegato. Ma ho la sensazione che tu non abbia cambiato atteggiamento.»
Nihal allontanò la ciotola che aveva davanti e si sporse verso Ido. «Perché ti infastidisce tanto il pensiero che possa battermi con lui? Dimmi perché!»
Ido levò su di lei uno sguardo gelido. «Non ti ho addestrata per essere fatta a fette da quel bastardo, Nihal.» Poi si alzò da tavola e si diresse verso l’uscita della mensa senza voltarsi indietro.
Da principio Nihal non partecipò alle battaglie. Preferì allenarsi da sola e cercare di riprendere le forze. Si meravigliava lei stessa della sua pazienza. Solo un anno prima, sarebbe montata in groppa a Oarf e si sarebbe messa sulle tracce di Dola. Ora invece attendeva, covando propositi di riscatto. E alla fine quell’attesa venne premiata.
Un giorno arrivò all’accampamento un capitano, inviato come messo dalle guarnigioni di stanza nel bosco di Herzli, che costeggiava il Saar, il Grande Fiume. A quanto sembrava, Dola aveva raggiunto la regione della Foresta e vi si era acquartierato. Era alla testa di un imponente esercito e aveva attaccato l’avamposto delle Terre libere nella Terra del Vento.
«Sa che quella regione è poco coperta, vista la vicinanza col Saar, e temiamo che voglia attaccare la Terra del Vento da lì, per poi penetrare nella Terra dell’Acqua da oriente» riferì il militare al generale del campo e a tutti i Cavalieri di Drago riunitisi per ascoltarlo.
Non appena aveva sentito pronunciare il nome di Dola, Nihal aveva provato un tuffo al cuore. Il momento era arrivato.
«Occorre rafforzare lo schieramento nella regione della Foresta, non vedo altra via. Potremmo spostare là metà delle nostre truppe» intervenne un Cavaliere.
«Non so se è una buona idea» rispose Ido. «Non possiamo lasciare sguarnito il nostro territorio. Nessuno ci assicura che Dola non attenda proprio questo: Un indebolimento della difesa per attaccare.»
Il capitano lo interruppe. «Cavaliere, stiamo cadendo come mosche laggiù. Non so per quanto potremo resistere.»
«Tu che cosa proponi, Ido?» chiese il generale.
Lo gnomo non si scompose. «La Terra del Vento è la più piccola di tutte le Terre: il suo fronte non è ampio, lo si può percorrere a dorso di drago in due giorni. Credo che potremmo limitarci a mandare rinforzi. Un Cavaliere o due, alla testa di una guarnigione. Nel frattempo distribuiremo meglio le truppe lungo il confine e tenteremo un attacco a occidente, mentre teniamo impegnato Dola nel bosco.»
«Non è facile tenere a bada Dola e credo che tu lo sappia meglio di chiunque altro» osservò il generale.
Fu allora che Nihal si alzò dalla panca di legno dove era seduta. «Me ne occuperò io» disse con calma. Ido le scoccò un’occhiataccia, ma lei rimase impassibile. «Affidatemi una guarnigione e ve lo porterò qui.»
Dal fondo si alzò una risata. «Piantala, Nihal! Non fare la sbruffona. Nessuno finora è stato in grado di tenere testa a Dola.»
«Sbaglio o sei stata ferita proprio da lui, poco tempo fa?» fece un altro cavaliere.
«Ho imparato dal mio errore» rispose Nihal, seria. «Se seguiamo il piano di Ido, ci serve solo qualcuno che lo tenga impegnato, giusto? E forze fresche che diano una mano alle guarnigioni vicino al Saar. Ebbene, per questo credo di essere più che sufficiente.»
Il generale sembrava perplesso.
«Non vorrete mica acconsentire a questa follia?» sbottò Ido.
«Questa follia è stata proposta da te» osservò il superiore.
«Sì, ma... insomma, Nihal è Cavaliere da troppo poco tempo. Non ha l’esperienza necessaria. Vogliamo mettere il destino della Terra del Vento nelle sue mani?»
Nihal sentì il sangue affiorarle alle guance e aprì la bocca per rispondere, ma il generale le fece cenno di tacere. «Il tuo piano mi sembra più che funzionale alle nostre esigenze, Ido. E Nihal ci ha dato prova di essere un valente guerriero. Pertanto sarà lei a partire. Così ho deciso e non voglio discussioni.»
Ido scosse la testa.