Выбрать главу

«Va tutto bene, Laio» lo tranquillizzò Nihal a voce bassa, mentre l’Ombra Inestinguibile le bruciava la pelle.

Allungò la mano sulla spada e il globo scomparve nella lama, per fondersi con il nero del cristallo. Poi si alzò in piedi, scossa da un tremito che non riusciva a dominare. Era terrorizzata, sfinita da ciò che aveva sopportato in quei pochi attimi. Ogni volta che risaliva dall’abisso, una parte di lei restava sul fondo. Si avvicinò a Laio e lo abbracciò.

«Che cosa è successo?» chiese lui smarrito.

«Ho recitato una formula. È difficile pronunciarla, è un po’... doloroso.»

Laio rimase in silenzio e le accarezzò goffamente la schiena.

Quando si sentì di nuovo calma, Nihal si staccò da lui cercando di evitare il suo sguardo, ma il ragazzo la trattenne per un braccio. «Che formula, Nihal?»

«Laio, abbi fiducia in me. Questo è l’unico modo per battere Dola. Va tutto bene» rispose lei. Si liberò dalla stretta.

«Come puoi dirmi che va tutto bene? Quando sono entrato avevi un’espressione... non eri tu! Sembravi uno spettro, Nihal!»

Laio continuava a guardarla con gli occhi spalancati.

Nihal si lasciò cadere sulla branda e si passò le mani sul viso. Tremavano ancora. «Ho bisogno del tuo appoggio, Laio. Ho bisogno di sapere che hai fiducia in me e che credi che posso farcela.»

Il ragazzo non disse altro. Le si sedette accanto e le cinse le spalle con un braccio.

Quando le truppe raggiunsero il colle a ridosso dell’accampamento nemico, Nihal si avvicinò al generale. «Tutto procederà come previsto. Vi chiedo solo di coprirmi mentre tengo occupato Dola.»

Mevern annuì.

Allora Nihal abbassò la visiera dell’elmo e tutto si attutì. Era tempo di attaccare. Era tempo di concentrarsi e di scacciare ogni pensiero che non fosse la battaglia. Il generale levò in alto la spada e quando la calò Nihal e Oarf si alzarono in volo veloci.

Nihal si diresse senza indugi verso la torre centrale. Se una parte di lei fremeva per il desiderio di combattere, l’altra nutriva la speranza impossibile di cogliere Dola di sorpresa e catturarlo così, senza duello.

Un colpo di coda di Oarf abbatté parte del torrione, che precipitò sulle tende del campo. Nihal sentì gli urli gutturali dei fammin schiacciati dal crollo e subito dopo le grida dei suoi uomini che avanzavano.

Forse Dola non era nella torre. Nihal si guardò intorno per cercarlo, ma lo gnomo e il drago nero sembravano scomparsi. Oarf ruggì, mentre infuriava su un altro pezzo del torrione. Dov’è quel maledetto, dove? Nihal fece un paio di ampi giri intorno alle rovine senza vedere nulla. Poi sentì muoversi qualcosa. Un ansare lento e possente, come di un enorme mantice, risuonò tra le rovine. Due grumi di brace illuminarono il buio della notte. Una testa nera eruppe dalle macerie. Il drago si liberò con uno scrollone dai pietroni ammassati e rimase a scalpitare su quel che restava della torre. Sul suo dorso svettava Dola, armato di una lunga lancia.

«Sono qui per te, Dola!» gridò Nihal, mentre la rabbia le esplodeva in petto. «Sono venuta a prendere la tua testa!»

Il guerriero restò fermo per un istante, con gli occhi da furetto puntati verso il cielo. Da sotto l’elmo uscì una voce sprezzante: «Sei resistente, ragazzino. E stupido». «Questo lo vedremo, bastardo» mormorò Nihal. Sguainò la lama e quel semplice gesto, che aveva fatto migliaia di volte, scacciò i sussurri maligni che le offuscavano il pensiero, l’esultanza del suo cuore, il desiderio di vendetta, tutto. In lei rimase solo la gelida determinazione del cavaliere.

Il drago si alzò in volo all’improvviso e Dola si gettò lancia in resta contro Nihal. Oarf schivò il colpo e lei fu rapida a colpire la bestia nera, che spalancava le fauci davanti a lei.

Dola ripartì, ma stavolta Nihal era pronta. La battaglia vera e propria poteva cominciare.

Nihal era consapevole che lo gnomo aveva una forza sovrumana e una velocità ben superiore alla sua, ma sperimentarlo di nuovo la lasciò senza fiato. Non poteva fare altro che parare ogni suo attacco e anche quello le richiedeva uno sforzo enorme. Iniziò a usare entrambe le mani, cercando di tenersi in equilibrio su Oarf, che era costretto a continui cambiamenti di direzione per sfuggire ai morsi del drago nero.

Erano passati pochi minuti dall’inizio del duello, quando Nihal non vide arrivare la lancia. Una stoccata penetrò senza sforzo la corazza, incrinò il cristallo e la ferì di striscio sulla spalla. Fu costretta ad allontanarsi, ansimante.

Dola rimase immobile sulla sua cavalcatura. «L’ultima volta sono stato troppo buono con te» urlò, mentre agitava in aria la punta della lancia arrossata. «Per ora mi accontento di assaggiare il tuo sangue, ma giuro che ti staccherò le membra a una a una, ragazzino» concluse ridendo.

A Nihal montò il sangue alla testa. «Sono un Cavaliere! Non chiamarmi ragazzino!» gridò. Poi spronò Oarf.

Ora lo vedeva bene: ogni pezzo della sua armatura, ogni fessura nella quale avrebbe potuto affondare la lama. Impugnò di nuovo la spada a due mani e raddoppiò la velocità dei movimenti, parando con precisione. Ancora non trovava margini per attaccare, ma doveva avere pazienza, solo pazienza. Non sapeva che cosa accadeva a terra. Non sentiva il rumore della battaglia, solo i colpi della sua spada contro la lancia. Di tanto in tanto una stilettata le lacerava la pelle e il sangue le scorreva sotto l’armatura, ma era il dolore di un attimo, non bastava a fermarla. Aveva visto l’inferno, pur di sconfiggere Dola. Schivò l’ennesimo affondo e dovette di nuovo allontanarsi, ma lo gnomo la incalzò. Il drago nero sputò un fiotto di fuoco, poi un altro e un altro ancora, mentre Oarf sbatteva le ali per levarsi più in alto. Ben presto si trovarono a volare veloci verso il cielo. Nihal riprese fiato, ma d’un tratto sentì la lancia di Dola sibilarle vicino. Oarf non scartò abbastanza velocemente e sul fianco gli si disegnò uno squarcio. Il drago ruggì per il dolore e si voltò scalpitando. «Calmo, Oarf, calmo» mormorò Nihal, ma sapeva che non potevano continuare così. Devo affrontarlo. Devo affrontarlo ora!

Erano soli, uno di fronte all’altra. Ai loro piedi la foresta, sulle loro teste il cielo fitto di stelle. Nessun suono turbava la notte, se non il frinire ritmico dei grilli. Nihal si accorse del sangue che le bagnava la pelle: Dola stava mantenendo la promessa, la stava uccidendo pezzo per pezzo.

Lo gnomo sguainò la spada. «Così combattiamo ad armi pari, e ad armi pari ti farò a pezzi.»

Si sentiva tanto sicuro di sé da darle quel vantaggio. Ma se contro una lancia Nihal poteva poco, contro una spada le cose erano più facili. La ragazza spronò Oarf e si scagliò contro lo gnomo. Dola rimase immobile, come se non tenesse in nessun conto quell’attacco. Quando fu a un passo da lui, Nihal si alzò in piedi sulla groppa di Oarf e menò un fendente dall’alto, prendendo Dola di sorpresa. Per quanto frettolosa, la parata dello gnomo fu efficace, ma Nihal non si scompose. Spiccò un salto e atterrò sulla schiena del drago nero. Colpì di taglio il fianco di quel maledetto gnomo con tutta la forza che aveva. Con un lampo di luce bianca, la lama penetrò il primo strato della corazza e infine raggiunse la carne.

Dola reagì con un fendente laterale, ma Nihal fu agile a sottrarsi. Piantò la spada nella spalla del drago nero, strinse l’elsa con entrambe le mani e si lasciò scivolare, fino a pencolare nel vuoto. L’animale lanciò un lamento e Nihal puntò i piedi contro il suo ventre, poi estrasse la spada dalla ferita. Precipitò, ma Oarf fu pronto a intercettare la sua caduta. Era di nuovo in groppa. Ce l’aveva fatta.

Nihal esplose in una risata feroce. «Hai un’armatura scadente, Dola! Il Tiranno non fornisce niente di meglio ai suoi sgherri?» urlò, alzando la spada. Dalla lama il sangue del drago nero le scivolò lungo il braccio, mescolandosi al suo.

«Aspetta a cantare vittoria, moccioso» rispose Dola. Nella sua voce Nihal percepì un fremito di rabbia.