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Ido si avvicinò e le tese una mano, ma Nihal lo allontanò bruscamente. «Non mi toccare» disse, con occhi pieni di risentimento.

Ido si alzò lentamente e uscì.

Nihal si chiuse nella sua tenda e non ne uscì fino al giorno dopo. La ferita al costato si era riaperta. Si lasciò cambiare la medicazione da Laio, ma quasi non gli rivolse la parola.

Il pensiero che Ido avesse partecipato al massacro della sua razza la faceva impazzire. Ma non era solo quello. Era delusa. Per lei Ido era un uomo straordinario, aveva piena fiducia in lui, e ora scopriva che non era affatto come aveva sempre creduto.

I giorni passarono e Nihal si rimise in forze, ma non riusciva a perdonare Ido.

Pensava a lui in continuazione, ma ogni volta che lo incontrava alla mensa o in giro per l’accampamento, Nihal voltava la testa.

Una mattina, lo gnomo fece irruzione nella sua tenda in tenuta da battaglia, la spada in pugno.

«Ti sfido, Nihal» disse serio.

Nihal rimase di sasso, senza capire.

«Prendi la tua spada e vieni fuori» continuò Ido. «Ti do l’occasione di vendicare il tuo popolo.»

«Cosa diavolo...»

Ido afferrò la spada di cristallo nero e gliela gettò contro. «Prendi questa maledettissima spada ed esci, dannazione!»

Nihal lo seguì, confusa.

Il sole brillava basso sull’orizzonte e Ido raggiunse un piccolo spiazzo tra le tende, la spada pronta in mano. Non ci volle molto perché si radunasse una piccola folla.

«Sì, avanti, venite!» li incitò Ido. «Venite a vedere il traditore e la ragazzina che si fanno a fette.»

Nihal era disgustata da quella scena. «Ido, smettila» disse piano.

«E perché? Finiamola una volta per tutte. Hai sempre voluto vendetta, no? Bene, eccola: dopo Dola, ora puoi far fuori anche me. Impugna la spada e combatti. E ricorda: stavolta faccio sul serio. Se ti colpisco, ti ammazzo.»

Tutto intorno c’era un silenzio irreale. Nihal sentiva decine di occhi fissi su di loro. Era assurdo. Perché era lì? Perché Ido la fissava con quello sguardo feroce?

«Non fartelo ripetere! Mettiti in guardia!» ruggì Ido.

Nihal però restava imbambolata al centro dello spiazzo. Non era quello che voleva, non era quello...

Ido le si gettò contro e la disarmò in un lampo. «Non ho intenzione di batterti così. Riprendi la spada e combatti.»

«No» disse Nihal.

«Prendi la tua arma.»

«Non voglio battermi con te, Ido.»

«Allora cosa vuoi?» chiese Ido. Abbassò la spada. «Io non posso cancellare quello che sono stato, Nihal. E non voglio. Ora ci sono due vie: o mi ammazzi o accetti la realtà.»

Nihal lo guardò negli occhi. «Perché non mi hai detto la verità?» mormorò. «Perché nella mia vita nessuno ha mai avuto il coraggio di dirmi la verità?»

Lo gnomo si avvicinò, le mise un braccio intorno alle spalle e la portò via, facendosi strada tra i soldati curiosi.

24

Di nuovo insieme.

Quella mattina il risveglio non fu dei migliori. Nihal si sentì arrivare addosso una secchiata di acqua gelida e saltò letteralmente giù dal letto. Accanto alla branda c’era Laio, in piedi, con un secchio in mano.

«Sei impazzito?» strillò la ragazza, bagnata fradicia.

«C’è del fumo! Devi uscire subito dalla tenda!» rispose lui concitato.

Nihal guardò in alto: una piccola nuvola di fumo azzurro le aleggiava sopra la testa. Quando capì di che cosa si trattava, il cuore le balzò in petto.

Laio impallidì. «Oh, dèi del cielo! Sei tu che vai a fuoco!»

Stava già per correre fuori a prendere un altro secchio di acqua, ma Nihal lo fermò. «Calmo, stai calmo. Non sto andando a fuoco! Va’ fuori e cercami cinque pietre, il più possibile uguali tra loro, e un pennino con dell’inchiostro.»

«Ma che cosa...»

«È un incantesimo, muoviti!» urlò Nihal, agitata.

Qualcuno le aveva mandato un messaggio. C’erano solo due persone che potevano averlo fatto: Soana e... Sennar. Nihal non osava neppure pensare che fosse stato lui. Per quel che ne sapeva, Sennar poteva anche essere morto, e se era vivo di certo non voleva più vederla. Si ripeteva di non farsi illusioni, ma sperava con tutte le forze che fosse lui.

Laio tornò con le cinque pietre. «Vanno bene?»

Nihal gliele strappò di mano senza dire una parola e fece lo stesso con la penna e il calamaio. Si sedette a terra e iniziò a frugare nella memoria, per ricordare quali erano le rune che andavano tracciate sulle pietre. Perché non ho studiato di più quando ero con Soana? Rimase lì a lambiccarsi il cervello, mentre il cuore galoppava a briglia sciolta e le mani iniziavano a tremare. Com’erano? Come diavolo erano? Si ricordò le prime due rune e le tracciò con dita incerte, poi si sforzò di rievocare gli altri segni e finì per fare tre scarabocchi di cui non era affatto sicura. Mise le pietre in cerchio, quindi chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi, ma in testa aveva un solo pensiero che scacciava tutti gli altri. Quando ebbe il coraggio di socchiudere gli occhi, vide il fumo, che fino allora aveva volteggiato intorno a lei indolente, rapprendersi in una sfera perfetta.

Le lettere presero a delinearsi, emergevano a una a una dal fondo blu con esasperante lentezza, ma apparivano chiare, distinte. Il messaggio era breve. Poche scarne parole che però a Nihal fecero l’effetto di un sorso di acqua fresca in una giornata torrida: “Sono tornato. Sennar”.

Nihal scattò in piedi e corse a dare la notizia a Ido, lasciando Laio a guardare imbambolato e perplesso quella bizzarra sfera di fumo blu. La ragazza non sapeva perché andava a dirlo proprio al suo maestro, ma sentiva che doveva raccontarlo a qualcuno.

«È una splendida notizia!» esclamò Ido.

«Chissà dov’è ora, se è vicino, quando potrò vederlo...» Nihal camminava su e giù, misurando ad ampi passi il poco spazio nella tenda.

Ido la guardò con l’aria di chi inizia ad avere il mal di mare. «Chiediglielo, no?»

Nihal si batté la fronte con la mano. «Hai ragione, che stupida, certo, gli devo chiedere dov’è, certo! Le pietre sono di là. E l’incantesimo? Com’era?» Poi, di corsa com’era venuta, se ne andò.

Nihal dovette ripetere la formula tre volte, perché non le riusciva di ricordarla con esattezza, ma alla fine mandò il messaggio e si mise in trepidante attesa della risposta.

Ci vollero due giorni, e per Nihal furono due giorni di tortura.

«Non pensare sempre e solo a quello, Nihal» le diceva Laio, ma erano parole buttate al vento.

Alla fine la risposta arrivò: Sennar sarebbe giunto al confine con la Terra del Vento nel giro di tre giorni e proponeva a Nihal di incontrarsi lì. Tre giorni. Erano lontani da quasi un anno, ma a Nihal tre giorni sembrarono un’infinità. In quei mesi erano cambiate tante cose. Lei si sentiva un’altra persona. Come sarebbe stato rivedere Sennar? Che impressione avrebbe fatto a lui?

La mattina del fatidico incontro, Nihal si svegliò assillata da un problema che non era ancora riuscita a risolvere. Dalla sera prima, sul tavolo della tenda erano appoggiati l’uno accanto all’altra il vestito verde e l’armatura. Nihal aveva comprato quel vestito per le grandi occasioni, ma sapeva che in fin dei conti non le assomigliava. Allora forse sarebbe stata meglio l’armatura, ma le sembrava fuori luogo andare a riabbracciare il suo migliore amico bardata come per una battaglia.

Era lì che si arrovellava, quando udì la voce di Ido fuori dalla tenda. «Posso entrare?»

Nihal agguantò il vestito, lo buttò sul letto e ci si sedette sopra in fretta e furia. «Sì... vieni pure...»

Ido fece capolino dall’ingresso e la squadrò. «Che cosa succede?»

«Niente, tutto a posto» rispose lei con noncuranza.