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Ido vide un pezzo di stoffa colorata spuntare da sotto le gambe di Nihal. «Che cosa ci fai seduta su quell’abito?»

Nihal arrossì. «È che... non so cosa mettermi...» confessò alla fine.

Ido le rivolse un’occhiata divertita. «Fammi capire: non sai se presentarti come un guerriero o come una donna?»

«Più o meno...» Nihal era sempre più rossa.

Ido sorrise e si ficcò la pipa in bocca. «Mi dispiace, Nihal, ma questi sono consigli che esulano dal mio ruolo di maestro. Ti lascio al tuo dilemma.»

Dopo che lo gnomo si fu allontanato, Nihal rimase a contemplare le due possibilità ancora per un po’ e alla fine, esasperata dalla propria indecisione, prese l’armatura.

Prima di partire Nihal dovette chiedere una licenza; il generale fu abbastanza comprensivo e gliela diede senza troppe storie. Però le chiese il motivo.

«Il ritorno di un amico» disse lei vaga.

Uscita dal comando, fu quasi tentata di tornare nella tenda a cambiarsi, ma poi si vergognò di se stessa. Basta, Nihal. Non fare la stupida e parti, una buona volta!

Mentre volava con Oarf sentì la tensione sciogliersi a poco a poco. In groppa al suo drago si sentiva bene e l’emozione di rivedere Sennar ebbe il sopravvento sui dubbi e le insicurezze.

Quando fu in vista del confine, decise di fermarsi in una prateria sterminata. L’erba era grigia e zolle di terra brulla affioravano qua e là. Non sembrava neppure la steppa della sua infanzia, tanto era desolata. Il periodo trascorso in quella Terra ancora non l’aveva abituata a certi panorami.

Nihal si distese a terra e fissò il cielo: c’era qualche nuvola e l’aria era fresca. L’autunno avanzava.

Oarf le si acciambellò accanto e lei posò il capo sulla sua spalla squamosa. Non sapeva da che parte avrebbe visto comparire Sennar, né come, né quando. Le tornò in mente l’ultima immagine che aveva di lui: i suoi occhi tristi, il sangue che colava lento dalla ferita sulla guancia... Con che parole si sarebbe potuta scusare?

Nihal si mise a sedere e scrutò l’orizzonte: nulla, solo prateria. Tornò a sdraiarsi e a osservare la corsa delle nuvole. Il tempo stava cambiando, il vento soffiava veloce. Chissà se a Sennar sarebbe piaciuta la persona che era diventata. Chissà se anche lui era cambiato, se aveva trovato nuovi volti sulla sua strada, nuovi amici, nuove donne...Che razza di pensiero! Che cosa c’entrano le donne?

Si tirò di nuovo su. Non c’era più il sole a illuminare la prateria. Vento, vento, solo vento. La sterpaglia si piegava ora da un lato ora dall’altro e disegnava onde sulla superficie di quel mare d’erba riarsa.

Uno squarcio di cielo si aprì fra le nubi e un raggio di sole fece scintillare l’armatura. All’improvviso si sentì ridicola, tutta in ghingheri come per una parata. Se davvero fosse tutto come prima, non avrei avuto bisogno di mettermi questa roba e sarei corsa da lui con quel che avevo addosso. Non può essere più come prima. Però non voglio perderlo.

Quando furono trascorse due ore, iniziò a pensare che Sennar non sarebbe mai arrivato. L’aria profumava di pioggia, il cielo era livido. Nihal distolse lo sguardo dalle nuvole che si ammassavano sulla sua testa e lo vide, che arrancava all’orizzonte. Era solo un puntino, ma era lui, non poteva sbagliarsi. Il cuore iniziò a batterle forte. Si alzò in piedi per guardare meglio. Aveva una lunga palandrana nera, la solita, quella con l’occhio, quella che le faceva paura.

Rimase immobile a osservarlo avanzare, ad assaporare l’immagine di Sennar che arrivava da lei sano e salvo. Ora lo vedeva bene.

Nihal iniziò a correre a perdifiato, strillando il suo nome. La figura si fermò, appoggiò a terra una grossa bisaccia e guardò nella sua direzione.

Nihal continuò a correre, senza fermarsi, anche se le mancava il fiato, anche se sotto il peso dell’armatura le dolevano i muscoli delle gambe. Quando fu a pochi passi da lui gli saltò letteralmente addosso, travolgendolo. Caddero entrambi a terra, mentre Nihal lo abbracciava con tutta la forza che aveva. Era lui, era proprio lui, e sentire il suo corpo tra le braccia la commosse. «Sennar» mormorò. Continuava a stringerlo come se non potesse credere che fosse davvero lì, davanti a lei. Gli accarezzò la cicatrice. «Perdonami, sono stata una sciocca, perdonami.»

Sennar rise. «Non hai bisogno di scusarti» disse con voce soffocata. «Però ora ti spiacerebbe spostarti? Con quella roba addosso pesi un accidente.»

Scoppiarono a ridere e si rotolarono sull’erba, felici.

«Che fine hanno fatto i tuoi capelli?» chiese Nihal, mentre si asciugava le lacrime col dorso della mano.

Sennar si toccò la zazzera arruffata. «È una storia lunga. Diciamo che l’acqua di mare li aveva un po’ rovinati. Non ti piaccio così?»

Nihal lo squadrò in modo scherzoso. «Non so. Con i capelli lunghi eri più... mistico.» Non è cambiato niente. Siamo noi. Non è cambiato niente.

Sennar guardò Oarf, poi spostò lo sguardo sull’armatura. «Ce l’hai fatta.»

«Cavaliere Nihal, per servirla, consigliere!» La ragazza si alzò in piedi e girò su se stessa. «E tu, ce l’hai fatta? Come è andata la missione?»

«Sono tornato con un ambasciatore. Ha già iniziato a trattare con il Consiglio.» Sennar la guardò negli occhi. «Ho lasciato la riunione per venire da te.»

Tra i due calò un istante di imbarazzo, poi Nihal prese Sennar per mano e lo trascinò verso Oarf. «Salta su, ti faccio fare il tuo primo giro su un drago e ti porto all’accampamento.»

Sennar esitò, sembrava che l’idea di volare non lo entusiasmasse. «Ma... la sella?» chiese titubante.

«Basta che tu ti regga forte a me» rispose Nihal, quindi salì in groppa con un balzo.

Dopo che si furono innalzati iniziarono a cadere i primi goccioloni. Sennar si strinse a Nihal e lei si sentì felice come non le accadeva da tempo. Quel giorno la pioggia le mise allegria.

Giunsero al campo per l’ora di pranzo e Nihal fece fare a Sennar un giro per l’accampamento. Sennar rimase di sasso quando scoprì che l’amica comandava un plotone. «Sapevo che eri brava, ma non ti sembra di aver esagerato?» la prese in giro.

L’impresa con Dola aveva fruttato a Nihal grande considerazione e il generale le aveva affidato delle truppe da comandare in pianta stabile. Dopo un primo momento di entusiasmo, però, la ragazza si era resa conto che quella promozione era più un onere che un onore: ora non doveva più rendere conto solo a se stessa delle sue azioni in battaglia, dai suoi ordini dipendeva la vita di molta gente. No, fare carriera nell’esercito non era davvero tra le sue aspirazioni.

Nihal arrossì. «Poi ti spiegherò tutto. Ora voglio farti conoscere una persona.»

Pranzarono nella mensa del campo insieme a Ido. All’inizio Nihal ebbe l’impressione che lo gnomo, a dispetto di quello che le aveva detto, fosse imbarazzato proprio come un padre alle prese con l’amico del cuore della figlia, ma durò poco. Sennar aveva tante cose da raccontare e il pranzo trascorse in un volo.

Solo nel pomeriggio Nihal e Sennar ebbero modo di parlare davvero, come ai vecchi tempi. Scelsero un posto tranquillo ai margini dell’accampamento, un declivio da cui potevano godersi il panorama della pioggia che scendeva lenta. Si sedettero sotto un albero fronzuto.

Sennar raccontò a Nihal del suo viaggio, della paura della morte, del terrore freddo che aveva provato nel gorgo, dello splendore di Zalenia. Le raccontò del mostro, della tempesta e della fatica che aveva fatto per convincere il conte ad ascoltarlo. Le parlò di come aveva sventato l’attentato al re e della gioia mista a tristezza con cui aveva vissuto la sua vittoria. Nihal lo ascoltava affascinata.

«Insomma, il mio amico è un eroe» disse alla fine.

Sennar alzò le sopracciglia. «Io? Non eri tu quella che voleva sempre per sé la parte dell’eroina?»

Nihal sorrise e gli diede una pacca sul braccio. «Come ti permetti di prendermi in giro, consigliere?»