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«Soana ha detto che volevi vedermi» mormorò Nihal.

«Ti ho attesa a lungo, Sheireen, ma sapevo che un giorno saresti venuta da me. Non potevi fare altrimenti» chiocciò la vecchia.

Nihal ebbe un brivido lungo la schiena. Che cosa significava quell’ultima frase?

«Siediti, mezzelfo» disse Reis. «Sono tante le cose che ti devo rivelare.»

Nihal si sedette su uno sgabello di legno e Sennar le rimase a fianco, una mano sulla spalla.

La vecchia si alzò a fatica e si trascinò verso uno scaffale, da dove prese un piccolo braciere che posò in mezzo al tavolo. Dopo che l’ebbe riempito con una manciata di erbe sconosciute, recitò una breve formula.

Sul fondo del braciere si accese un piccolo falò e si alzò un fumo denso, che Reis sembrava guidare con le mani. Dalle volute iniziarono a emergere immagini confuse, che a poco a poco si fecero sempre più precise e dettagliate. Nihal sgranò gli occhi: davanti a lei stava prendendo forma una cittadina. Le case erano costruite per lo più in legno. C’era un via vai di persone, bambini che giocavano per le strade, donne che facevano acquisti al mercato della piazza centrale. Una cittadina come tante. Una cittadina di mezzelfi.

Nihal rimase incantata. Non aveva mai visto altri mezzelfi e ora li guardava muoversi, parlare, vivere. La sua attenzione si spostò su una ragazza. Era molto giovane, lunghi capelli blu, occhi viola. Sembrava allegra e piena di vita.

«Tua madre era nata nella Terra dei Giorni» iniziò a narrare Reis. «Non erano bei tempi, quelli, ma a lei non importava. Quando la sua gente dovette fuggire per scampare alla persecuzione del Tiranno, lei partì senza voltarsi indietro. Aveva tutto ciò che desiderava: la sua famiglia e il suo compagno.»

Un secondo mezzelfo si avvicinò alla ragazza e sorrise. Era un ragazzo, poco più grande di lei.

Mia madre. Mio padre.

«I tuoi genitori si sposarono appena giunsero nella Terra del Mare, con la benedizione del capo del villaggio e il favore delle stelle» continuò la vecchia.

La quiete di quelle immagini fu interrotta dall’irruzione di un contingente di fammin. Il fumo che usciva dal braciere si scurì e sul villaggio sembrò essere calata la notte.

«Ma la sciagura li seguì fin là. Mentre le creature maledette del Tiranno seminavano morte e disperazione, tua madre si nascose e pregò. Pregò perché il suo giovane sposo fosse risparmiato, perché lei non fosse uccisa. Quel giorno giurò che se fossero sopravvissuti avrebbe consacrato il frutto del suo grembo a Shevrar, dio del Fuoco e della Guerra.»

Il fumo si dissolse e Nihal tese la mano come per afferrarlo. Avrebbe desiderato poter continuare a vedere il viso di sua madre.

Reis aggiunse una manciata di erbe al braciere e dalle fiamme emerse l’immagine di una famiglia: la ragazza, il giovane e, tra loro, una bimba.

«Shevrar ebbe pietà e salvò entrambi. Tua madre rimase incinta poco dopo e tuo padre insistette perché si spostassero in un villaggio più piccolo e più sicuro. Ripartirono, di nuovo profughi ma felici di essere ancora insieme. Nacque loro una bambina: le misero nome Sheireen, la Consacrata, e decisero che avrebbe dedicato la propria vita alla spada e alla battaglia, perché lodasse il nome di Shevrar e vendicasse i morti della sua Terra. La divinità accettò l’offerta. Sheireen sarebbe stata la sua sacerdotessa e non le sarebbe mai successo nulla di male.»

All’improvviso il fumo si animò di immagini di guerra. Nihal le riconobbe, erano le stesse che vedeva nei suoi incubi. Osservò la strage e il sangue, sentì le urla e la disperazione. Quando il villaggio fu silenzioso e punteggiato di cadaveri, Nihal distolse lo sguardo. Tremava.

«Adesso basta.» La voce di Sennar era perentoria. Il mago si accucciò di fianco a Nihal e le prese le mani. «Andiamo via...»

Nihal scosse la testa. «Va tutto bene, Sennar. Lasciala continuare.»

«È stato Shevrar a salvarti, Sheireen» riprese Reis. «Di tutti i mezzelfi, decise di salvare solo te. Perché tu vendicassi la tua stirpe.»

Nihal vide se stessa neonata piangere accanto al corpo insanguinato di sua madre. Poi vide due donne camminare tra i cadaveri: una gnoma bellissima e una giovane dai capelli scuri.

«All’epoca ero consigliere, proprio come il tuo amico Sennar. Eravamo in missione diplomatica nella Terra del Mare, quando io e Soana decidemmo di far visita a quello che rimaneva della comunità dei mezzelfi. E ti trovammo: una bambina viva tra decine di corpi straziati, ultima sopravvissuta di un intero popolo. Eri un segno, Sheireen.» Reis fece una pausa e il fumo prese a muoversi in modo indistinto, creando strani vortici colorati. «Tornata al Consiglio, indagai sul tuo passato e sul tuo futuro. Inizialmente le carte non mi dissero nulla di chiaro: impressioni, contorni sfocati di una storia che non riuscivo a dipanare. Infine vidi splendere questo...»

La figura di un medaglione circolare si stagliò netta sul fumo: al centro troneggiava un occhio allungato, la cui iride era costituita da una pietra iridescente dai riflessi bianchi; tutto intorno, otto zone vuote che sembravano aver ospitato altrettante pietre, ciascuna di uguale dimensione. Sul bordo c’era un fregio complesso.

«Non sapevo che cosa fosse. Consultai a lungo i miei libri, ma il talismano rimase un mistero e a poco a poco svanì dai miei pensieri.» Reis si passò le dita adunche sul volto. «Tre anni dopo, quando non riuscii più a tollerare il rimorso, abbandonai il Consiglio. Fu allora che decisi di rimettermi sulle tracce di quel medaglione. E del tuo destino.»

«Di che cosa stai parlando?» chiese Sennar. «Rimorso per cosa?»

«Al momento questo non ha importanza. Altro devi ancora sapere.» Reis si alzò e frugò nel cassetto. Quando si risedette, aveva in mano un amuleto. La gemma centrale rifulgeva debolmente nel buio della catapecchia. «Molti secoli fa, questa terra era popolata solo dagli elfi, creature perfette care agli dèi. La purezza della loro esistenza fu turbata dall’arrivo di uomini e gnomi, che invasero il Mondo Emerso. Gli elfi scomparvero rapidamente; in molti lasciarono il Mondo Emerso, ma altri si mescolarono con le nuove razze. Tutto quel che restava del loro sangue scorreva nelle vene dei mezzelfi come te, Sheireen. Essi vivevano in comunione con le forze che animano il mondo e la loro unica forma di magia era la vicinanza con gli spiriti della natura. Questo medaglione, a cui tu sei destinata, è la chiave di quella magia.»

Reis porse l’amuleto a Nihal, che lo prese in mano e lo esaminò.

«In ognuna delle Otto Terre c’è un santuario, dedicato a ciascuno degli Otto Spiriti della natura: Acqua, Luce, Mare, Tempo, Fuoco, Terra, Oscurità, Aria. E poi c’è la Grande Terra, la Madre, che li accoglie e li contiene tutti. In ciascun santuario è custodita una pietra. In passato, chi aveva un desiderio andava nel santuario e chiedeva allo spirito di concedergli il potere. Se il cuore di chi pregava era sincero, la pietra si caricava e il potere veniva concesso. Quando il desiderio era realizzato, la pietra tornava al santuario. Così gli elfi impetravano i favori agli spiriti. Ma le pietre hanno un potere ancora più grande. Quando incombe un pericolo imminente e incontrollabile, è possibile chiedere l’aiuto di tutti gli spiriti, chiamandoli a raccolta. Per farlo occorre riunire le otto pietre e porle nel talismano. Infine, giunti nella Grande Terra, pregare la Madre perché esaudisca i suoi figli; allora gli spiriti naturali vengono evocati e rispondono al volere del possessore dell’amuleto. Gli elfi usarono l’amuleto una sola volta, quando un conquistatore giunto dal Grande Deserto tentò la distruzione del loro mondo. Poi, con l’estinzione del loro popolo, i santuari vennero dimenticati, perché solo gli elfi potevano varcarne la sacra soglia.» Reis si interruppe e piantò le vecchie pupille opache negli occhi spalancati di Nihal. «Gli elfi, o chi ne possiede il sangue.»

«Stai dicendo che...» iniziò la ragazza.