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Il mago non rispose.

Lei ridacchiò. «Come immaginavo. Non avevi mai visto ammazzare nessuno, vero, bel bimbo?»

Sennar sentì il sangue corrergli al viso. «Di morti ne ho visti fin troppi, credimi» rispose con voce dura.

Aires alzò le spalle, poi si voltò verso i suoi. «È a bordo il pezzo forte?»

Si fecero avanti due uomini, che ne portavano a braccia un terzo; non si reggeva in piedi e la barba e i capelli lunghi gli coprivano il volto.

Aires gli si avvicinò e sorrise. «Ben ritrovato, amore mio.»

Quando lo baciò, l’intera ciurma levò un grido di trionfo.

3

Un prodigio.

Nihal e Ido erano nell’arena, come quasi sempre di mattina presto. Costituivano uno spettacolo quanto meno insolito per la base in cui vivevano: lei, aspirante Cavaliere di Drago, era l’unica donna dell’accampamento, anzi, di tutto l’esercito delle Terre Libere, lui, il suo maestro, l’unico gnomo che fosse mai riuscito a diventare Cavaliere di Drago. Per questo parecchia gente assisteva ai loro scontri mattutini. Del resto, guardarli era un piacere. Fraseggiavano con le lame, intrecciavano duelli che sembravano danze, si battevano ritmi forsennati. Bisognava poi ammettere che Nihal era un bel guardare, nonostante fosse un guerriero decisamente truce e nascondesse le sue forme sotto panni militari: lunghe gambe affusolate, un addome scolpito da anni di addestramento, un seno florido e ben disegnato. Per non parlare dei suoi esotici capelli blu o dei profondi occhi viola, tipici della sua stirpe. In molti ne erano attratti, ma era una preda del tutto fuori portata: Nihal era assai poco socievole e per nulla interessata alle questioni sentimentali.

Quella mattina il pubblico era piuttosto scarso, forse perché l’aria era davvero gelida, forse perché minacciava pioggia. Nihal e Ido non si facevano scoraggiare da così poco; come al solito si battevano senza sosta, e il soldato dovette chiamarli più volte prima che si decidessero finalmente a calare le spade.

«Siete attesi entrambi da Nelgar, ora.»

Nihal si recò nel suo alloggio stupita. Non le capitava spesso di avere a che fare con il responsabile della base in persona. Non che fosse il tipo che incutesse timori reverenziali. Bassetto e piuttosto robusto, aveva più l’aria di un pacifico oste che del comandante di una delle più grandi basi delle Terre libere. Non era neppure uno di quelli fissati coi gradi e la disciplina a tutti i costi, eppure sapeva come farsi obbedire, e dai suoi era ammirato e rispettato.

Nihal entrò nella tenda di Nelgar timidamente, Ido si andò subito a stravaccare senza problemi sulla sedia più vicina.

«Siediti pure» le disse Nelgar in tono cortese. «Ti ho chiamata perché ho una missione da affidarti.»

Il cuore di Nihal ebbe un sobbalzo. Non le era mai stato assegnato un compito. Fino a quel giorno aveva sempre agito insieme a Ido.

«Si tratta di portare un messaggio al di là del confine, in un campo nella Terra del Mare. Ci servono rinforzi per un attacco. Porterai la nostra richiesta e tornerai con la loro risposta.»

Tutto qua? Nihal fu delusa.

Nelgar le spiegò i particolari e le diede una mappa per orientarsi nella foresta. «Partirai domani. Puoi andare.»

Nihal si congedò con un inchino, seguita da Ido.

«Cos’è, sono stata retrocessa? Da aspirante Cavaliere a semplice attendente?» chiese imbronciata al suo maestro. «Mi pare che per un lavoro del genere gli scudieri non manchino.»

«Ti ho proposta io» rispose calmo Ido.

«Grazie tante. Non vedevo l’ora di farmi quattro passi nei boschi.»

«Non prenderla alla leggera. È ora che inizi a muoverti da sola. L’addestramento procede bene, entro l’anno potresti essere Cavaliere.»

Nihal si voltò di scatto. Le brillavano gli occhi.

Ido non si scompose. «Finora sei stata appiccicata a me come un pulcino alla chioccia, stavolta invece dovrai contare solo sulle tue forze. La missione in sé non è complicata, ma ti muoverai lungo confini che non sono affatto sicuri. Sarà un buon allenamento.»

Nihal aveva sempre combattuto sul campo, non aveva mai avuto a che fare con la guerriglia. Alla peggio, si disse, sarebbe stata un’esperienza nuova.

«E poi sono mesi che te ne stai rintanata nella Terra del Sole. Un po’ d’aria di mare ti farà bene» concluse lo gnomo.

«Aria di mare? Ma l’accampamento è all’interno.»

«Vedrai...» Ido sorrise. «Vedrai.»

Nihal lasciò la base alle prime luci dell’alba. Niente Oarf per quel viaggio, la missione richiedeva un certo grado di segretezza e un drago non passava certo inosservato. Così montò a cavallo e partì con scarso entusiasmo.

C’era stato un tempo, prima che Salazar venisse distrutta, in cui viaggiare le piaceva. Ricordava con quanta eccitazione, da bambina, accompagnava Livon dai fornitori. E come le era piaciuto galoppare con Soana e Sennar verso la Terra dell’Acqua, dove il suo amico aveva ricevuto l’investitura a mago. Era stata la prima volta che Nihal aveva lasciato la Terra del Vento e il tragitto le era sembrato pieno di meraviglie. Le pareva che fossero trascorsi secoli, da allora.

Se almeno ci fosse stato Sennar. Era bello bivaccare con lui accanto al fuoco, guardare le stelle e parlare di tutto e di niente. Chissà dov’è, ora.

Forse anche con Ido sarebbe stato piacevole viaggiare. Così invece si sentiva indifesa contro i fantasmi del passato. Si allontanò dalla base di pessimo umore.

La Terra del Sole e la Terra del Mare condividevano un unico grande bosco, il più esteso di tutto il Mondo Emerso: la Foresta Interna.

Quando Nihal passò il confine, dopo due giorni di viaggio, il paesaggio restò identico. La foresta continuava a essere fitta e intricata, ma l’odore di salsedine arrivava fin lì.

Nihal non aveva mai visto il mare. Quel profumo le fece venire voglia di spingersi fino alla costa. Le tornarono in mente i racconti di Sennar sulla sua Terra. Il Piccolo Mare poco distante dal confine con la Terra dell’Acqua. Il Faro di Dessa, ultima propaggine del Mondo Emerso. La vastità dell’oceano. E forse, ancora più lontano, il Mondo Sommerso. Provò una fitta di nostalgia.

Durante il tragitto, soprattutto di notte, non era tranquilla. Il confine con la Grande Terra, regno incontrastato del Tiranno, era vicino e i boschi pullulavano di spie. Si trattava più che altro di uomini, perché i fammin non erano certo adatti a lavori tanto delicati. Quelli erano piuttosto inclini a massacrare: lunghi arti potenti ottimi per stritolare, mani e piedi corazzati di artigli affilati per ghermire la vittima, grugni truci con bocche fitte di denti buoni solo a straziare le carni. Massicci e del tutto ricoperti da un disgustoso vello rossiccio e riccioluto, sapevano solo incutere orrore.

Il Tiranno mandava piuttosto uomini e gnomi a controllare i confini con la Grande Terra, a cercare di carpire eventuali strategie di avvicinamento da parte dell’esercito delle Terre libere e a uccidere chiunque si inoltrasse nei suoi territori. Nihal non li vide, ma più di una volta ebbe la sensazione dei loro occhi vigili incollati addosso. Il viaggio, tuttavia, fu breve e solitario. In quattro giorni Nihal giunse a destinazione.

Le guardie si meravigliarono di veder arrivare una donna con i capelli blu e le orecchie a punta, vestita da soldato.

«Sono un apprendista Cavaliere» si presentò Nihal. Arrossì. «Devo consegnare un messaggio al sovrintendente.»

L’accampamento assomigliava alla sua base: un’ampia cittadella fortificata che ospitava non solo guerrieri, ma anche donne e bambini. Lì però le cose sembravano andare meglio che alla Terra del Sole. La Terra del Mare aveva confini sicuri ed era esposta a possibili attacchi solo verso sud, dove incombeva la Grande Terra. La figura oscura della Rocca del Tiranno si ergeva ostile al di sopra degli alberi, grande come Nihal non l’aveva mai vista.

A parte quella tenebrosa minaccia, nell’accampamento si respirava un’atmosfera serena e i vettovagliamenti non mancavano. Il pranzo fu lauto e gustoso. Nihal mangiò nella mensa comune, dove i bambini scorrazzavano allegri e gli uomini scherzavano con le proprie donne. Sembrava quasi di essere in pace. Nihal sorrise tra sé, mentre tagliava un pezzo di carne. Quando alzò lo sguardo dal piatto, la forchetta le si fermò a mezz’aria.