Parsel era stato il suo primo maestro di spada all’Accademia e, in un certo senso, il suo unico amico per mesi. Il loro era stato un legame particolare, fatto di poche parole e lunghi combattimenti.
Nihal era contenta di rivederlo e lui la abbracciò come avrebbe fatto con un vecchio commilitone. Era un uomo alto e massiccio, dalla carnagione scura, con gli occhi di una strana sfumatura grigioverde. I capelli neri e cortissimi iniziavano a imbiancarsi sulle tempie.
«Che cosa ci fai qua?» chiese Nihal.
«Una licenza. Prima di diventare maestro dell’Accademia, quando ancora combattevo, vivevo qui. Faccio un salto da queste parti appena posso.» Parsel le strizzò l’occhio. «Tanto per non dimenticare l’odore del campo di battaglia. E tu? Ti vedo in forma.»
«Me la cavo» si schermì lei.
«Bisogna festeggiare questo incontro. Che ne dici di un duello, come ai vecchi tempi?»
La ragazza non se lo fece ripetere due volte.
Per Nihal, quel tuffo nel passato fu inaspettatamente piacevole. Non aveva dimenticato la tristezza e la solitudine dell’anno trascorso all’Accademia, ma anche lì le era capitato qualcosa di buono. Parsel glielo ricordava a ogni affondo. Fu tutto come un tempo, tranne l’abilità del mezzelfo. In pochi assalti, Nihal riuscì a imporsi senza fatica.
«Sei diventata brava» disse Parsel, mentre si tergeva la fronte.
«È anche merito tuo.»
Trascorsero insieme il resto della giornata. Parsel le raccontò dei suoi nuovi allievi e Nihal sentì una punta di nostalgia. Il tempo cambia il volto delle cose, anche dei ricordi.
«Indovina chi ho visto di recente?» disse all’improvviso Parsel. «Quel tuo compagno d’Accademia, il biondino... Laio, ecco come si chiama.»
Una ridda di ricordi assalì Nihal a sorpresa. Laio, il ragazzo gracilino con la faccia da bambino, l’allievo più debole dell’Accademia. Erano stati molto insieme, e lui, che l’adorava come si fa con gli eroi, era stato il suo unico vero amico in quei giorni di solitudine. Laio...
Nihal si fece più attenta. «Davvero?»
«Sì. Vive qui, nella foresta. Mi ha detto che ha abbandonato l’idea di diventare guerriero. Non mi è sembrato che stesse molto bene.»
Nihal cercò di farsi raccontare tutto il possibile. Parsel non sapeva granché, ma le spiegò dove l’aveva incontrato.
Quella sera, nella tenda che le avevano assegnato, Nihal non riuscì a prendere sonno. Non aveva notizie di Laio dalla notte della sua prima battaglia. Dalla morte di Fen. Da un’eternità. All’improvviso, ebbe una gran voglia di rivederlo.
L’indomani mattina le diedero la risposta che aspettavano alla base. Avrebbero partecipato all’attacco con un contributo di trecento uomini. Quando Nihal si apprestò a ripartire, il sovrintendente la mise in guardia. «Sappiamo di movimenti di truppe lungo il confine. Stai attenta.»
Nihal non diede peso a quelle parole. Fino a quel momento era stato un viaggio anche troppo tranquillo per i suoi gusti.
Lungo la via del ritorno seguì le indicazioni di Parsel e deviò verso nord. Il cambiamento di tragitto la portò a inoltrarsi per un buon tratto nella Foresta Interna. Nihal aveva sempre amato i boschi. Il ricordo della sua iniziazione alla magia era ancora vivo e da allora le piaceva stare a contatto con la natura.
Con il calare della sera, il tempo peggiorò. Nihal udì il brontolio cupo dei tuoni in avvicinamento e il cielo fu squarciato dalla luce improvvisa di un lampo. Fu allora che vide in lontananza la sagoma di una casupola. Corrispondeva perfettamente alla descrizione che le aveva fatto Parseclass="underline" una casa semidiroccata, con il tetto di paglia e i muri anneriti dal fumo. Nihal però non immaginava che il posto dove viveva Laio fosse così malmesso. Il tetto era sfondato in più punti e parte della paglia era caduta a terra, dove si imputridiva; le finestre erano orbite vuote, illuminate in modo sinistro da un vago chiarore. Dentro doveva esserci qualcuno.
Nihal scese da cavallo e si avvicinò alla costruzione con prudenza. Era pur sempre vicina al confine e non aveva la certezza che quella fosse davvero la casa di Laio.
Si accostò furtiva alla parete e sguainò piano la spada. In alcuni punti le pietre del muro erano sconnesse e Nihal gettò un rapido sguardo all’interno. Scorse il bagliore di un fuoco e qualcuno seduto di spalle. Riuscì a intravederne solo la testa, bionda e ricciuta. Ebbe un tuffo al cuore. Si avvicinò alla porta e bussò.
«Chi è là?» urlò una voce acuta dall’interno.
«Sono io, Nihal» rispose lei, mentre socchiudeva l’uscio.
Rannicchiato contro una parete c’era un ragazzo dall’aria stanca e malata, con una spada mezzo arrugginita tra le mani tremanti. Nihal riconobbe gli innocenti occhi grigi e i riccioli biondi, ma le guance, che ricordava paffute e rosee, erano smagrite e sporche di fuliggine. Indossava una casacca marrone che doveva aver visto giorni migliori e brache stinte e coperte di polvere. Laio la guardò per un istante, incredulo, poi lasciò cadere la spada e le corse incontro.
Fuori si era scatenata la tempesta.
Si trovavano nell’unica stanza dove il tetto era ancora intero, ma goccioloni di pioggia cadevano qua e là sul pavimento. Il fuoco scoppiettava gagliardo. Nihal tirò fuori un po’ di provviste e, tra le sue e quelle di Laio, prepararono una cena abbondante.
Nihal raccontò al ragazzo tutto ciò che le era accaduto in quei mesi. Parlò senza troppe remore del comportamento avventato che aveva tenuto fin da quando era arrivata da Ido per essere addestrata, di come aveva messo a repentaglio la sua vita pur di fare di testa sua. Si dilungò con una certa nostalgia a rievocare i giorni passati con la contadina Eleusi e con suo figlio Jona, i giorni in cui si era illusa di poter fare una vita normale, lontana dai campi di battaglia.
«Accipicchia» commentò il ragazzo.
Nihal sorrise. «Già. La vita a volte ti stupisce.» Addentò un pezzo di carne arrostita. «E tu, che cosa ci fai qui?»
Laio abbassò gli occhi. Nella stanza scese un silenzio imbarazzato. Si sentivano solo il rombo dei tuoni e lo scoppiettio della legna.
«Che c’è? Hai perso la lingua?» insistette Nihal.
Il ragazzo tacque a lungo, poi prese un respiro profondo e si decise a parlare.
Subito dopo avere fallito la prova di iniziazione all’addestramento a Cavaliere di Drago, durante la battaglia di Therorn, aveva lasciato l’Accademia con l’intenzione di tornare da suo padre, determinato a dirgli che non ne voleva sapere di combattere e che aveva deciso di diventare uno scudiero. Era partito baldanzoso, pieno di coraggio, ma nel corso del viaggio tutta la sua sicurezza era venuta meno.
«Nella mia famiglia gli uomini sono sempre stati Cavalieri. Tutti, capisci? E tutti valorosi. Mio padre aveva progettato per me un futuro da eroe prima ancora che nascessi. Come potevo dirgli che avevo fallito la prova più semplice, quella della prima battaglia? Che la spada non faceva per me, che non volevo sentir parlare di soldati e di morte? Mi sembrava già di vederlo, di sentire le sue urla. Non avrebbe mai accettato la mia scelta.» Laio guardò Nihal di sottecchi. «Ho avuto paura di lui. Ho avuto paura che, con il potere che ha nell’Ordine, avrebbe costretto Raven a riprendermi all’Accademia.»
Raccontò che, a metà strada, aveva deciso di deviare il cammino. Non sapeva dove andare, né cosa fare per vivere. Quando i soldi per tornare a casa erano finiti, si era improvvisato menestrello.
«Canto bene, sai? Conosco un sacco di storie e di canzoni. E poi, non so, forse ispiro tenerezza alla gente. Comunque, guadagnavo abbastanza.»
Nihal lo squadrò. No, non era vero che guadagnava abbastanza. Era magro e lacero come un mendicante.