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Sia lui che l’intruso erano armati.

Però Cole aveva la pistola puntata, mentre il braccio destro dell’altro penzolava lungo il fianco.

— Ho un’ottima mira — mentì Cole — e ti tengo sotto tiro. Quindi, fermo lì. E se i tuoi amici entrano ti sparo. — I movimenti che s’intuivano alle spalle dell’uomo cessarono immediatamente.

Lo sconosciuto s’immobilizzò, fissò Cole, da sotto la calza, con quel suo viso senza occhi.

— Senti… uh… — Cole sperò che l’altro non notasse quanto gli tremava la mano. — Uh… Posso fare un’ipoteca sul club, mettere assieme un po’ di soldi. Possiamo trattare, che ne dici? Racconta… ai tuoi capi che pagherò per farla liberare.

— Perché non chiami la polizia? — Le labbra, distorte dalla calza rosa, sembravano lumache senza guscio.

— Molto divertente — disse Cole, con una smorfia per il dolore che sentiva nella testa. — La polizia la controllate voi.

— Purtroppo le tue finanze non ti permettono di racimolare i soldi che renderebbero interessante l’idea di non ucciderla. Ci avevamo pensato anche noi. Stasera un pezzo grosso farò un discorso molto serio con lei, dopo di che te la restituiremo. Per posta. Ci vorranno quattro pacchi prima che tu la riabbia tutta intera. — Alle spalle dell’uomo, qualcuno rise. L’uomo, come incoraggiato, si tese, e le sue mani si strinsero sulla pistola appoggiata alla gamba destra fasciata dai blue-jeans.

“Dovrei ucciderlo” pensò Cole. “Ma con quanti altri omicidi posso farla franca?”

— Dimmi dov’è e non ti ucciderò. Tutto qui — disse Cole.

— Perché non vai a prendertela? È ancora dove l’hai vista l’ultima volta.

— L’ultima volta l’ho vista per strada. Su una macchina. — A Cole cominciava a fare male il braccio; allora strinse la pistola anche con l’altra mano, tenendola rigidamente protesa.

— Le autopompe sono arrivate subito. I vigili del fuoco sono vicini. L’incendio non era un granché. Tutto il retro della casa è intatto. E siccome lì abbiamo delle scorte di materiale, siamo tornati. La ragazza è lì… Ce ne siamo andati prima che arrivasse la polizia di Oakland e siamo tornati cinque minuti dopo che se n’era andata. Semplicissimo.

— Allora la polizia di Oakland non è al vostro servizio? — chiese Cole, fingendo indifferenza.

— Idiota! — sibilò qualcuno.

Una buona informazione. Poteva essergli utile: la polizia di Oakland era pulita. Ma allora, perché si riunivano proprio a Oakland? Forse perché in quei quartieri miserabili nessuno badava a quel che facevano i vicini.

— Okay — disse Cole. — Torna in corridoio. Prima butta la pistola a terra. — L’arma cadde sul pavimento. Il vigi indietreggiò lentamente, scomparve dietro l’angolo del corridoio esterno. — Di sopra ho degli amici armati! — urlò Cole, mentendo. — Sparite di qui!

Li sentì scendere le scale.

Quando fu certo che non si trovassero più al suo piano, raggiunse una finestra, la scavalcò, scese la scala antincendio, arrivò in un vicolo cieco, lo traversò, s’infilò nella finestra fracassata di un edificio abbandonato. Nella penombra, avanzò tra i detriti finché non trovò una porta che dava sull’esterno, mezza scardinata. Giunto in strada, si mise a correre.

ZINQUEE!

“E spicciati.” Aveva preso la macchina di Bill. Correva come un pazzo sotto la pioggia, con un’indifferenza assoluta alla scivolosità del fondo stradale.

La pioggia aveva cominciato a scendere due minuti dopo che lui era uscito di casa. Era bagnato fradicio quando era andato a svegliare il suo vice e gli aveva semplicemente chiesto le chiavi della macchina, promettendogli di spiegargli tutto più tardi. Bill era troppo distrutto e insonnolito per mettersi a discutere.

Cole si agitò sul sedile, irrequieto. Aveva i pantaloni umidi, la camicia gli si attaccava alla schiena. Il riscaldamento della Chevy Swift era acceso, i finestrini chiusi, e la pioggia che gli bagnava i vestiti cominciava a condensarsi in vapore, rendendo torrido l’abitacolo della macchina. Sentiva l’odore umidiccio dei suoi capelli, il puzzo di cenere stantia che usciva dal posacenere. Sulla lingua aveva un sapore disgustoso di sigaro. Il mal di testa era scomparso, sostituito da un irritante bruciore allo stomaco.

Le strade erano bagnate, nere, vitree, membranose, quasi organiche nella lucentezza della pioggia.

La vecchia berlina a due porte, col cofano ammaccato che ogni tanto sobbalzava perché era tenuto chiuso da un pezzo di filo metallico, s’infilò sulla rampa d’accesso della superstrada. Cole passò da una corsia all’altra, gli occhi puntati sui pannelli di controllo della guida elettronica che si erano accesi appena aveva imboccato la superstrada. Il sistema di guida elettronica non era ancora installato in città, e meno di metà delle auto in circolazione erano predisposte, per cui l’uso ne era facoltativo. Cole era esausto per la mancanza di sonno, gli dolevano gli occhi; decise di affidarsi alla guida automatica per raggiungere Oakland. Abbassò un interruttore e si appoggiò all’indietro sul sedile, lasciando che il volante guidasse da solo. Gli era ancora difficile abituarsi alla vista del volante che girava senza che lui lo toccasse, del pedale del freno che si premeva da sé quando l’auto che lo precedeva rallentava…

La Swift superò le cabine di pedaggio, si avviò verso le corsie gratuite, si lanciò sul ponte. Nel mattino piovoso, il mare che si stendeva sotto Bay Bridge era una distesa di giada increspata, troppo antica e sterminata per lasciarsi domare da un potenza. Pareva quasi che il mare aspettasse l’inevitabile terremoto per poter irridere, per l’ultima volta, gli artifici della civiltà.

Cole si girò a guardare dal finestrino posteriore. Sotto un velo di nebbia si alzavano le torri perlacee della città; in quella prospettiva misteriosa, somigliavano ai bastioni affilati di una città straniera, esotica. Sentì una fitta al cuore quando scorse la mole del Pyramid Building, ricordando un uomo steso sulla moquette che gemeva nell’agonia.

Poi tornò a guardare avanti. Cominciavano già ad apparire i profili di Berkeley e Oakland. Infilò la mano nella tasca della giacca, la lasciò riposare sul calcio della pistola. — E adesso, cosa faccio? — si chiese. — Gli dico che li ammazzerò tutti? Ma chi potevo portare con me? La polizia di Oakland, forse… No, avrei dovuto spiegare… Comunque, se è l’unico modo per liberarla…

Il motore della macchina tossì, come per dire: Smettila, di parlare da solo, Cole, lo trovo imbarazzante.

— Non ho nessun altro con cui parlare — disse Cole.

Parlare da soli è una brutta abitudine, rispose il motore a ronzii e rombi. Quindi parla con me.

— Oh, merda! — disse Cole. La stanchezza lo stava portando all’allucinazione. E poi c’era la preoccupazione per Catz, il cercare di accettare ciò che aveva visto. Gli uomini uccisi. Affrontare tutte quelle cose lo aveva portato quasi al limite estremo, un limite a cui non giungeva da parecchi anni, cioè da quando aveva smesso di prendere dosi eccessive di droga.

“Merda, non voglio impazzire” pensò. Poi, però, gli venne in mente che forse non si trattava solo di sue fantasie. Durante il giorno Città non poteva fermarlo, ma era in grado di mettersi in contatto con lui. E una macchina, dopo tutto, è solo una parte mobile di una città, come una cellula sanguigna nel corpo di un uomo. E attraverso la macchina… Parla con me.

— No — disse Cole, poi si mise a ridere.

Rilassati. Ripensa a quello che stai facendo, disse il sospiro del vento sull’auto, disse il movimento dei pistoni.

“È un’allucinazione o è Città?” si chiese Cole. “O sono tutt’e due le cose?”