La macchina lo aveva ingoiato. Lo stava portando via contro la sua volontà. Lo teneva chiuso nel suo ventre d’acciaio e lo portava verso chissà quale garage sotterraneo, dove avrebbe trascorso un’eternità di cemento. Dopo tutto, il volante girava da solo. L’auto possedeva una volontà propria. Lui si sentì in trappola, fuso col sedile di vinile, oppresso dai finestrini incombenti…
Con un grugnito di rabbia, Cole si rizzò a sedere, si scosse. Abbassò il finestrino, lasciò che l’aria fredda lo colpisse in viso. Un brivido, e il senso di disorientamento svanì. Chiuse il finestrino, lasciando aperto uno spiraglio per far circolare l’aria, e accese la radio per distrarsi. Dalla radio uscì una sovrapposizione infernale di voci, finché non riuscì a sintonizzarla su un notiziario: — …a questo punto, diviene non solo logico ma inevitabile che il servizio postale adotti al cento per cento, con l’eccezione dei pacchi, naturalmente, la trasmissione elettronica di messaggi stampati. L’attuale sessanta per cento non è efficiente. Uniformità significa risultati migliori, per cui diventa necessario richiedere l’installazione obbligatoria di terminali dati multipli in ogni casa che presuma di ricevere posta. I vantaggi sono di gran lunga superiori agli svantaggi. Ovviamente, battere la lettera su una tastiera in casa vostra, lettera che viene trasmessa all’istante, o mentre la scrivete o quando l’avete finita, a seconda…
Cole cambiò stazione. — Fine della posta tradizionale, eh? — mormorò, passando di canale in canale. — Ma a me piace aprire le lettere.
Passando nella banda d’onda della modulazione di frequenza, captò la frase: — … Vigilantes che dovrebbero essere… — Dopo qualche difficoltà, riuscì a sintonizzarsi su quella stazione. — Ma se questi uomini e donne non sono al servizio della comunità, e già ci hanno dimostrato di essere molto peggiori dei Robin Hood che pretenderebbero di essere, allora cosa sono? La loro comparsa di ieri sera a un concerto rock, e la carneficina che è seguita, mi sembrano molto sospette. Come giornalista, semplicemente non posso accettare la scusa, incisa su un nastro anonimo pervenuto alla nostra stazione, che il concerto rappresentasse un “un punto focale di corruzione e degradazione”, dopo di che vengono citati i Disordini Punk e Rock dell’81. Storielle piuttosto esili! Venendo a conclusioni più solide, abbiamo saputo che il gruppo dei Prima Lingua ha rifiutato di aderire al sindacato musicisti rock che, come sanno anche i bambini, è gestito dal crimine organizzato. Ma allora, i vigilantes sono una diramazione della mafia?
— Senti senti! — disse Cole, annuendo.
L’auto uscì dalla superstrada, e lui spense la radio. Se non si fosse messo al volante, la macchina si sarebbe fermata: era di nuovo in una zona sprovvista di guida elettronica.
Cole tolse la guida automatica, si mise al volante. Imboccò l’uscita con la scritta SAN PEDRO BOULEVARD. Proseguì per un chilometro e mezzo, continuando a mordersi un labbro nonostante il dolore che sentiva. Avvicinandosi all’isolato dove avrebbe dovuto svoltare per raggiungere il covo dei vigilantes, le ferite che gli avevano inflitto cominciarono a dolergli, a pulsare, come un avvertimento. — Reazione psicosomatica — si disse.
Ecco lì la strada. Svoltò. Il respiro suonava affannoso alle sue stesse orecchie. Guidò con la sinistra. La destra era infilata in tasca, copriva di sudore il calcio freddo della pistola.
La popolazione di Oakland era quasi tutta nera. I cartelloni pubblicitari che qua e là si alzavano a fianco di palazzi o case in costruzione ritraevano neri col sorriso del piccolo borghese, neri che fumavano o bevevano birra o danzavano al ritmo della disco. Alcuni dei cartelloni più nuovi, ricoperti da un vetro spesso, ospitavano frenetici ologrammi di giovani neri che ballavano alla musica trasmessa dalla stazione radio pubblicizzata.
Visi neri, meno allegri di quelli ritratti sugli enormi cartelloni, lo fissarono con stolida curiosità da finestre, da gruppi fermi davanti a rivendite di liquori. Cole superò due chiese evangeliche abbandonate, costruite alla bell’e meglio, “La sacra chiesa rock di Gesù Cristo Nostro Signore re della pregiera” (“preghiera” scritto senza h) e “La chiesa hard core di Gesù sotto i sacri auspici di Dio”. Sorrise. Il sorriso si mutò in una smorfia quando vide il motel dove aveva parlato a Città. — Città… — sussurrò. — Dormi… oppure aiutami.
E apparve la casa. Due bambini neri coi capelli ricci, fermi sul marciapiede opposto, guardavano la facciata carbonizzata dell’edificio, le orbite vuote delle finestre. Cole superò la casa. Il suo cuore correva più in fretta dei pistoni della Chevy. Si fermò mezzo isolato più in giù, davanti a un’altra rivendita di liquori. “Catz è lì” pensò febbrilmente. “Le sono vicino.”
Restò seduto in macchina, scosso dai brividi.
“Spicciati” pensò. “Fa’ presto.”
Scese dalla macchina, la destra sulla pistola che aveva in tasca, sbatté la portiera con la sinistra e si avviò verso la casa.
Cosa poteva fare? Ma proseguì, tenendosi all’ombra di un motel dal tetto sporgente. Forse poteva raccontare alla polizia che lì era in corso un’operazione anti-droga, e sarebbero intervenuti… No, prima che si muovessero avrebbero chiesto conferma, e sarebbero trascorsi giorni.
Non gli restava altro da fare che tentare di introdursi nella casa da un’entrata laterale o dal retro, prendere qualcuno alla sprovvista, puntargli la pistola alla testa, chiedere in cambio la vita di Catz. In tivù, cose del genere funzionavano.
Un suicidio. Ma non si fermò.
Quando era ancora a dieci metri dalla casa, si fermò. Aveva visto qualcosa di anomalo in un passaggio pedonale, stretto e pieno di frammenti di vetro, fra due palazzi molto alti. Restò a guardare. Stava osservando se stesso, e l’altro Cole gli sorrise.
La figura indossava abiti diversi, ma era senz’altro lui… a parte la strana espressione. Gli venne in mente il termine doppelgänger. Cole guardò su e giù, sui due lati della strada. Non c’era nessuno. Entrò nel passaggio pedonale. Fissò lo sguardo sull’immagine, quasi si aspettasse di vederla svanire come un miraggio. Continuò a camminare, calpestando sterco di cane e cartoni inzuppati d’acqua. Giunse a un paio di metri dall’apparizione. L’immagine non svanì. Gli sorrideva, divertita. Ma, così da vicino, riusciva a vederle attraverso. Era trasparente, come un ologramma da due soldi.
— Credevo che questa storia fosse finita quando ho aperto il finestrino dell’automobile — disse Cole. Però non aveva la sensazione di vivere un’allucinazione. Quella cosa era lì di fronte a lui, un po’ vaga ma indiscutibile, parte del paesaggio quanto lo è il fumo dei camini.
Lo spettro (perché pensava che fosse uno spettro) rise. Cole ebbe l’impressione che lo spettro ridesse a pieni polmoni, ma la voce (indiscutibilmente la sua voce) gli giunse in un sussurro roco. — Cole, vecchio mio, dovresti vedere la tua faccia. Be’, naturalmente la vedrai, quando le nostre prospettive si capovolgeranno.
La cosa rise follemente. Cole tese una mano, la lasciò scorrere sulla vernice scrostata della parete di legno che aveva a fianco, per entrare in contatto con qualcosa di tangibile. “Se è un’allucinazione” pensò “dovrebbe apparirmi ovunque io guardi.” Così si girò a fissare la parete dipinta di grigio, cercò il miraggio di se stesso negli strati di polvere dello zoccolo. L’immagine non apparve lì. Quando voltò di nuovo la testa, la figura era al suo solito posto. Si vedeva soltanto lì. Cole si sentì traversare da un brivido freddo di déjà-vu, che spazzò via la sua incredulità. D’improvviso, quella scena gli parve giusta, esatta. Inevitabile.
— È strano — disse il Cole trasparente, una mano sul risvolto della giacca — ma ricordo benissimo quello che stai pensando adesso. Ricordo che ho guardato la parete per vedere se si trattava di un’allucinazione, e il déjà-vu, e praticamente, nel ricordo, è come se questa esperienza la stessi vivendo io, però… però la vivo un po’ di sbieco, come in un sogno. Mi segui?