— Scuse, scuse… — miagolò lei.
— Senti, non…
— Quanto tempo è? — lo interruppe Catz, facendo sforzi terribili perché la domanda non sembrasse troppo importante.
— Quanto tempo è cosa?
— Non fare il timido — ribatté lei, fredda.
Lui esitò. — Un paio d’anni.
Catz chiuse gli occhi. Sorrise. Eccccoci qui. Adesso sono sulla tua lunghezza d’onda.
Cole deglutì per soffocare un’esclamazione di paura. Il suo dono…
— Ah… — disse lei, con quel suo sorriso di denti acuminati. — Ah. Ti sei scoperto impotente… — Cole sobbalzò a quella parola — … l’ultima volta. È stato con una prostituta nera. Hai paura di essere ancora impotente. Hai paura di essere troppo vecchio per me. Hai paura che io possa usarti chissà come perché non riesci a capire perché dovresti piacermi. — Catz riaprì gli occhi. — Te lo dirò io perché mi piaci, Stu. Tu mi hai offerto la mia prima possibilità al tuo club, anni fa, e lo sapevi già che ci sarebbe voluto un sacco di tempo per creare un pubblico per quello che facevo, e per un po’ hai continuato a perderci soldi. Però sei andato avanti lo stesso perché t’importava di me e capivi la mia musica e la mia poesia. Sei l’unico uomo che io conosca che le capisce sul serio. Ma non è soltanto gratitudine. Sono anni che tu mi dai una scossa. — A quell’espressione, rise. — È vero, Stu. Io ti amo. Città aveva ragione. L’unico motivo per cui ti ho seguito in tutta questa storia con lui è che volevo proteggerti.
— Senti, non… insomma, non riesco… sono, uh…
— All’inferno Città. Sì, sei un po’ grassottello, hai la pancia. Sei tanto. Comunque, a me gli uomini piacciono morbidi. Sono più dolci. Senti, vedo benissimo le tue paure, Stu. Piantala di cercare di nasconderle.
Cole si sentiva le guance in fiamme. — Non… Ehi…
— Però adesso ti stai arrabbiando perché ti leggo un pochettino la mente. Proprio non posso impedirmelo, quando mi sento così vicina a te. Però stammi a sentire. Se pensi che questa sia un’invasione della tua privacy, posso lasciar perdere le tue, hum, immagini mentali, le istantanee della tua ansietà e cose del genere. Puoi tenertele solo per te. Guarderò soltanto le tue… sensazioni. Mentalmente, posso sperimentarne almeno una parte. Sensazioni interne ed esterne. È un po’ come un fenomeno di risonanza. Così potremo essere veramente vicini, Stu.
Lui gonfiò le guance. — Ho la sensazione che tu stia cercando di dirmi qualcosa. — Si mise a fissare il tappeto lacero sotto i suoi piedi.
— Forse. Se è l’unico modo per raggiungerti… — Catz si chinò ancora di più su di lui. Le labbra della ragazza bruciavano sul collo di Cole.
E lui schizzò quasi via dal letto.
Catz lo rimise dolcemente giù, scosse la testa, seria. — Rilassati, Stu.
— Non ci riesco. — Cole tremava. La tensione fra loro due aveva raggiunto la punta massima. A lui sembrava di essersi rinchiuso in se stesso, di osservare quella scena attraverso occhi miopi. — Non riesco proprio a farcela, Catz. Uh… Non vorrei deluderti. Chiaro?
Lei roteò gli occhi. — Ancora non capisci — disse. La dolcezza sincera della sua voce lo spinse a guardarla, grato. — Puoi rilassarti, Stu, perché io non mi aspetto niente da te. Non dobbiamo fare poi tanto l’amore. Voglio solo stringerti e toccarti. Non dobbiamo… non dobbiamo fare troppo di niente. Io voglio solo… — gesticolò, impaziente. — Insomma, staremo nudi, okay, ma non è necessario che ci sia una grande elaborazione. Capito? Non ho bisogno che tu entri in me. Se hai voglia di regalarmi un orgasmo, benissimo, è per questo che Dio ha dato a te mani e lingua e a me una clitoride. Ma non importa. Vedi, stupido, io ti amo. Quindi, non importa.
Cole esalò un lungo sospiro, e qualcosa dentro di lui si rilassò. Si sentiva vivo, più cosciente di sé, fuso in comunione con lei. Senza pensare, tese la mano e spense la luce. La stanza si fece più buia, ma una luce fredda continuava a entrare dalla finestra semichiusa alle loro spalle. Quel tanto che bastava per vedere Catz; ed era abbastanza scuro perché lui non avesse una coscienza precisa del proprio corpo.
Lei si era tolta stivali e giacca, stava emergendo dai pantaloni. Tornò un pizzico di tensione quando, le mani tremanti, le dita che scivolavano sui bottoni di plastica, lui si spogliò, sistemando poi i vestiti su una sedia con più cura di quanto non fosse necessario.
Poi si girò, scivolò fra le braccia di lei. Fu facile. Catz era solida ma morbida, la sua pelle liscia ma magnetica. Cole si sentì percorso da un altro livello di rilassamento, da un’altra piacevolissima carica elettrica, e avvertì una sensazione strana al ventre. Abbassò gli occhi, sorpreso. Il suo pene eretto premeva senza esitazioni contro le labbra umide del sesso di lei. Le gambe di Catz abbracciarono le sue natiche, e quando le loro labbra si incontrarono lei diede il via a una pressione ritmica, evocatrice. Il suo monte di Venere palpitava contro il pene di lui. Un brivido corse sulle loro labbra, e Cole si scoprì a esplorare il corpo di lei con le mani, a esplorarlo senza pensieri o coscienza.
— Vedi? — disse lei dolcemente, sussurrando nel suo orecchio, percorrendogli la schiena con le dita. — Dovevi solo rilassarti. Rilassati del tutto, e vedrai che finirai in un altro posto, fratello. Rilassati, rilassati, e vedrai che ti succederanno un sacco di cose piacevoli… Stu…
Naturalmente, aveva ragione Catz.
ESSEI!
Il mattino dopo, mentre Catz dormiva, Cole si guardò nello specchio lurido, a grandezza naturale, del bagno. — Non sono poi tanto male — disse. — Niente affatto male. — Canticchiando, fece la doccia.
Tornato in camera da letto, respirò nostalgicamente gli aromi delle lunghe ore di sesso della notte prima. Catz, già vestita, era seduta sull’orlo del letto. — Forza — gli disse, battendo impaziente il piede. — Vestiti, Stu. Andiamo.
— Cos’è tutta questa frenesia? — chiese Cole, lanciandole una salvietta.
Lei l’afferrò al volo e, pensosa, se l’avvolse attorno alla mano. — Stanotte ho fatto un sogno mostruoso. Ho visto delle cose. Collegate a quello che avevo visto, cantando, la prima sera che Città è venuto al club. Dobbiamo lasciare la zona della baia. Andare a New York o da qualche altra parte…
— Sei matta?
— Sto dicendo sul serio.
— Dovremmo piantare tutto e andarcene?
— Esatto. La nave sta affondando, vecchio mio. Ieri ci è mancato poco che tu non riuscissi a uscire da San Francisco. Lui non voleva che tu gli sfuggissi.
— Poteva fermarmi.
— Ha cercato di scoraggiarti… Ma sapeva che saresti tornato. Andiamocene!
— Dopo tutto quello che abbiamo fatto? Dopo aver ucciso? Adesso non potrei proprio ritirarmi, Catz.
Lei si mosse sul letto, si girò a guardarlo. A disagio sotto quell’esame, Cole cominciò a vestirsi. Si infilò i vestiti senza fare attenzione, e dovette riabbottonarsi la camicia. Dopo di che, lei chiese: — Hai deciso?
— Non posso andarmene. Mi spiace. — Non gli venne in mente di chiedersi perché non potesse andarsene. Un pesce può sopravvivere fuori dall’acqua solo per un minuto o due, e non mette mai in discussione il bisogno che ha di quell’elemento.